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Cleptomania, come frenare quell’irresistibile impulso

Un misto di tensione ansia ed eccitazione, una sensazione di vertigine e compiacimento, seguita dal pentimento e dalla vergogna. È la dinamica della cleptomania, il raro irrefrenabile impulso che spinge una persona a commettere furti fini a se stessi. Un disturbo complesso e non ancora compreso nella sua interezza, che può condizionare pesantemente l’esistenza degli individui che ne sono colpiti. Ma che può essere curato.

Cleptomania: da malattia “femminile” all’oblio

Il primo ad usare il termine “cleptomania” fu lo psichiatra svizzero Andre Matthey, che descriveva in questo modo il compulsivo gesto di rubare senza averne la necessità. Un’intuizione approfondita in seguito dalla medicina, che utilizzò la parola “cleptomania” per identificare il comportamento caratterizzato da impulsi irresistibili e involontari. Un disturbo mentale che per tutto il diciannovesimo secolo fu attribuito esclusivamente alle donne, scaturito da malattie uterine o sindrome premestruale. Un’ipotesi grottesca, accantonata solamente all’inizio del XX secolo, quando d’altro canto la cleptomania cadde nell’oblio clinico. Tanto da restare ai margini, se non essere esclusa, dalle varie edizioni del DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, fino agli anni ’80, quando viene reinserita in una categoria residua, come disturbo del controllo degli impulsi.

Cos’è la cleptomania

La cleptomania è dunque caratterizzata dall’incapacità di frenare l’impulso a rubare oggetti. Questo disturbo tende a manifestarsi più comunemente durante l’adolescenza o all’inizio dell’età adulta, ma una volta sviluppatosi, può durare per diversi anni e in diverse forme, fino a cronicizzarsi.

Caratteristiche

Solamente da tempi recentissimi, la cleptomania rientra nei disturbi da comportamento dirompente, un nuovo capitolo del DSM, che riunisce:

  • disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza o nell’adolescenza
  • disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove

Tutti accomunati e caratterizzati da problemi di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti.

Da un punto di vista clinico, le caratteristiche indicate per diagnosticare la cleptomania sono:

  • l’incapacità di resistere all’impulso di rubare oggetti che non sono necessari per un uso personale o per un valore economico
  • l’aumento della tensione immediatamente prima di commettere il furto
  • il piacere nel commettere l’atto
  • la gratificazione mista a sollievo dopo aver rubato

Altre caratteristiche della cleptomania sono che l’atto del rubare non è espressione di rabbia o di vendetta, non è frutto di allucinazioni e non può essere spiegato come disturbo della condotta o di personalità maniacale.

Sono solo oggetti

Si tratta dunque di un impulso fine a se stesso, perché gli oggetti rubati non hanno nella maggior parte dei casi nessun significato utile per comprendere la fisiopatologia del disturbo. Perché se è vero che spesso l’attenzione del cleptomane è attirata da oggetti particolari e desiderabili e che, in alcuni casi, l’impulso per il furto è tanto più forte, quanto è alto il valore di ciò che si è tentati di rubare, per il cleptomane generalmente l’esperienza si esaurisce con l’atto. Alla sensazione di euforia provata al momento del furto, segue infatti il senso di colpa e il rimorso, con una tendenza alla depressione. Il bottino viene inizialmente accumulato, poi scartato o regalato e, talvolta, restituito in forma anonima.

Il paradosso della cleptomania

L’acme raggiunto un attimo prima di commettere il furto, come descritto in precedenza, è seguito da una repentina presa di coscienza del deprecabile atto appena compiuto. È questo il paradosso per chi soffre di cleptomania, l’essere perfettamente consapevoli del gesto che si sta compiendo e del fatto che sia assolutamente sbagliato, ma il non riuscire a fare a meno di rubare. Godere di averlo fatto e poi cadere in uno stato di depressione, in cui si provano sentimenti che vanno dal senso di colpa, alla vergogna, fino al disprezzo di sé. La paura delle conseguenze legali, che spesso arrivano, uno stigma anticamera dell’isolamento sociale. Tutto per l’impossibilità di frenare quell’impulso di rubare quella cosa che neanche serviva.

Cause della cleptomania

I sentimenti di rabbia e biasimo nei confronti di se stesso provati dal cleptomane, possono portare a lungo andare ad ulteriori problematiche come l’ansia e la depressione, mentre l’imbarazzo genera solitudine e disperazione. Queste condizioni rendono più complicato affrontare un disturbo, che in realtà può essere curato.

Il primo passo per definire la terapia più adatta è quello di identificare le cause della cleptomania, che seppur non ancora note, vengono associate in psicopatologia alla combinazione di più fattori:

  • componenti genetiche: esiste un’importante componente ereditaria, generalmente parenti di primo grado con disturbi del controllo degli impulsi
  • aspetti psicologici: traumi passati, disturbi dell’umore, ansia sono tutti fattori che possono generare un comportamento cleptomane
  • aspetti ambientali: cambiamenti significativi di vita che generano stress e disagio emotivo possono impattare sugli impulsi associati alla cleptomania

A questi fattori andrebbero aggiunti quelli individuati dall’eziologia del disturbo, che suggerisce che alle basi della cleptomania ci sarebbero anche alterazioni biologiche del sistema di neurotrasmissione di dopamina e serotonina.

Altro dato importante che riguarda le cause della cleptomania è quello della sua comorbilità con depressione e ansia e con la dipendenza da alcol e sostanze, nonché con veri e propri disturbi psichiatrici, come paranoici, borderline e schizoidi.

Come curarla: terapie

Queste situazioni “accessorie”, unite alla tendenza del cleptomane di chiudersi in se stesso e di non chiedere aiuto per vergogna o paura di conseguenze legali, rendono complicata la diagnosi di cleptomania, che però, una volta individuata, può essere trattata.

Al momento non esistono né farmaci autorizzati, né terapie riconosciute, che siano in grado di risolvere da sole il disturbo, che invece può essere affrontato con il giusto mix di entrambe. Questi i percorsi maggiormente consigliati dagli specialisti:

  • terapia cognitivo-comportamentale
  • gruppi di sostegno
  • terapia familiare
  • farmacoterapia
  • psicoanalisi
  • terapia comportamentale
  • terapia psicodinamica

Fra queste, la CBT, terapia cognitivo-comportamentale, è stata segnalata come la maggiormente benefica nel trattamento della cleptomania. Tramite la desensibilizzazione, l’esposizione con prevenzione della risposta e la ristrutturazione cognitiva, infatti, consente di intervenire efficacemente sul mancato controllo degli impulsi.

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