Il processo di chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) per via sanitaria, cioè attraverso i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), ha richiamato l’attenzione una nuova struttura, la Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), così definita dall’art. 3-ter d.l. n. 211/2011 convertito poi nella legge n. 9/2012, benché la maggior parte dei rei prosciolti sia assistita nel territorio o nella altre strutture ordinarie del DSM. Tema questo che andrà specificamente approfondito al fine di evidenziare, alla luce della scelta effettuata, quali potranno essere le conseguenze a lungo termine per i servizi della salute.
In questo contributo cercheremo di descrivere le caratteristiche delle REMS che non possono essere considerate sostitutive degli OPG, né possono adottare il modello della salute mentale negli istituti penitenziari. Se questo appare evidente ma non a tutti chiaro, risulta utile tracciare i caratteri peculiari delle nuove strutture e cercare di delineare un possibile modello operativo, anche sperimentale, per comprendere se e quali possano/debbano essere le condizioni che differenziano le REMS da altre residenze del DSM.
Requisiti delle REMS
Il decreto ministeriale del 1 ottobre 2012 prevede che le REMS:
- Svolgano funzioni terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative mediante l’esclusiva gestione sanitaria, quindi senza la presenza del personale di polizia penitenziaria e la responsabilità sia assunta da un medico dirigente psichiatra
- All’interno siano disponibili sistemi di sicurezza congrui rispetto alla missione della struttura quali sistemi di chiusura delle porte interne ed esterne, sistemi di allarme, telecamere, ma nel rispetto delle caratteristiche sanitarie e dell’intensità assistenziale
- L’attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna sia affidata alle Forze dell’Ordine
Ne deriva una struttura socio-sanitaria con assistenza infermieristica sulle 24 ore, reperibilità dello psichiatra, che esercita funzioni di cura di persone con misure di sicurezza detentive, dotata almeno potenzialmente, sulla carta, di sistemi di sicurezza ma senza che vengano stabiliti requisiti minimi il che ha portato alla creazione di REMS molto diverse sia per numero di ospiti che per dotazione di misure di sicurezza senza che questo comporti per i sanitari un’impropria funzione di tipo custodiale e tento meno coercitiva.
La REMS opera nell’ambito del Dipartimento di Salute Mentale ed è, al tempo stesso, una sede e insieme di funzioni che si articolano strutturalmente con l’esterno secondo il modello delineato dalla legge n. 180 poi n. 833 del 1978. Questo prevede che la persona sia presa in cura in primis nel territorio, in particolare dal Centro di Salute Mentale, e la residenzialità abbia senso solo nell’ambito di un progetto terapeutico e abilitativo che preveda un prima e un dopo e si articoli, nel compiersi dell’esperienza, con i riferimenti naturali della persona.
Questa impostazione è in sintonia con la legge n. 81/2014, la quale considera prioritaria la misura di sicurezza della libertà vigilata da eseguirsi nel territorio mentre quella di tipo detentivo viene considerata residuale.
Costruire insieme un modello operativo
Qualora si renda necessario l’accesso alla REMS, in relazione allo spirito della legge e delle buone pratiche, ciò non può essere disposto “solo” dal magistrato (di cognizione o sorveglianza) ma deve essere sempre accompagnato dalla possibilità di effettuare il Programma di terapeutico riabilitativo in quanto la misura deve consentire la cura oltre a fare fronte alla pericolosità sociale. Quindi presuppone una diagnosi psichiatrica ed una valutazione funzionale, nonché la proposta di un percorso abilitativo. In sostanza la REMS non è solo il luogo di una misura di sicurezza detentiva ma anche e al contempo, un’occasione per la cura della persona e questo si basa sul suo consenso.
In altre parole se il giudice può disporre le misure di sicurezza detentive (lo stesso sarebbe per quelle cautelari) e così limitare la libertà di movimento e/o comunicazione della persona, la creazione del programma di cura implica, come vedremo meglio, partecipazione e consenso, in quanto l’unico strumento che consente le cure obbligatorie non è la misura giudiziaria ma il Trattamento sanitario obbligatorio.
Quindi si tratta pre-disporre provvedimenti giudiziari che siano “concertati” cioè basati su una pratica di governo ed un approccio alla gestione delle relazioni fondato sul confronto e la partecipazione alle decisioni in forma triangolare: magistrature, servizi della salute mentale, persona. Una concertazione che certo deve tenere conto delle competenze di ciascuno (e degli assenti, le vittime, la comunità) ma deve essere orientata all’obiettivo da raggiungere favorendo l’ascolto e talora anche una “contrattazione” collaborativa che veda fin dall’inizio responsabilizzata la persona.
In assenza di questo, misure giudiziarie assunte unilateralmente e senza confronto, rischiano per diversi motivi o di non essere eseguite, o di non essere efficaci se non addirittura dannose, o essere al di fuori delle previsioni di legge (ad esempio applicare di sicurezza misure detentive quando si sarebbe potuto disporre la libertà vigilata). Anche perché la misura di sicurezza è in sé uno strumento debole se non è associata ad altri interventi e il giudice non si colloca realmente nella funzione di garante del diritto e dei diritti delle persone anche per prevenire eventuali abusi e violenze della stessa psichiatria che, nel caso specifico del reo prosciolto, per ogni persona sviluppa un programma terapeutico riabilitavo individualizzato secondo una chiave di lettura tipica della psichiatria che è diversa da quella dell’amministrazione penitenziaria, della giustizia e delle forze dell’ordine..
La legge 81/2014 considera la REMS come residuale in quanto la misura di sicurezza detentiva può essere applicata quando nessun’altra misura sia in grado di assicurare cure adeguate e a fare fronte alla pericolosità sociale. È evidente che tali obiettivi vanno perseguiti entrambi ma di fatto con una pluralità di strumenti: la misura giudiziaria, gli interventi trattamentali, quelli sociali e la cura della salute compresa quella mentale.