Le politiche sulle migrazioni richiedono analisi accurate e un pensiero critico. I toni sono prevalentemente “antimigranti” e sono spesso costituiti da annunci che sembrano rivolti più all’immaginario che ad una loro effettiva realizzazione: “caccia agli scafisti in tutto il globo terracqueo”, “blocchi navali” e centri in Albania.
Questi contenuti hanno l’effetto di alimentare un meccanismo proiettivo alla cui base, sempre nell’immaginario collettivo, vi è la rappresentazione non esplicita che i migranti siano “massa” (fanno eccezioni i casi famosi di atleti ecc.) pericolosa, di colore, costituita soprattutto da maschi potenzialmente criminali o violentatori (la fantasia della potenza sessuale).
Nel complesso “disturbatori” che dovevano restare a casa propria e non arrivare qui. Senza chiedersi perché sono partiti, quali traumi abbiano subito nel viaggio o perché siano vittime di trafficanti di uomini. Sta di fatto che ora sono qui ma anziché dare senso alla loro presenza si sposta il tema su a chi compete? Sembra che la soluzione sia difficile determinando una condizione di impotenza. Questo è uno dei vissuti meno adeguati. Talora i vissuti sono persecutori legati al timore di danni o addirittura di un complotto per una progressiva sostituzione etnica (“piano Kalergi”).
L’etica dell’intenzione
Quel che interessa dal punto di vista della salute mentale parte dalla considerazione che ciò che si verifica nel mondo esterno ha sempre una rilevanza intrapsichica, somatica e relazionale. Di questo occorre occuparsi nel momento in cui si costruisce ed aleggia nell’atmosfera un fantasma che prescinde da un’accurata analisi dei fenomeni di tipo storico e geografico (e allora vedremmo anche gli italiani come emigranti), della dinamica dei flussi, delle ragioni delle migrazioni (guerre, persecuzioni, fame e cambiamenti climatici).
Un fantasma che, sulla base del pre-giudizio, attacca alla radice le identità (la nostra e quella dei migranti) e sollecita le paure più profonde. La sua creazione si basa sull’etica dell’intenzione (nessuno vuole il male dell’altro, è tutto a fin di bene) e non della responsabilità (valutare e rispondere delle conseguenze delle proprie scelte) e soprattutto prescinde dall’umano, cioè dalla comune fragilità e transitorietà e non coglie la profondità del presente, l’importanza della definizione del problema e del reciproco prendersi cura.
Le accuse alle ONG che si occupano di migrazioni
Il problema viene confuso con chi in un qualche modo cerca di affrontarlo. In questo ambito si collocano le accuse (finora infondate) alle ONG alle quali vengono rese sempre più difficili e disfunzionali le attività assegnando porti sicuri molto lontani dall’area di salvataggio. Questo è regolato da leggi e trattati ma anche da doveri etici. Questi sono molto rilevanti e indebolirli può portare a conseguenze gravi come ad esempio un aumento dell’omissione di soccorso non solo in mare ma anche sulle strade, o nelle stazioni.
Un fantasma con sembianze insieme ideologico e amministrative che evita il piano etico e attacca quando in contrasto quello giuridico ma che, soprattutto, rischia di insinuarsi in profondità nei vissuti delle singole persone, nelle atmosfere delle comunità e della vita sociale. Un’indifferente cinismo verso gli altri, un po’ fastidiosi (il pregiudizio parte sempre da qualche aspetto reale) dimenticando l’insegnamento di Brecht.[1] Un individualismo che lede il patto sociale e porta ad un imponente evasione fiscale da un lato e ad una competizione tra poveri, ultimi e penultimi, e all’arrangiarsi dall’altro.
Il respingimento
Il “respingimento” oltre che avere conseguenze nel mondo reale per chi lo subisce e per tutti coloro che via via rischiano di esserne vittima, è un processo che finisce per riguardare tutti. Esso ha importanti implicazioni nel mondo interno di ciascuno impedendo la presa di contatto non solo con la rappresentazione dell’altro ma soprattutto con le parti sconosciute, straniere di se stessi e delle loro conseguenze nelle relazioni. Queste sono uniche e irripetibili fondate sull’accettazione delle diversità soggettive di ciascuno. Il respingimento crea opposizione e sofferenza mentale, razionalizzazioni secondarie rispetto a ciò che non è umano, non è sintonico.
Per cercare di renderlo fattibile viene caricato di valenze superiori ideologiche. Un processo di mistificazione e manipolazione che blocca l’indignazione rispetto alle ingiustizie e le aggrava. Dimenticata la lezione della storia che ha visto brutalità, deportazioni e olocausto affermarsi prima nell’opinione pubblica, nel vissuto di molti prima ancora che nelle leggi, tanto che talora non sono mai nemmeno esistite. Si pensi ad esempio all’Aktion T4, di soppressione di malati mentali e disabili, avvenuta solo mediante un mix di atti amministrativi e “decisioni” mediche. Queste ultime basate sulle idee, a dimostrazione di quanto possano essere pericolose, contenute in un libro pubblicato nel 1922 “Liberalizzazione dell’annientamento delle vite indegne di essere vissute”[2] di un giurista Karl Binding, professore dell’Università di Lipsia, e dello psichiatra Alfred Hoche dell’Università di Friburgo.
Il senso di responsabilità
Non viene così avvertito il senso di responsabilità rispetto alle tragedie in mare o presso le nostre coste ma anche di fronte a sofferenze subite da altri, non solo tollerate ma giustificate con il dovere di “difendere i confini” che non sono solo quelli nazionali ma anche di ogni singola proprietà, ampliando ad esempio la concezione di “legittima difesa”. Gli attacchi ad ogni politica diversa è tacciata di “buonismo” perché “non si possono accogliere tutti”.
Si diffonde sfiducia verso possibili altre soluzioni e indifferenza verso il dolore, la sofferenza di altri esseri umani. Qualcosa di pre-giuridico, etico e psicologico, che lede il “restare umani” ancor prima di pur presenti articoli di codici nazionali ed europei e di trattati internazionali.
Il dialogo relazionale e interno
Una questione che richiama la politica sociale, l’idea di comunità e si estende fino a riguardare il funzionamento mentale e relazionale, dove la democrazia interna, la capacità di mediare e comporre i conflitti tra istanze diverse, decostruire le inevitabili contraddizioni è condizione per la salute mentale e il benessere di comunità. Il dialogo relazionale e interno sono intrecciati e necessari per l’equilibrio, la co-esistenza con gli altri e la pace. La xenofobia o ancore meglio la xenopatia rischia di creare macchie cieche, buchi riempiti di pregiudizi. La riduzione della sensibilità umana e della reciproca disponibilità costituisce in sé un pericolo per la salute mentale di ciascuno (l’estraneità a se stessi) e tutti non più ritenuti parte di un sistema solidale.
Questo specie se fondato su un’accoglienza diffusa passa anche per sperimentazioni, come ad esempio quella di Riace del sindaco Mimmo Lucano, ma molte altre sono attive in Italia. Se i migranti vengono concentrati in centri variamente denominati, vanno a costituire ambiti di discriminazione, stigmatizzanti con molti problemi interni ed alimentano un immaginario negativo. Dato che il respingimento totale non è realizzabile perché comunque vi sono arrivi, dividersi su accogliere o non accogliere, è dannoso per tutti. L’evitamento del problema non fa cogliere le opportunità di un incontro con altre convinzioni il che implica anche una esplicitazione delle nostre. Il respingimento oltre ad essere grave in sé rischia di non vedere la portata della questione demografica e quali siano le soluzioni più utili per i migranti, gli italiani e l’intero Paese.
Dati sulle migrazioni
Per fare questo è utile riportare alcuni dati dai quali emerge una situazione molto preoccupante per ragioni opposte a quelle della propaganda vigente. Non è in atto alcuna invasione ma al contrario stiamo diventando un paese con meno abitanti, sempre più vecchi e soli. Dai dati ISTAT[3] si ricava che “al 31 dicembre 2023 la popolazione abitualmente dimorante in Italia conta 58.971.230 individui. Rispetto alla stessa data dell’anno precedente la popolazione è inferiore di 25.971 unità, con una riduzione dello 0,4 per mille”. La riduzione nel 2022 rispetto al 2021 era stata di 32.932 unità. Il calo si riscontra nel Sud (-3,7 per mille), nelle Isole (-3,8 per mille) e nel Centro (-1 per mille) mentre il Nord-ovest (+2,3 per mille) e il Nord-est (+2,0 per mille) conseguono incrementi positivi.
“A livello regionale il quadro complessivo presenta variazioni negative della popolazione in tutte le regioni del Mezzogiorno (con un picco del -8,1 per mille in Basilicata) e in tutte quelle del Centro (-3,9 per mille in Umbria). Al contrario, nel Nord, con l’eccezione della sola Valle d’Aosta (-2,1 per mille), la popolazione cresce ovunque, con un massimo del +6,3 per mille nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen.”
Comprendere le variazioni della popolazione nazionale
Per comprendere le variazioni della popolazione nazionale occorre tenere conto di due fenomeni:
- Il saldo naturale (la differenza tra nati vivi 379.890 e i deceduti 671.065) nel 2023 segna un valore negativo di 291.175 persone;
- La componente straniera. Gli stranieri censiti come residenti sono 5.253.658 di individui al 31 dicembre 2023 (+21,8 per mille rispetto al 2022) e la loro incidenza sul totale della popolazione residente cresce all’8,9% (8,7% nel 2022). Il saldo migratorio è positivo +281.220 con migrazioni dall’estero di 439.658 persone ed emigrazioni di italiani all’estero di 158.448 unità.
Un fenomeno, quello delle migrazioni, che è ben più ampio e articolato rispetto agli sbarchi nel mediterraneo (circa 150 mila nel 2023 e 65 mila nel 2024). Vi è quindi una migrazione poco conosciuta e rappresentata.
La popolazione italiana si sta riducendo
In sostanza in Italia si sta riducendo la popolazione e ciò avviene in misura minore rispetto al saldo naturale solo grazie ai fenomeni migratori. Su questo punto molto preoccupa l’immigrazione mentre ben poco l’emigrazione di italiani tutt’altro che trascurabile sul piano quantitativo (circa 160 mila persone) sia su quello qualitativo (emigrazione di giovani colti e dal sud). Se restiamo nell’ambito assistenziale, il numero complessivo dei lavoratori domestici (badanti e colf) in Italia è di circa due milioni e la componente di lavoro irregolare stimata al 60 per cento.[4] Infatti, i lavoratori assunti in regola nel settore sono 865 mila (il 54,4% di colf e il 45,6% di badanti) di cui solo il 30,5% è costituito da italiani.[5]
Quindi gran parte del lavoro domestico “regolare”, presso oltre 900 mila famiglie italiane viene svolto da stranieri, prevalentemente donne. Ciò è tanto più rilevante se si tiene conto della componente del lavoro “sommerso” e delle previsioni ISTAT le quali indicano che l’Italia vedrà una riduzione della popolazione (da 59 milioni del 1° gennaio 2022 a 58,1 mln nel 2030, a 54,4 mln nel 2050 fino a 45,8 mln nel 2080). Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2022 a circa uno a uno nel 2050.
Anziani e famiglie monocomponente
Gli anziani (persone con età superiore ai 65 anni nel 1980 rappresentavano il 13,1% della popolazione (di cui 2,1% sopra gli 80 anni) mentre nel 2023 sono il 24% della popolazione e il 7,6% ha oltre gli 80 anni di cui il 3,8% oltre gli 85 anni. E’ previsto che nel 2043 vi saranno 5,8 milioni di anziani soli (+542% rispetto al 2022).
Le famiglie monocomponente sono quasi il 40% e quelle con due (madre-figlio, padre-figlio, coppia) sono oltre il 30%. Ne consegue un aumento della solitudine, isolamento, fragilità e dipendenza. La privatizzazione della sofferenza, l’arrangiarsi e la perdita della cultura dei diritti/doveri comporta una profonda crisi il welfare familiare.
Conclusioni sulle migrazioni
La rappresentazione delle migrazioni come pericolo da respingere crea una situazione psicologica e sociale negativa per le persone. L’Italia ha un saldo demografico negativo di lungo termine e al contempo registra un aumento della popolazione anziana, della solitudine e famiglie sempre più piccole e fragili.
La riduzione della popolazione pone diversi problemi sia di tipo produttivo (la mancanza di lavoratori) sia previdenziali (per pagare le pensioni) e assistenziali. Già ore nel nostro Paese è stimato intorno ai due milioni il numero di lavoratori domestici di cui oltre un milione il numero delle badanti/ assistenti familiari. Questi sono essenziali per il sistema di welfare e dare realizzazione ai programmi previsti dal DM 77/2022 e considerare la casa come il primo luogo di cura.
Questi problemi non possono essere risolti con le politiche a sostegno della natalità che per altro in atto da diversi anni non sembrano avere invertito la tendenza al calo e comunque avranno una ricaduta sul mondo del lavoro tra circa 20-25 anni. Bisognerebbe prendere atto che occorre prevenire le emigrazioni di italiani creando in Italia condizioni per lavoro di qualità, retribuito secondo livelli europei in situazioni sociali, culturali e ambientali di valore che nel nostro Paese sono presenti. Per questo la legalità e la lotta ai fenomeni mafiosi e corruttivi sono fondamentali.
Rendere legali le migrazioni
Al contempo occorre creare le condizioni per una migrazione legale, sicura ed un efficace sistema di accoglienza. Colpisce che in quasi trent’anni questo non sia avvenuto e si continui a parlare di emergenza. Per costruire un nuovo sistema occorre cambiare l’immaginario dello straniero, rispecchiarsi, conoscerlo, comprendere e responsabilizzarlo. Creare un vissuto positivo di fiducia, speranza e sicurezza. Ogni persona è portatrice di bisogni e risorse. E’ essa stessa risorsa unica e irripetibile. Se oltre al maschio straniero, vedessimo le donne (tante badanti cui affidiamo i nostri anziani o quelle sfruttate e maltrattate…) e i bambini forse saremmo in grado di vedere la questione in altro modo. Un’opportunità, un arricchimento che richiede lo sforzo, il coraggio dell’incontro. Solo così, nella coesistenza delle diversità, possiamo sviluppare conoscenze e culture.
La recente migrazione dall’Ucraina, soprattutto femminile e infantile, ha dimostrato che se ampiamente sostenuta politicamente in base a chiare motivazioni (la guerra subita) e da interventi concreti, documenti, riconoscimenti, servizi ecc. può funzionare e non creare problemi.
Fenomeni simili si sono avuti con le migrazioni dalla Romania e Albania. Ad esempio i romeni che rappresentano il 20,4% degli stranieri presenti nel nostro Paese, sono l’11,7% dei detenuti stranieri. Non è così per persone con altre provenienze. Quindi un elemento importante è comprendere che il termine “straniero” raggruppa situazioni molte diverse che vanno analizzate dettagliatamente, in relazione alle provenienze, alle culture, alle relazioni di genere, al modo di dare senso alla vita, alla salute e di affrontare la malattia e i reati. Questo lavoro permette di cogliere la complessità del fenomeno e di comprendere come, con fatica, tolleranza e pazienza, costruire insieme convivenze multiculturali.
La consapevolezza delle conseguenze delle nostre scelte
Dobbiamo avere consapevolezza delle conseguenze delle nostre scelte su come affrontiamo il fenomeno e quanto sia grave la traumatizzazione secondaria non solo per chi la subisce ma anche per chi la mette in atto. Evitare il surplus di sofferenza e disperazione che deriva dalla discriminazione burocratica (senza documenti la persona non esiste) e non può accedere a lavoro e casa.
Degli stranieri abbiamo bisogno e ritardare nel cogliere questa necessità può far pagare al nostro Paese un prezzo molto alto. Invece di ritardare inclusione e di comprometterla sulla base di vissuti che generano paura, pregiudizio e sfiducia occorre lavorare insieme per una base sicura di fiducia e speranza. Possiamo farcela e diventare più ricchi. Scelte coraggiose come lo Ius soli o altre misure per favorire la cittadinanza possono creare le condizioni per un reciproco riconoscimento, riti di una nuova cittadinanza non solo italiana ma del mondo, ed essere la via per il bene e il destino comune.
[1] Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.
[2] Karl Binding & Alfred Hoche (1922): «Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens» (Auszüge)
[3] Popolazione residente e dinamica della popolazione. Anno 2023
[4] https://www.ilsole24ore.com/art/lavoro-domestico-regioni-italiane-dove-ci-sono-piu-colf-e-badanti-AB9UsIWB
[5] https://www.osservatoriolavorodomestico.it/