Lo stress è una risposta psicofisica che coinvolge mente e corpo di fronte a una percepita minaccia, sfida o pressione ambientale. Sebbene spesso venga considerato un concetto negativo, in realtà rappresenta una reazione adattiva dell’organismo, necessaria alla sopravvivenza. Tuttavia, quando supera certi limiti, lo stress può diventare disfunzionale e cronicizzarsi, generando malessere, ansia e talvolta anche vere e proprie patologie psicosomatiche. Comprendere le fasi attraverso cui si sviluppa lo stress permette di riconoscerne i segnali, prevenirne gli effetti più dannosi e intervenire in modo più consapevole sulla propria salute mentale.
Il primo studioso a descrivere in modo sistematico gli stadi dello stress è stato Hans Selye, medico e endocrinologo, che nel 1936 definì il cosiddetto General Adaptation Syndrome (sindrome generale di adattamento). Secondo Selye, lo stress si articola in tre fasi principali: allarme, resistenza e esaurimento. Ogni fase rappresenta un diverso stato di attivazione psicofisica e comporta conseguenze specifiche sul funzionamento dell’organismo e sul benessere della persona.
Fasi dello stress, allarme: la risposta immediata al pericolo
Il primo stadio dello stress si manifesta non appena l’individuo percepisce un evento come minaccioso o eccessivamente impegnativo. Si attiva in questo momento la cosiddetta fase di allarme, una reazione rapida e automatica che coinvolge il sistema nervoso simpatico e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Si tratta della classica risposta “lotta o fuga”, una condizione in cui il corpo si prepara ad affrontare un pericolo imminente mobilitando tutte le sue risorse.
In questa fase si osservano numerosi cambiamenti fisiologici:
- Aumento del battito cardiaco, della frequenza respiratoria e della pressione sanguigna.
- Rilascio di ormoni come adrenalina e cortisolo, che favoriscono l’attenzione, l’energia e la prontezza di reazione.
Dal punto di vista psicologico, si può provare ansia, agitazione, senso di urgenza o anche una sorta di euforia da iperattivazione. In alcune situazioni, lo stress di allarme può essere motivante e migliorare la performance: è il caso, ad esempio, di un esame importante o di una gara. Tuttavia, se il fattore stressante persiste e non si risolve, si passa alla fase successiva.
Fasi dello stress, resistenza: adattarsi allo sforzo prolungato
Se lo stressor continua ad agire nel tempo e non è possibile eliminarlo o evitarlo, l’organismo entra nella fase di resistenza. In questa fase il corpo tenta di adattarsi al livello prolungato di attivazione, cercando di mantenere l’equilibrio interno (omeostasi) pur sotto pressione. È il momento in cui la persona continua a funzionare, ma a un costo crescente in termini di energie mentali e fisiche.
A livello fisiologico, il cortisolo rimane elevato, ma il corpo cerca di stabilizzare le sue funzioni per permettere all’individuo di “tenere duro”. Nonostante l’apparente adattamento, si verificano alcuni segnali che indicano uno stress cronico:
- Fatica mentale, irritabilità, difficoltà di concentrazione, alterazioni del sonno.
- Indebolimento del sistema immunitario, tensioni muscolari, disturbi gastrointestinali o dermatologici.
Dal punto di vista psicologico, si può avere la sensazione di dover affrontare ogni giornata come una sfida faticosa, con calo della motivazione e difficoltà nella gestione delle emozioni. Spesso in questa fase si assiste a una perdita di lucidità: le decisioni diventano meno razionali, i pensieri più rigidi o ripetitivi, le relazioni interpersonali più tese. Se non si attuano strategie efficaci di coping o non si riesce a interrompere la fonte di stress, il rischio è quello di arrivare all’ultima fase.
Fasi dello stress, esaurimento: quando lo stress diventa malattia
La fase di esaurimento è lo stadio finale, quello in cui le risorse psicofisiche dell’individuo sono ormai consumate e l’organismo non riesce più a sostenere lo sforzo. Il sistema nervoso e quello endocrino non riescono più a regolare efficacemente la risposta allo stress, e questo provoca un collasso progressivo del funzionamento globale della persona.
In questa fase compaiono sintomi più marcati e spesso invalidanti:
- Esaurimento fisico, cali di energia, frequente malattia o infezioni.
- Ansia, depressione, apatia, sentimenti di impotenza o disperazione.
La persona può sperimentare un senso di vuoto interiore, una mancanza di scopo, e un crollo della fiducia nelle proprie capacità. Il burnout, spesso osservato nei contesti lavorativi ad alta pressione, è un esempio emblematico di questa fase: una sindrome che unisce esaurimento emotivo, disimpegno e ridotta realizzazione personale. In alcuni casi, la fase di esaurimento può predisporre allo sviluppo di disturbi psicologici veri e propri, come disturbi d’ansia, somatizzazioni, disturbi dell’umore.
Segnali da riconoscere lungo il percorso
Sebbene il modello a tre stadi offra una visione lineare dello stress, nella realtà le persone possono passare da una fase all’altra in modo non sempre prevedibile, e alcune possono alternare momenti di resistenza a nuove fasi di allarme, in un ciclo continuo. Per questo motivo è importante riconoscere precocemente i segnali di uno stress disfunzionale, per poter intervenire prima che si cronicizzi.
I segnali da tenere sotto osservazione possono essere:
- Irritabilità costante, affaticamento inspiegabile, perdita di interesse per le attività quotidiane.
- Sintomi fisici ricorrenti (mal di testa, dolori muscolari, problemi digestivi), insonnia o sonno non ristoratore.
L’autoascolto e la consapevolezza corporea giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione. Spesso, infatti, il corpo invia segnali prima ancora che la mente riconosca di essere sotto pressione. Un malessere persistente, che non si risolve con il riposo o che si ripresenta ciclicamente, può indicare che si è entrati in una fase di stress cronico.
Come intervenire sullo stress: dalla gestione alla prevenzione
Intervenire sullo stress non significa eliminarlo del tutto, ma imparare a gestirlo e, quando possibile, prevenirlo. L’obiettivo non è vivere in assenza di pressioni, ma sviluppare una maggiore resilienza, cioè la capacità di adattarsi positivamente agli eventi critici. Ogni persona può trovare strategie diverse, ma alcuni approcci si sono dimostrati efficaci su larga scala:
- Tecniche di rilassamento (mindfulness, respirazione, training autogeno), attività fisica regolare, sonno adeguato.
- Ristrutturazione cognitiva, gestione del tempo, supporto sociale, psicoterapia focalizzata sulla regolazione emotiva.
È importante anche imparare a distinguere tra gli stressor modificabili (su cui si può agire) e quelli inevitabili (su cui si può lavorare per cambiare la propria risposta emotiva). Accettare i propri limiti, costruire una routine più equilibrata e chiedere aiuto nei momenti di difficoltà non sono segni di debolezza, ma atti di cura verso se stessi.
Conclusione
Conoscere gli stadi dello stress significa fare un passo verso la consapevolezza di come il nostro corpo e la nostra mente rispondono alle sollecitazioni dell’ambiente. Dalla fase di allarme fino a quella di esaurimento, il percorso dello stress ci mostra quanto sia importante non ignorare i segnali che emergono. Riconoscerli in tempo può fare la differenza tra un disagio passeggero e una condizione cronica. In un mondo in cui la pressione psicologica è sempre più diffusa, sviluppare una cultura della prevenzione e del benessere psichico è diventata una priorità tanto personale quanto collettiva.



