Vaso di Pandora

“Una terapia di gruppo”: l’opinione di uno psichiatra

Il film Una terapia di gruppo, remake della commedia spagnola Toc Toc, affronta con troppa leggerezza i disturbi ossessivo-compulsivi (DOC), cadendo in una rappresentazione superficiale che rischia di banalizzare sia la complessità clinica di queste condizioni sia l’approccio terapeutico. 

Ogni sforzo atto a portare luce sulla sofferenza mentale è ben accetto ma una supervisione clinica più accurata avrebbe dato al film il quid necessario per renderlo davvero utile nella lotta allo stigma della salute mentale.

Un approccio poco deontologico

Uno degli elementi più discutibili del film è il modo in cui viene affrontata la pratica terapeutica. Ci troviamo nello studio di uno psicologo dove i pazienti hanno l’appuntamento allo stesso orario e, inconsapevoli, partecipano a una terapia di gruppo che non è guidata dal terapeuta ma da uno degli stessi pazienti, in un contesto goffo e improvvisato. 

Le associazioni per lo studio delle dinamiche di gruppo come la Acanto, molto probabilmente storceranno il naso nel cinematografo.

Questa scelta narrativa non solo distorce la complessa realtà clinica, ma solleva questioni etiche. La fiducia nel terapeuta è un pilastro fondamentale della pratica psicologica, e un inganno simile mina il rispetto verso la figura professionale, come esternano i personaggi stessi dopo averlo scoperto.

L’origine multifattoriale dei DOC

La pellicola, inoltre, semplifica eccessivamente la noxa dei disturbi ossessivo-compulsivi, attribuendoli quasi esclusivamente a eventi traumatici. Sebbene alcuni pazienti con DOC possano effettivamente avere un trauma alle spalle, l’eziologia è molto più criptica e coinvolge fattori biologici, genetici e ambientali. 

Questa visione semplicistica può contribuire a diffondere false convinzioni sulla natura del disturbo, allontanando dalle evidenze scientifiche che sottolineano l’importanza di un approccio integrato. [1]

Psicoterapia e psicoanalisi

Un altro aspetto discutibile è la sovrapposizione tra psicoterapia e psicoanalisi, fatte intendere come sinonimi, andando a escludere altri approcci. Anche dall’intervista agli attori il messaggio è confusivo e superficiale. 

Le linee guida internazionali [1] evidenziano che il trattamento più efficace per il DOC è l’approccio integrato tra la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), in particolare l’esposizione con prevenzione della risposta (ERP), e la farmacoterapia. La CBT si focalizza sull’interruzione dei cicli disfunzionali di pensiero e comportamento, riducendo l’impatto delle ossessioni-compulsioni nella vita del paziente. 

La farmacoterapia, rappresenta un ulteriore pilastro nel trattamento dei DOC. Tra i farmaci indicati, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono considerati la prima scelta terapeutica, seguiti dai Triciclici e in add-on neurolettici a basso dosaggio.

La FOMO: un punto di forza del film

Uno degli temi riusciti del film è la messa in scena della Fear of Missing Out (FOMO), una condizione che raramente trova spazio nelle narrazioni cinematografiche.

Attraverso il personaggio di Otto, interpretato da Leo Gassmann, il film riesce a trasmettere sia le sensazioni interne di chi ne soffre sia la percezione che gli altri hanno di questo disturbo. Otto, che sente la necessità di rispondere per primo alle richieste del “boss”, estraniandosi dall’ambiente, incarna perfettamente la tensione emotiva che deriva dal bisogno compulsivo di restare connessi, aggiornati e presenti nella vita degli altri. 

Questo comportamento, benché in apparenza banale o perfino irritante per chi gli sta intorno, riflette una sofferenza interiore difficile da gestire, della quale in moltissimi stanno soffrendo nella nostra iper-connessa globalizzazione.

Conclusioni

Nonostante le buone intenzioni di espansione al dialogo sui disturbi mentali e di rappresentazione dell’importanza della terapia, Una terapia di gruppo fallisce nel portare sullo schermo una riflessione autentica. Il tono comico, pur efficace nel coinvolgere il pubblico, svilisce il valore trasformativo della psicoterapia, riducendola a un pretesto narrativo. Inoltre, il mancato approfondimento dei disturbi mentali e delle dinamiche terapeutiche rischia di perpetuare stereotipi anziché abbatterli.

Riferimenti bibliografici:

  1. Del Casale A, Sorice S, Padovano A, Simmaco M, Ferracuti S, Lamis DA, Rapinesi C, Sani G, Girardi P, Kotzalidis GD, Pompili M. Psychopharmacological Treatment of Obsessive-Compulsive Disorder (OCD). Curr Neuropharmacol. 2019;17(8):710-736. doi: 10.2174/1570159X16666180813155017. PMID: 30101713; PMCID: PMC7059159.
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