Vorrei proporvi, a partire dalla mia esperienza in REMS Villa Caterina, che non ha avuto niente di speciale se non che era l’inizio della vita della struttura, e quindi con tutte le aperture, e le emozioni, di una cosa che comincia. Vorrei proporvi, dicevo, una sorta di esercizio: partire dalla affermazione che la REMS non esiste. Come non esistono i Centri di Salute Mentale, i SPDC, le Comunità Terapeutiche, i SERD. Cioè non esistono più di quanto esistano le api di un alveare, i nuclei della sostanza bianca, il nocciolo nel bosco. Non esistono se non come parte di una rete di relazioni, Perché come diceva quel tale, reale è ciò che agisce.
Quello che voglio proporvi è aiutarvi a guardare alla REMS e al sistema cui appartiene come a un essere vivente, una creatura, avrebbe detto Bateson. e che non è possibile definire isolatamente dalla sua rete di relazioni.
Quindi partirei dalla mia avventura in REMS, con un gruppo di arditi con cui ho avuto il piacere e l’onore di condividere l’esperienza in quel periodo, il 2017. Partiremo dalla definizione di REMS della legge 85/14, per vederne conseguenze e criticità alla luce di ciò che è successo in quel periodo. E cercheremo di ribaltare il discorso, mostrando invece una possibile funzione della REMS come un luogo di ridefinizione di alcuni aspetti della psicopatologia attuale in grado di contribuire in modo importante alla evoluzione del sistema psichiatrico. Ma vedremo anche quanto è anche evidente che questa possibilità dipende dalla capacità di tutto il sistema, ma direi di tutta la nostra società di stare in movimento, di rimettersi in discussione e di crescere culturalmente. Speriamo non sia una altra occasione persa
Prefazione di Monica Carnovale
Leggiamo con piacere l’esperienza del Direttore Sanitario della REMS Villa Caterina in carica per alcuni mesi del 2017, quando io ed altri facevamo parte del gruppo di arditi da lui denominati.
Ne è passata di acqua sotto i ponti ma ciò che scrive è maledettamente attuale.
Ciò che siamo o non siamo e ’rimasto sostanzialmente attuale. Abbiamo instaurato dialogo e relazione con i Magistrati formando una vera e propria rete nella rete dei servizi.
Le falle esistono ancora, le contraddizioni tra ciò che siamo o non siano e ciò che vorrebbe il sistema fossimo, rimangono aperte ma permettono uno scambio di opinioni che solo l’esperienza di più di 7 anni ormai ci permette.
Sappiamo ciò che riusciamo a fare, sappiamo di esporci a rischi e critiche.
Siamo sempre più convinti che il gruppo di arditi possa avere una voce in capitolo, abbia una formazione ed un’etica che ci permette di sostenere un modello di lavoro: il nostro, quello della REMS Villa Caterina.
Noi e la REMS
Sono entrato in REMS come Direttore il primo marzo 2017, la REMS, cosiddetta provvisoria, ma sappiamo che in Italia nulla è più stabile del provvisorio, e la REMS non ha fatto eccezione, era aperta da due mesi, e naturalmente era già piena, e, nonostante una affermazione iniziale di apertura, e quindi della possibilità di gestire allontanamenti in modo relazionale, abbiamo capito subito quello che qualche mese dopo un giudice ci ha detto con tono assertivo: di là non devono uscire!
Ci siamo trovati con un mondo molto vario di fragilità, deficit cognitivi, danni da sostanze, qualche psicosi, storie di clandestinità finite male. Tutti quelli che erano stati in carcere avrebbero preferito tornarci.
Nel frattempo noi passavamo i giorni a sentirci dire che questa non è una Comunità. Fiato sprecato, se per un martello ogni cosa è un chiodo, per noi che ne venivamo da intense, lunghe e varie esperienze di comunità terapeutica, che altro poteva essere se non un luogo di quel genere? Ma noi ci siamo sforzati, e abbiamo trovato una ipotesi di identità diversa, e abbiamo pensato che la REMS avrebbe potuto essere un Servizio Penitenziario di Diagnosi e Cura, cioè un luogo di transito verso altre realtà. Come vedremo questa prospettiva forniva uno sguardo e un potenziale sulla REMS non proprio scontato ma potenzialmente molto utile.
In questo credo siamo stati abbastanza bravi, mi sembra; nei mesi in cui sono stato in struttura, fino a fine anno, abbiamo dimesso metà degli ospiti, per lo più in altre strutture, uno è ritornato al suo paese.
Ma siccome la REMS non esiste tutto questo è nulla. Ma cosa significa che la REMS non esiste? Come dicevamo la REMS non esiste come una cosa, ma esiste, o almeno esisteva per noi come un essere vivente, un soggetto che ha una sua identità, un suo sviluppo, una sua crescita, insomma, una piccoletta che doveva diventare grande.
Ma questo significa che come per tutti, non cresce e vive in sé e per sé, ma solo in relazione ad altri, e questo, come vedremo, è particolarmente importante per la REMS.
Infatti la REMS venne concepita, con l’obbiettivo di superare i Manicomi Giudiziari, all’interno di una legge, la 85/14 che nelle intenzioni ha ripreso molto della legge Basaglia, cioè evitare il deposito manicomiale, riportare i percorsi e le persone verso la cura, e uscire da un meccanismo molto automatizzato di istituzionalizzazione, comodo per tutti tranne che per i pazienti.
Per i pazienti per i quali e’ stata accertata la persistente pericolosità sociale, il programma documentava in modo puntuale le ragioni che sostengono l’eccezionalita’ e la transitorieta’ del prosieguo del ricovero.
Le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non potevano durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, solo che…
L’intasamento
Così facendo le REMS si riempiono immediatamente. Quando sono entrato, ed erano passati due mesi, era già completamente piena, e quotidianamente ricevevamo richieste di inserimenti da tutta Italia. Quindi si è posta immediatamente la questione: la REMS è a monte o a valle del sistema psichiatrico giudiziario?
Mi spiego meglio: per esempio il SPDC in questo senso è a monte del sistema e la sua funzione è mettere in grado la persona di affrontare un fuori, di vita e di cura, meno intenso e medicalizzato, idealmente ritornare alla assistenza territoriale o di entrare in una struttura meno medicalizzato e con percorsi più evolutivi, per es. la Comunità Terapeutica.
Ma nella legge 85/14 la REMS è a valle. Questo significa che vi dovrebbero scivolare dentro tutte quelle persone per le quali non vi siano alternative. questa prospettiva nasce senza dubbio da una ottima intenzione, che è quella di istituzionalizzare il meno possibile. Tuttavia questa definizione rende evidente il rischio che la REMS diventi il luogo dei casi intrattabili in termini riabilitativi o educativi, per dirla in termini psicopatologici, quelli che venivano diagnosticati un tempo con il termine Pazzia Morale, vale a dire degli psicopatici freddi e privi di capacità empatiche. Ancora recentemente il problema si è posto alla REMS Villa Caterina a Genova.. noi avevamo sintetizzato questo rischio di evoluzione della struttura come “il luogo dove inserire Hannibal the Cannibal”.
Ma questo è in fondo un aspetto minoritario del problema in realtà, o comunque parziale, perché poi le cose vanno in modo più complesso. Ci aiuta però ad aprirci alla questione, questa sì centrale, che è quella della incapacità di intendere e di volere.
La capacità di intendere e di volere rappresenta il luogo di incontro, ma forse anche il bivio, o la rotonda, tra la psichiatria forense e non, la magistratura, e la comunità di riferimento e più in generale la società tutta, perché apre alla questione dei Disturbi di personalità, della antisocialità, e della psichiatria come strumento di controllo sociale, il che ci riporta immediatamente ai punti di partenza.
Ci riporta a Foucault e ai movimenti dell’epoca, ma anche al confronto con la cultura dominante e a un suo atteggiamento, verso tutto ciò che non è conforme, solo apparentemente tollerante, ma che in realtà nega la diversità (a meno che non venga assimilata e trasformata in normalità) e trasforma la trasgressione alle regole in un disturbo psichico.
La REMS mostrava meravigliosamente questo meccanismo, sia per le persone che ospitava, sia per quelle che avrebbe dovuto ospitare a regime. È chiaro che nessuna REMS può da sola affrontare questo problema, così come nessun magistrato da solo, così come è chiaro che non esistono risposte definitive a questi problemi, che sono ad un tempo tecnico, culturali e politici. Men che meno possono essere affrontati in modo ideologico, anche se periodicamente in ambito psichiatrico, come abbiamo visto, la tentazione è forte, ma c’è, o meglio ci sarebbe bisogno di un dialogo aperto tra tutte la parti coinvolte e interessate.
Questo intendo quando dico che la REMS non esiste; non esiste se non come parte di un sistema, di una comunità sociale che deve gestire gli aspetti ombrosi delle proprie relazioni. Così come un albero nasce, o muore, cresce, e prende forma a seconda dell’ambiente che incontra, così la REMS cresce e diviene in relazione a ciò che la circonda, a partire dai vicini di casa, che avevano combattuto Villa Caterina un bel po’.
Una prova di questa relazione la potevamo avere vedendo quanto crescevano diverse le REMS nelle diverse regioni, in funzione di comunità diverse rispetto al problema del disturbo psichico e della pericolosità sociale nel disturbo psichico.
Noi abbiamo cercato, e trovato, un buon dialogo con la Magistratura, e con gli Uffici di Sorveglianza, nel periodo che mi ha riguardato, e abbiamo cercato di evidenziare il più possibile il lato clinico del nostro intervento, cercando di affrontare il paradosso che io, come direttore rappresentavo: quello di essere ad un tempo il medico a cui affidarsi e il direttore del carcere da affrontare nei modi noti. Ci siamo molto sforzati di essere dei curanti e il meno possibile dei secondini. A volte è stato facile, a volte no.
Così possiamo tornare al punto di partenza: se la pensiamo così, dentro un mondo di relazioni e di dialogo la REMS, non solo esiste, ma testimonia e ci apre ad aspetti profondi e centrali del nostro vivere in comunità dandoci la possibilità di vedere tante cose da una prospettiva diversa.
Ci può aiutare a pensare e a dialogare con e tra persone e situazioni che non si riconoscono nel contratto sociale ma che comunque ne fanno parte, inserendo per esempio la dimensione educativa nell’affrontare percorsi di deriva sociale che di solito nascono da una origine difficile e traumatica.
Trovando nel contempo soluzioni e percorsi adatti a persone che sono state perfettamente in grade di scegliere certi comportamenti, tanto più se ne hanno fatto un mestiere.
Ma se invece ci appiattiamo sulla gestione della pericolosità sociale e accettiamo che delinquere, soprattutto se in modo maldestro, sia inevitabilmente un disturbo psichico, allora possiamo stare certi che la REMS presto non esisterà più, se non per i vicini in rivolta e che verrà presto dimenticata.
Così abbiamo cercato, nei mesi in cui sono stato lì, di far crescere la piccoletta il meglio possibile nella speranza di poterne fare, una volta cresciuta, un soggetto capace di porre questioni alla comunità intera, questioni che riguardano il che vuol dire essere normali o malati, e come gestire comportamenti che mettono in crisi il sistema
Ho lasciato a fine anno un gruppo vitale, aperto, con cui ho condiviso una esperienza bella e importante per me.