Quando un matrimonio comincia a disgregarsi, spesso le coppie decidono di riprovarci e di tenere su il nucleo familiare per il bene dei figli. Tuttavia, questa scelta non sempre si rivela soddisfacente: l’atmosfera tesa e i continui litigi possono avere ripercussioni negative su bambini e adolescenti, anche più di una possibile separazione.
Il divorzio consensuale rappresenta una soluzione al problema, in quanto permette di evitare il sacrificio coniugale e il compromesso. I due partner decidono di dividere le proprie strade in maniera equilibrata, senza eccessive ripercussioni sui figli.
A volta la separazione diventa un bisogno fisiologico: ogni persona, infatti, si evolve nel corso della propria esistenza modificando passioni, priorità, lavori e stili di vita. Questo può inficiare il rapporto di coppia, perché non sempre i cambiamenti vanno di pari passo e diventa difficile conciliare le esigenze di entrambi.
Come avviene il divorzio consensuale: gli accordi
Il divorzio consensuale avviene quando entrambi i coniugi sono d’accordo nel porre fine al loro matrimonio e sono in grado di raggiungere un accordo su questioni come la divisione dei beni e la custodia dei figli, senza la necessità di un processo giudiziario.
In Italia la legge di riferimento per il divorzio consensuale è l’articolo 708 del Codice di Procedura Civile. Secondo questa legge, il divorzio può essere ottenuto in modo consensuale solo se i coniugi hanno vissuto separatamente per almeno sei mesi e sono d’accordo sulla fine del matrimonio e sulle condizioni.
Per accordarsi sul divorzio consensuale, i coniugi devono presentare una richiesta scritta al Tribunale competente, che dovrà valutare la loro volontà di porre fine al matrimonio e l’accordo raggiunto su questioni come la divisione dei beni e la custodia dei figli. È possibile anche affidarsi a un avvocato per la redazione della richiesta e per la rappresentanza legale durante il processo.
Una volta accettata la richiesta di divorzio consensuale dal Tribunale, viene fissata una data per l’udienza di comparizione, durante la quale i coniugi devono confermare la loro volontà di divorziare e l’accordo raggiunto sulle condizioni del divorzio. Dopo l’udienza, il Tribunale emette la sentenza di divorzio, che ha effetto immediato.
Perché il divorzio consensuale è la scelta migliore
In Italia, almeno fino a qualche anno fa, la tendenza a rimanere insieme per il bene dei figli nonostante i problemi di coppia era piuttosto radicata. Oggi, fortunatamente, non è più così. Grazie all’introduzione di nuove leggi e di modalità di separazione più rapide, è possibile dividersi con il consenso di ambo le parti senza far ricadere sui figli una scelta che diventa solo sacrificio e sopportazione.
Quando due genitori non hanno più complicità – o, peggio ancora, litigano di continuo – i figli sono i primi a risentirne, soprattutto se si trovano ancora nel periodo di crescita e sviluppo. La tossicità del rapporto di coppia si riversa inevitabilmente su tutto il nucleo familiare, generando scompensi e criticità irrisolvibili. Uno degli atteggiamenti più deleteri, in generale, è rappresentano dal continuo colpevolizzarsi a vicenda per la fine del matrimonio.
In questo tipo di contesti, i figli diventano delle “spugne” capaci di assorbire tutte le tensioni e possono faticare parecchio per liberarsene, anche a distanza di anni, portandosi dietro il peso di un dolore che potrebbe inficiare anche i futuri rapporti sociali e amorosi durante l’età adulta. Per questo motivo risulta necessario che i coniugi si prendano le proprie responsabilità in maniera adeguata, evitando così di caricare sulle spalle dei figli un peso più grande di loro.
Riforma Cartabia: come cambia il divorzio consensuale
Dal 1° marzo 2023 sono entrate in vigore le nuove regole della riforma Cartabia per la separazione e il divorzio consensuale. Obiettivo della riforma promossa da Marta Cartabia, giurista ed ex ministro della giustizia nel governo Draghi, è quello di velocizzare i processi di separazione e divorzio consensuale introducendo un rito unico (d.lgs. n. 149 del 2022) e snellendo le procedure con tempistiche ridotte del 40%. Maggiore attenzione è data anche alle vittime di violenza e alla loro tutela, così come ai figli minorenni che pure vanno salvaguardati da una condizione familiare negativa e controproducente.
Sull’introduzione della riforma si è espresso Carlo Trionfi, psicologo e psicoterapeuta esperto in relazioni familiari, il quale ha dichiarato: «Si tratta di una legge di grande interesse, che mette a disposizione delle famiglie strumenti e professionisti utili nel momento della crisi separativa e della rimodulazione della vita familiare. Nello specifico, tempistiche e costi del divorzio vengono ridotti. La riforma vuole accorciare i divorzi del 40%: se prima una separazione poteva durar anche diversi anni, da oggi sarà difficile avere separazioni più lunghe di 12 mesi e la prima udienza, che potrebbe essere anche l’unica, avverrà necessariamente entro 90 giorni. Ridurre le tempistiche legali e burocratiche significa anche diminuire il tempo dedicato al litigio nella ricerca del nuovo equilibrio familiare e, quindi, della sofferenza dei figli. Dal punto di vista economico, invece, ridurre i costi per un divorzio significa aiutare chi in passato era obbligato a rimanere insieme per problemi di denaro».
Tronfi si sofferma anche sull’attenzione finalmente accordata ai figli minori in quanto parti in causa: «Quando ci sono dubbi se le scelte dei genitori siano in linea con gli interessi dei figli, il giudice ascolta anche il parere del minore (se maggiore di 12 anni o ritenuto abbastanza maturo) rispetto alla riorganizzazione familiare. Un’altra figura che affiancherà le famiglie, e il giudice, durante la separazione è il coordinatore genitoriale. Questo professionista, consultabile anche online e a tariffe agevolate, dovrebbe aiutare gli ex coniugi a seguire le direttive stabilite in tribunale e il piano genitoriale, ovvero la precisa programmazione sulla gestione del figlio. Il genitore che non dovesse rispettare questo programma può essere sanzionato senza il bisogno di dover tornare in aula».