Sull’arteterapia, Jung disse “Egli stabilì che si può ottenere un effetto curativo cercando di oggettivare in stato di veglia i contenuti dell’inconscio e confrontandosi coscientemente con essi. Ciò può avvenire anche disegnando, modellando, danzando e soprattutto prendendo nota degli eventi interni osservati: un ruolo particolarmente rilevante ha l’entrare in comunicazione con le immagini interiori”.
Queste parole di Jung, citate da Marie Louise von Franz, esprimono perfettamente l’importanza del lavoro con i simboli prodotti dalla nostra mente nell’ambito della cura della persona e dell’esplorazione dell’inconscio. L’essere umano è un animale simbolico, che per sua natura crea immagini per rappresentare la realtà circostante. Queste immagini non solo esprimono la psiche individuale e collettiva, ma fungono anche da mezzo di comunicazione con gli altri.
L’etimologia del termine “simbolo” deriva dal greco e significa “colui che unisce”, sottolineando l’aspetto di condensazione di più contenuti in una singola rappresentazione. Da questo presupposto, è possibile utilizzare proficuamente le immagini provenienti dall’inconscio – fantasie, sogni o produzioni spontanee – come coadiuvanti e arricchimenti dell’esperienza emotiva del soggetto, nonché come potenti strumenti di comprensione.
L’arteterapia per esprimere la propria realtà interna
L’arteterapia si inserisce in questo contesto come una disciplina che fornisce gli strumenti per utilizzare l’arte in tutte le sue forme – dalle tecniche ai materiali – per creare simboli che permettono di riflettere sulla propria realtà interna. Pur non essendo una psicoterapia, l’arte terapia è un valido supporto a un percorso psicoterapeutico o un mezzo per una profonda riflessione personale attraverso le proprie creazioni.
Numerosi psicoanalisti hanno integrato l’arte nelle loro terapie; oltre a Jung, va ricordato Gaetano Benedetti, che utilizzava il disegno per entrare in contatto con la parte più profonda della psiche dei pazienti sofferenti. Da queste esperienze è nato, insieme a Peciccia, il disegno speculare progressivo, che trasforma il foglio bianco in uno spazio di relazione dove il soggetto transizionale può manifestarsi, aiutando lo psicotico a stabilire una relazione autentica e la possibilità di esistere.
Ma se l’arteterapia non è una terapia, perché si chiama così? L’etimologia della parola “terapeuta” ci viene in aiuto: in origine, il termine indicava il “terapon”, lo scudiero dell’antica Grecia che supportava il cavaliere prima, durante e dopo le battaglie. Allo stesso modo, l’arte terapeuta è uno scudiero al servizio della relazione terapeutica, che offre strumenti per amplificare l’esperienza emotiva della persona sofferente tramite l’uso dei simboli.
L’importanza del lavoro di squadra
Il lavoro in équipe è uno degli aspetti più stimolanti di questa professione. I professionisti vengono formati attraverso rigorosi training presso scuole riconosciute dalle associazioni di categoria e spesso forniscono un supporto fondamentale laddove le terapie tradizionali sono inefficaci, come nel caso dell’autismo, delle demenze o delle patologie psichiatriche croniche.
Freud stesso sottolineava la necessità di dare forma concreta alle proprie idee. Quando un’amica gli confessò una sua intuizione teorica, egli la esortò con forza a scriverla, per darle un’esistenza indipendente. Questa affermazione racchiude l’essenza dell’arte terapia: mettendo i simboli su carta, creta o in un collage, possiamo renderli vivi e condividerli con i professionisti che ci seguono. In fondo, il peso è più leggero se condiviso.