Vaso di Pandora

Uomo e natura

“Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E come con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?” (G.Bateson,1979).

Bateson, nelle sue ricerche che spaziano dall’antropologia alla biologia, dalla psichiatria all’ epistemologia, ha tentato di descrivere la “struttura che connette” e si è posto una domanda: che cos’è la mente? Nel libro Mente e Natura (1979) spiega che la conoscenza della mente passa attraverso un conoscere integrato che tiene unita la biosfera con la natura umana.
“Le piante sembrano stupide, ma rubano l’energia al sole, il carbonio all’aria, i sali alla Terra e vivono senza scannarsi a vicenda come noi”, scriveva Primo Levi.


La vita animale esiste grazie all’ossigeno delle piante e alle calorie che ci forniscono attraverso il cibo. Gli alberi e le piante in città non solo migliorano l’aspetto rendendole più accoglienti, colorate e meno grigie, migliorano anche la qualità dell’aria influendo positivamente sulla nostra salute.


Trascorrere il tempo in contatto con il verde ha effetti su varie patologie organiche e sulla psiche, ha benefici sulla salute mentale, sulle funzioni cognitive ed emotive. Il giardinaggio riduce la depressione, l’ansia, l’obesità e le malattie cardiache.
La nostra specie si è evoluta in ambienti selvatici: il corpo e i sensi sono predisposti al contatto con la Natura, noi abbiamo imparato a cercare ambienti ricchi di risorse e di rifugi sicuri, scrive Giuseppe Barbiero, docente di ecologia ed ecopsicologia all’Università della Valle d’Aosta.


La molla che guida il nostro comportamento è racchiusa in una parola: biofilia. L’etimiologia significa “amore per la vita”. Proviamo una fascinazione per tutto ciò che è vivo. È una condizione psicobiologica innata, iscritta nel nostro Dna.


Curare il terrazzo, guardare gli alberi in fiore, camminare nel verde conforta, trasmette un calore negato. Non è suggestione: la forza vitale che è sprigionata dal mondo vegetale sa lenire lo stress e attiva la risposta immunitaria dell’organismo. Lo prova la scienza che tra boschi e giardini dà forma a nuove proposte di benessere, che aprono a una rinnovata e necessaria armonia con il Pianeta.


Noi umani abbiamo una propensione per il verde, che indica la presenza di acqua, quindi di cibo e di riparo. Gli spazi verdi, un terrazzo, un tetto verde, un giardinetto, e persino un’aiuola, ospitano la vita e rispondono alla nostra biofilia.


Ma è possibile creare spazi in cui sfruttare al meglio l’efficacia salutare delle piante? Creare “giardini terapeutici” serve alla salute fisica e mentale?


A mio parere serve, e questo lo sperimento ogni giorno curando le mie numerose piante sparse in casa, in terrazzo e in cortile e trasmettendo questa mia propensione, passione agli ospiti che popolano la comunità in cui lavoro.


La struttura Il Cicalotto ha una bellissima vista mare, è ben esposta al sole e anche se spesso arrivano venti dal mare riusciamo a coltivare un piccolo orto, ma soprattutto all’interno, curiamo le nostre piante.


Insieme ad un gruppo di pazienti della Caup abbiamo creato al terzo piano il nostro angolo verde che curiamo insieme, ma anche nel resto della comunità abbiamo piante che tutti curano e nessuno distrugge. Questo mi fa pensare ai concetti di bellezza, all’ambiente curato che, come sosteneva Racamier, cura la comunità che lo abita: sono concetti cardine del nostro lavoro che risuonano sempre in me, ripresi dal prof. Giusto nella giornata formativa di venerdì scorso.


E proprio dagli stimoli di questa giornata, mi sono venute in mente queste vecchie letture e le mie passioni, che proprio perché sono passioni riesco a trasmetterle a chi mi sta intorno.


E’ interessante parlare con i pazienti di piante, decidere dove posizionarle e analizzare insieme se stanno bene e di cosa hanno bisogno. Da qui scaturiscono parallelismi di come si sta dentro, di come ci si sente, dei bisogni primari per vivere, di convivenza, di come curarsi e del bisogno dell’altro.


Le piante si ammalano, si possono curare, hanno dei bisogni proprio come noi. Ci sono piante che hanno bisogno di bere tanto e altre meno, piante che stanno meglio in penombra e altre che prediligono il sole.


Giulio Senes, docente di Progettazione del territorio e del paesaggio ad Agraria, all’Università di Milano, e presidente dell’Associazione Italiana Healing Gardens, parla di healing gardens ovvero di spazi verdi accanto ad ospedali, case di riposo per anziani, centri di riabilitazione, pensati per promuovere e migliorare la salute e il benessere delle persone. Questi spazi sono aperti ai ricoverati, ma anche ai loro familiari e al personale sanitario perché, scrive, «Il verde fa sempre bene e riduce lo stress». Insomma, non si elimina la malattia, ma si migliora lo stato di benessere.


L’interazione individuo-ambiente è fondamentale non solo per la sopravvivenza, ma anche per il benessere psicologico. Così quando si studia la mente non la si può suddividere in funzioni separate, ma la si comprende solo quando ne comprendiamo l’organizzazione complessa, che ricalca le relazioni tra le parti dei sistemi naturali e il loro equilibrio. Questa mente ecologica è una visione innovativa perché riesce a spiegare come la mente e la sua “immaterialità” sia indissolubilmente legata al substrato materiale che la mantiene in vita.

L’attività motoria all’aria aperta facilita l’attivazione dei cinque sensi, e soprattutto l’integrazione tra coordinamento motorio, percezione visiva e percezione olfattiva. Questo porterebbe a una riduzione «positiva» dell’attività cerebrale in alcune aree corticali, favorendo la regolazione omeostatica di risposte fisiologiche (rallentamento del battito, riduzione della pressione) come viene registrato in attività meditative. Anche per questo promuovere l’attività motoria è di fondamentale importanza per i nostri pazienti.


La ricerca sperimentale in neuroscienze comportamentali, psicologia sperimentale e psicobiologia ha dimostrato come l’organizzazione strutturale del cervello e la ricchezza delle sue connessioni sia modulata dagli stimoli ambientali fin dalle fasi più precoci dello sviluppo fetale. Esistono periodi critici sia nel periodo prenatale che durante l’infanzia per la maturazione delle competenze motorie, cognitive e sociali. L’esposizione a un ambiente sfavorevole o al contrario ad un ambiente ricco di stimoli può modificare la traiettoria di sviluppo neuropsicologico di un bambino, influenzando la sua salute mentale per il corso della vita. (Calamandrei, 2022).

Note Bibliografiche
1

La relazione con la natura tra genetica e psicologia. (G.Barbiero, R. Berto ed. Carocci, 2016).

2

Mente e Natura. Un’unità necessaria. (G. Bateson, ed. Adelphi, 1993).

3

Natura, mente e benessere. Dr.ssa Calamandrei Centro per le Scienze Comportamentali e la salute mentale. Ricerca WWF (2022).

4

Verso un’ecologia della mente. (G. Bateson, ed. Adelphi, 1977).

5

Lo Psicoanalista senza divano. (P.C. Racamier, ed. Cortina, 1996).

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Commenti su "Uomo e natura"

  1. Interessante articolo, da biologa, ma soprattutto da donna tua coetanea, che cammina ogni giorno con i cani nei boschi, e che coltiva piante in terrazzo e in casa, condivido a pieno le tue parole attraverso la conoscenza e l’esperienza quotidiana. Grazie!

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  2. In un libro del 99 curato da me e altri il titolo recitava : comunità :
    natura,cultura terapia.
    Ebbene l’articolo di Paola Buonsanti richiama la necessità di partire dagli elementi naturali per permettere di curare (non necessariamente guarire), le persone che ci si affidano.
    Un altro elemento fondamentale che richiamiamo in un’altra pubblicazione è: l’ambiente curato cura.
    Tutto ciò è stato ampiamente disatteso da una psichiatria che descriveva, isolava, separava, allontanava.
    Mi pare che l’aver descritto la fattoria terapeutica come una prospettiva che unisce tutti questi aspetti renda ragione del lavoro del Gruppo Redancia.

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  3. Condivido molto quello che scrive anche a partire dalla nostra esperienza; con l’associazione Solaris ODV da anni organizziamo delle attività e realizziamo dei progetti per aiutarci a relazionarci insieme alle piante e alla natura. L’ultimo progetto riguarda il censimento delle erbe spontanee dei parchi di Roma fatto insieme ai nostri pazienti e abbiamo pubblicato un libro dal titolo0 “Oltre i giardini. Incontri ravvicinati con malerbe vagabonde”.

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  4. Quasi contemporaneamente al citato Bateson, nel 1973 Konrad Lorenz dava alle stampe “L’altra faccia dello specchio”, dedicato alla filogenesi umana raffrontata a quella degli animali, naturalmente in ottica complessa che da un lato si rifà a quella evoluzionistica, dall’altro alla sistemica: per lui l’unione di sottosistemi dà origine a una nuova unità organica, come accade in quelle “folgorazione” (così la chiama) che è la nascita della mente umana. Importante stacco, non graduale. Ciò potrebbe indurre a enfatizzare le differenze uomo – animale, ma Lorenz si guarda da questo rischio, sottolineando che molti sottolineano eccessivamente e a torto le differenze fra l’uno e l’altro. L’apprendimento, fondamento delle culture umane, è proprio anche degli animali (le madri insegnano ai cuccioli come muoversi); la differenza è di grado ed entità, non qualitativa. Le comunicazioni fra primati preludono alla nascita del linguaggio e del pensiero concettuale.
    Si potrebbe dire che Lorenz dà un colpo al cerchio e uno alla botte; ma credo non possa far altro, in una materia così piena di risvolti.

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