Dal Corriere della Sera del 24 settembre: “Uno studio condotto da C40 e dal Mayors Migration Council prevede che otto milioni di migranti climatici, in fuga da una meteorologia impazzita, irromperanno in dieci città del sud del mondo entro il 2050”.
I migranti climatici
L’articolo spiega che dieci città: Bogotà (Colombia), Cutiriba, San Paolo, Rio de Janeiro, Salvador (Brasile), Amman (Giordania), Karachi (Pakistan), Dhaka (Bangladesh), Accra (Ghana) e Freetown (Sierra Leone) dovranno prepararsi allo “tsunami migratorio” che si verificherà se non sarà rispettato l’Accordo sul clima di Parigi. Il cui impegno era di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi centigradi, rispetto ai livelli preindustriali e che, per ora, perché nessun paese al mondo lo sta rispettando, molto difficilmente verrà raggiunto.
Questa è il principale motivo di preoccupazione per l’umanità, ma ben pochi fanno caso a questa emergenza.
La crisi della natalità
Certo costituisce un’emergenza anche la crisi della natalità che, per ora, pensiamo di risolvere con degli “incentivi” a fare ed allevare figli agli italiani, Il che va benissimo, anche se sappiamo che queste politiche non risolveranno il problema. Problema che può essere risolto esclusivamente con una radicale modificazione dell’atteggiamento, da parte del Governo, nei confronti dell’immigrazione.
Una parte del Governo lo ha già capito. Le altre due sanno benissimo che dovrebbero fare tutto il contrario di quello che fanno, ma poi perderebbero le elezioni.
Il problema vero, però, è un altro: la questione non è soltanto se e quanti immigrati far entrare nel paese, smettendo di “difendere i confini” da uomini, donne e bambini, perché di operai e operaie ne abbiamo bisogno in tutti i settori, magari non scaricandolo davanti a casa con un braccio staccato nella cassetta della frutta, invece di portarlo all’Ospedale.
I migranti sono necessari all’Italia
In poche parole, i immigrati sono necessari all’Italia per la sua sopravvivenza e, prima o poi, saranno lasciati entrare un po’ di più.
Il problema vero è che, come preconizzato dalla prof.ssa Linda Vince nel libro: “Il secolo nomade”, per via della questione climatica ne cominceranno a venire a milioni. Tale previsione, che sembrava catastrofica e fuori misura, sembra confermata dallo studio in questione. L’emisfero Sud diverrà progressivamente invivibile e tutta l’umanità cercherà di raggiungere il Nord del Continente Americano e il Nord di Europa e Asia, cioè la Russia del Nord e la Siberia.
Questo studio descrive quello che accadrà nelle città di tre Continenti: America, Africa e Asia.
Vi si trasferiranno otto milioni di persone, rendendo quelle città invivibili.
Quando proveremo a fare i conti con questa che da eventualità si sta trasformando in probabile evoluzione?
Non converrebbe spendere dei soldi per alleviare queste problematiche, invece di scatenare due guerre pericolosissime contemporanee come, viceversa, stiamo facendo?
In teoria, il cambiamento climatico potrebbe anche non essere il male assoluto. Oltre alla Siberia di cui parla l’amico Narracci, potranno forse divenire abitabili e coltivabili aree della Groenlandia (ex “terra verde”), dell’Alaska, della Patagonia, magari perfino dell’Antartide. Ma il conseguente complicato rimaneggiamento comporterebbe ulteriore incremento dei flussi migratori, già così mal gestiti all’insegna della paura e dell’ostilità (e probabilmente anche ulteriori occasioni di guerra ! )
Un esempio di cattiva gestione dell’immigrazione è l’attuale opposizione, in Italia, all’estensione del diritto di cittadinanza; opposizione che fa leva sulla paura, motivata da ragioni di sicurezza.
Ora, certo la condizione di immigrato predispone a violazioni di legge: egli è sradicato, spesso lontano dalla famiglia, povero, disoccupato o sfruttato, socialmente isolato e non supportato. Ha ben pochi affetti e soddisfazioni sessuali (non parliamo poi dell’elementare diritto a paternità o maternità). Sa male la lingua. Non ha le garanzie minimali che la cittadinanza offrirebbe. Perché non correggere – a costo zero e facilmente – almeno quest’ultimo aspetto anzi che ricorrere, a corto circuito, a inasprimenti delle pene?