Parafrasando il titolo di un romanzo di Paul Bowles, più conosciuto per Il te nel deserto, affronto un tema difficile.
L’ira di tutti contro Berlusconi che forte dei suoi 86 anni e dei suoi soldi si è permesso di dire una semplice e piccola cosa: io se fossi stato il premier non ci sarei andato a parlare con Zelensky.
Perché mi spingo su un terreno così spinoso che non mi riguarda? Non sono un giornalista, uno storico, un politologo. Eppure questa rivelazione del cavaliere non mi ha sorpreso affatto. Perché tutti si sono indignati? L’immediata reazione dei media, degli oppositori e persino dei suoi alleati al governo è stata di putinismo. Un termine che fa abbastanza orrore visto che di grandi idee e filosofie da Putin non mi sembrano essere mai uscite. Uomo informato e deciso, così mi è sembrato ascoltandolo nelle famose interviste di Oliver Stone. Ma non certo un grande teorico.
Ma lasciando stare le reazioni pubbliche alle esternazioni del cavaliere volevo semplicemente occuparmi della guerra, di cui tutto sommato noi che lavoriamo da sempre nei conflitti abbiamo una certa esperienza.
Le dichiarazioni di Berlusconi hanno ricordato a tutti, almeno a coloro che sono ancora in grado di pensare con la propria testa, che la favola dell’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio dello scorso anno è debole e che è difficile liquidare un conflitto che è divampato in piena seconda guerra mondiale con questa narrazione. Altra cosa che queste dichiarazioni rendono drammaticamente evidente è che questa ultima guerra è difficile capire quando sia davvero iniziata, alcuni sostengono in conseguenza del distacco della Crimea, quando alcune regioni orientali dell’Ucraina hanno manifestato analoga spinta verso la Russia. Ma a guardare bene è una guerra tribale e primitiva, tagliando con l’accetta si potrebbe dire teutonici contro slavi, oppure occidente contro oriente, oppure capitalisti verso imperialisti, o come piace tanto agli americani una guerra per difendere la democrazia, dove c’è ancora forte e doloroso l’odore del nazismo e delle ferite che si sono prodotte nel ventesimo secolo e che, come ci ricorda sempre Liliana Segre, ancora sanguinano.
Facendo un salto iperbolico mi torna in mente una canzone minore di Francesco De Gregori: tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti, rubando? Io starei dalla parte che suggerisce De Gregori, dei poveracci che rubano nei supermercati e, per traslazione, direi che starei dalla parte dei soldati, di tutti e due i fronti, quelli che muoiono. Ma se fossi premier starei semplicemente dalla parte di chi non ruba affatto. Sarebbe bene pensare che una guerra così non finisce mai, che siamo tutti coinvolti, sarebbe bene ricordare che l’Italia ha nella storia la prerogativa di avere sempre scelto male, quando c’era di mezzo la guerra, e quindi che è lecito esprimere un dubbio su quanto sta facendo il nostro paese in questo conflitto.
Una guerra così vicina dovrebbe aiutare a sollevare gli animi della pace in casa. Dovrebbe moderare il dialogo politico in Europa. Rafforzare il welfare. Dovrebbe fare ripensare le politiche energetiche fatte fino ad oggi per alimentare la macchina del consumismo. Queste sono le armi che rallentano la guerra. Partire sempre da se’ stessi. Se buttiamo la colpa da una parte o dall’altra, inevitabilmente, siamo entrati in guerra.
Diceva Garcia Badaracco a proposito della lotta allo stigma: lotta forse non va bene come espressione. Ogni lotta troverà sempre un avversario pronto a contrattaccare.
Bravissimo! Condivido in pieno,ma per quanto mi riguarda vado oltre!e citando sempre uno stupendo cantautore..costretto con le stelle al muro…Mi schiero dalla parte di Putin! Non dovendo io naturalmente riportarmi a nessun….CAPO..comunque bravissimo articolo stupendo!
Se vogliamo continuare con uno dei miei riferimenti culturali Fabrizio de Andrè ,nella guerra di Piero individua in modo puntuale il problema di chi subisce…. In questo caso i soldati e la povera gente che da una parte o dall’altra muore uccisa o di stenti.
Ora noi assistiamo ad una scena con un attore protagonista Zelenski ed un attore regista Putin.
Direte voi : ma chi sono i registi?
Punto centrale e fondamentale : coloro che detengono il potere economico da una parte e dall’altra e che per mantenerlo hanno bisogno di distruggere per ricostruire e governare.
Nulla di nuovo dai tempi degli antichi romani e di Genghis Khan.
Provate a fare i nomi delle Nazioni che fanno da regista e dei loro capi …..