La capacità di narrare le proprie esperienze emerge come un elemento cruciale non solo per la costruzione dell’identità, ma anche per la salute psicologica. Raccontare non è semplicemente un atto di comunicazione, ma un processo di elaborazione che consente all’individuo di dare senso a eventi spesso traumatici. Attraverso la narrazione, si crea un ponte tra il passato e il presente, trasformando l’esperienza in un racconto coerente e significativo. Questo processo non solo aiuta a gestire emozioni complesse, ma favorisce anche un profondo senso di connessione con gli altri, rivelando quanto sia fondamentale il racconto per la nostra esistenza e il nostro benessere. In un mondo dove le esperienze possono sembrare caotiche, la narrazione offre una via per ritrovare ordine e significato. Vediamo insieme i benefici della scrittura.
I benefici della scrittura: conservare la propria identità
L’uomo ha bisogno di conservare la propria identità, costruendo una storia del proprio vissuto, è di questo parere il neurologo e scrittore Oliver Sacks, il quale nel racconto “Una questione d’identità“ commenta la storia del signor Thompson, un ex salumiere con una grave sindrome di Korsakov (malattia caratterizzata da perdita della memoria di fissazione, disorientamento spaziale e costruzione disordinata del pensiero).
Il signor Thompson è l’esempio di come il racconto costruisce il sé e di come l’Io abbia bisogno di una continuità interiore. Ognuno di noi ha una biografia, vivere senza una memoria è impossibile a tal punto che il signor Thompson si sottrae alle conseguenze della Korsakov, riempiendo le amnesie con i suoi falsi personaggi e le loro storie.
Il paziente nonostante la malattia, costruisce una sua identità alternativa per recuperare un vissuto e per rinforzare il senso dell’esperienza esistenziale.
L’identità è l’essenza del proprio essere e il raccontarsi ne testimonia la presenza. (Sacks, O., 1986, pp. 150-160).
Perché raccontare le proprie storie
Da cosa nasce la motivazione a raccontare le proprie storie? Comprendere la causa degli eventi che hanno conseguenze personali, consente una maggiore preparazione ad affrontarli. Dalla letteratura in ambito psicologico emerge che, gli esseri umani dotati di una qualche complessità del sistema nervoso, cerchino di capire il mondo che li circonda, di comprendere il significato degli eventi.
Nel corso della vita controlliamo ed analizziamo continuamente i fatti che accadono, dalle esperienze più banali ad esempio, c’è un rumore, cerchiamo di capire di cosa si tratta; alle esperienze più complesse e difficili da comprendere. Il racconto da luce al significato dell’esperienza e gestisce le emozioni che vi sono associate. Raccontare un evento comporta l’organizzazione dei fatti in una unità coerente. Il racconto viene paragonato ad un lavoro che completa l’esperienza, consentendoci in sostanza di archiviarla. La narrazione ha un effetto positivo per la salute e benessere questo dato appare confermato da studi di Smyth (1999) ma anche coerente con le teorie psicanalitiche di Schafer e D. Spence e più recentemente con i risultati delle indagini di P. di Fonagy (1991).
La teoria della mente
Fonagy nel suo concetto di “teoria della mente” afferma che nella narrazione si considerano diversi punti di vista, su di uno stesso argomento. Non è fondamentale il recupero del ricordo, quanto la possibilità di integrare l’esperienza di quel ricordo con le aree collegate dallo stesso connotato esperienziale e di poterle riunire in un senso comune.
Un’ampia serie di ricerche hanno mostrato che, quando la gente riesce a tradurre in parole il proprio sconvolgimento emotivo, la salute fisica e mentale migliora nettamente. Luigi Solano nel suo libro “Tra mente e corpo”(2021) riporta studi sperimentali sugli effetti della scrittura sulla salute, una delle sue ricerche viene così descritta nel suo libro:
Gli studi sui benefici della scrittura
Gli studenti venivano portati in laboratorio, fu detto loro che avrebbero partecipato a uno studio, per il quale, nel corso dei quattro giorni consecutivi, per un quarto d’ora ogni giorno dovevano scrivere su un argomento ben definito. Gli scritti sarebbero restati anonimi e non sarebbero stati valutati. Gli studenti dovevano andare avanti senza fare attenzione all’ortografia, alla grammatica e alla struttura del periodo, dopo di che i partecipanti venivano assegnati a sorte al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo.
A quelli assegnati a caso al gruppo sperimentale veniva chiesto di utilizzare ogni sessione per scrivere su una o più esperienze traumatiche della loro vita. A quelli assegnati al gruppo di controllo veniva chiesto di scrivere su argomenti non emotivi per 15 minuti in ciascuno dei quattro giorni dello studio. Ad un gruppo si chiedeva di approfondire le proprie emozioni e l’altro doveva descrivere oggetti ed eventi. I risultati furono sorprendenti (Pennebaker, 1986): nel corso dell’anno accademico, seguirono le visite mediche fatte agli studenti sia nei mesi precedenti, sia in quelli successivi all’esperimento. Scoprirono che la frequenza delle visite diradava in misura maggiore per chi aveva scritto sui propri pensieri e sentimenti.
Nel corso degli ultimi anni si effettuarono altri studi che confermarono le conclusioni seguenti: Scrivere ha effetti positivi sulla salute e sul comportamento, ciò è stato riscontrato in detenuti sotto massima sicurezza, in vittime di reati, persone sofferenti di dolori cronici e che hanno subito delle perdite.