Queste le parole di Sofocle, che mi risuonano dentro.
Ho appena finito di vedere sulla Rai Edipo Re, messo in scena al teatro greco di Siracusa, con la regia di Robert Carsen. Forse la prima volta che la tragedia greca arriva veramente a toccare un punto profondo nella mia anima. E quando si tocca quel punto vacilla l’idea che sia solo un bell’inganno l’anima (Faber 1996), sembra qualcosa che continua, a prescindere dal lavoro che si svolge nelle mie sinapsi, qualcosa cominciato nei tempi in cui ad un incrocio, per questioni di precedenza, si poteva uccidere e restare impuniti.
Poi irrompe la coscienza. Ancora una volta mi sembra apparire solo allora, a ridosso dei miti greci, questo scomodo artificio che chiamiamo coscienza. Scomodo per l’individuo, per il cacciatore nella savana, per il guerriero sorpreso da un impeto di rabbia ad un incrocio.
Ma indispensabile per generare l’uomo sociale, quello che stabilisce diritti e doveri e definisce il ruolo secondo il principio della responsabilità. Così, mentre la peste infuria a Tebe, il suo Re si dispone ad ascoltare, vuole sapere, vuole scoprire chi ha ucciso Laio.
E quando sorprendentemente scopre di essere lui stesso l’omicida vuole andare ancora avanti, fino a scoprire una verità insopportabile, impensabile, quella che diventa il nucleo centrale delle conoscenze dell’uomo moderno, a partire dalle geniali intuizioni di Freud. Dal mito greco, che segna il passaggio di fase dell’umanità, dalla fase magica a quella cosciente, sotto il principio dell’Io, al passaggio di fase di ogni individuo, durante la sua crescita, alle prese con il complesso che proprio ad Edipo viene intitolato.
Ma queste mie riflessioni non sono ispirate solo da una magistrale rappresentazione teatrale. La vera ispirazione è un articolo di giornale: il vicebrigadiere Salvatore Germanà, 40 anni, dell’Arma dei Carabinieri, ha scavalcato la balaustra del ponte Meier di Alessandria e ha convinto una giovane a non buttarsi nel fiume.
Ma la grande notizia, a parte la riuscita del gesto, è come l’ha fatto. Mostrandosi, parlando di sé, della musica, delle sue difficoltà, delle sue fragilità. Ha messo in campo la coscienza, la profondità dell’animo umano, senza sapere, probabilmente, un bel nulla di psicologia.
Mi ha fatto pensare che per cambiare l’uomo, così come è toccato ad Edipo, tocca avere coraggio, guardare a fondo dentro di sé, essere pronti a scoprire le verità nascoste, anche le peggiori, quelle insopportabili.
La vita risorge quando la superbia cede, e allora cade il tiranno.
La superbia è uno dei peccati capitali e direi che anche gli altri insieme creano la tirannia! Quella dei tiranni che hanno governato i popoli e quella che alberga nell’animo di molti umani consciamente ed inconsciamente. Grazie per questa riflessione.