E’ di qualche giorno fa un articolo di Walter Siti dal suggestivo titolo: “Lezione di letteratura all’intelligenza artificiale”, comparso su Finzioni, supplemento di Domani, il 18 marzo.
Lo sapevo, mi son detta, sta dilagando a dismisura la curiosità di intrattenersi con l’ormai famosissima ChatGpt il cui acronimo, traducibile come “trasformatore preistruito che genera conversazioni”, provoca il mio risentimento…. perché mettersi alla berlina, perché parlare con un “soggetto” che non esiste ? Tuttavia la prevedibile escalation di irritazione e demoralizzazione è stata ampiamente ricompensata dall’intelligenza(sic) umana: a rianimarmi è stata l’ironia e la battuta conclusiva del bell’articolo, che mi permetto di riportare integralmente: “Non vorrei che si arrivasse al rincoglionimento sociale progressivo”.
Mi spiace per il turpiloquio che condivido, ma l’ideologico e codino perbenismo manifestato dai comunicati che fornisce Gpt quali “risposte” in una fantomatica “conversazione eccita in me tutti i tipi di tendenze alla trasgressione… Tuttavia colpisce come il fascino del robot o dell’IA, forse ascrivibile al desiderio di riprodursi in tutti gli ambiti e a tutti i costi, non venga deviato dalla noia terribile di condurre una conversazione in cui le risposte sono così ampiamente prevedibili e chissà che non sia proprio questo un movente, cioè un potente bisogno di rassicurazione, quel quieto vivere che anima la stereotipia e la retorica incombente nel meccanismo statistico dei like: se si vuole aumentare i follower si deve verificare come la pensa la massa e rispondere di conseguenza.
Per concludere vorrei chiarire di aver associato il discorso, qui proposto, alle proteste in atto in Francia per via dell’uso del termine VIVERE presente negli slogan più dirrompenti (come hanno colto diverse analisi della cronaca) in quanto la ribellione, di cui sono particolarmente capaci i francesi, non pare riguardare solo la pensione e le difficoltà di molti a raggiungere la contribuizione necessaria per ottenerla, ma ancor più profondamente proprio il recupero della vita nel suo senso riflessione molto attuale che compare acutamente nel recente “Ma chi me lo fa fare” di Andrea Calamedici e Maura Gangitano Ed. HarperCollins Italia una analisi su fenomeni tipo l’incremento, molto segnalato in U.S.A. ,di dimissioni volontarie da lavori svilenti, che coglie possibilità di rinascita e ribellione rispetto al Neocapitalismo consumistico imperante orientata al recupero del senso e della pienezza del vivere.
Credo che la ribellione di cui vedo la necessità incalzante riguardi questioni fondamentali come il rischio segnalato da Yuval Noah Harari (21Lezioni per il XXI Secolo ed. Bompiani) di perdere la migliore occasione della storia umana di comprendere,da dentro, i modi di essere della mente umana lasciando che arrivi il giorno in cui il robot che svolgerà funzioni dell’attuale frigorifero o dispensa ci soddisfi meglio del nostro compagno o compagna fornendoci appunto perfette risposte concrete benché prive di senso e a discapito della cura della dimensione intersoggettiva dell’uomo, cioè della comprensione che cerchiamo nel relazionarci.
Nella storia nulla si ripete uguale, ma viene in mente il Maggio francese…
Grazie del commento…giusto spunto che meriterebbe un approfondimento