Relazione
Il 12 Maggio scorso si è tenuto a Genova presso l’Ospedale Galliera l’incontro “Neurologia e Psichiatria a confronto”; tema attuale in un momento in cui le due discipline – un tempo unite, con la psichiatria in posizione ancillare, e poi per qualche decennio quasi ignorantisi reciprocamente – cercano un incontro sollecitato dai progressi della ricerca biochimica e del neuroimaging.
G. Mancardi, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze di Genova, dopo un sommario excursus storico ha evidenziato la valenza delle neuroscienze anche nel campo della relazionalità sociale, espressa in topiche quali le ricerche sull’empatia e la teoria della mente. Ha salutato con favore la prospettiva di un organico inserimento della Psichiatria nell’ambito delle Neuroscienze.
M. Amore, Direttore della Clinica Psichiatrica di Genova, ha offerto un ricco panorama di correlazioni degli eventi e stati mentali con dati anatomici e biochimici: alterazioni della sostanza grigia frontale nella schizofrenia, ruolo dell’infiammazione, segni di atrofia dell’ippocampo – correggibile con le terapie – negli stati depressivi, le alterazioni del cingolo nel disturbo bipolare, il ruolo del metabolismo del glutamato nello stress, quello dell’amigdala nei comportamenti aggressivi in cui la corteccia prefrontale invece esercita una azione inibitoria. Ha però sottolineato l’esigenza che la psichiatria biologica non si contrapponga e tanto meno tenda a soppiantare le scienze dello spirito, in primo luogo fenomenologia e psicanalisi.
A. Cataldi, Direttore della Neuroradiologia diagnostica dell’Ospedale Galliera, ha ricordato come nelle demenze, in primo luogo l’Alzheimer, esami come la RM e la PET consentano correlazioni fra la morfologia e i dati metabolico – funzionali. G. Piccardo, Dirigente della Medicina nucleare, ha proseguito il discorso riferendosi, oltre che alle demenze, anche ai disturbi dei movimenti come il Parkinson.
L. Ghio, Direttore Salute Mentale Distretto 11-SPDC, ha trattato della psicopatologia degli anziani, epidemiologicamente importante ma sottorappresentata nei trials clinici, e degli specifici problemi che pone: difficoltà diagnostiche, legate anche alla frequente pluripatologia, necessità di una integrazione interdisciplinare, limitato effetto degli antidepressivi, azione della psicoterapia.
M. Del Sette, Direttore Dipartimento Medicina Ospedale Galliera, ha trattato un tema collegato: la frequenza delle demenze vascolari e degli stati predemenziali caratterizzati da fragilità cognitiva, compensati da quel fattore di resilienza che è la cosiddetta “riserva cognitiva”. C. Prete, Dirigente Medico Geriatria, ha proseguito il discorso sulla valutazione di tale fragilità, con strumenti quali il Frailty Index o il CGA (Comprehensive Geriatric Assessment).
M. Vaggi ha trattato dei disturbi dell’umore nei pazienti con comorbidità somatica, fornendo una importante documentazione epidemiologica sulla frequenza – da più parti segnalata come crescente – di questi disturbi, sulla importanza della ricaduta sociale, sulle sfide terapeutiche che pongono. Ha definito il termine “depressione” come indicativo di un costrutto verosimilmente includente componenti complesse, tutte ancora da chiarire; ma la necessità di impiegarlo, al momento, in un approccio euristico.
Ancora più eterogenee, verosimilmente, la patologie di cui ci ha parlato C. Serrati, Direttore Dipartimento neuroscienze dei S. Martino: quelle cosiddette funzionali, rientranti nella vecchia isteria e ora definite nel DSM V come “Somatic symptom and related disorders”. Ha segnalato la grande frequenza del disturbo – 50% delle richieste di aiuto medico, 6% della popolazione generale – e i delicati problemi di diagnosi differenziale che esso pone.
G. Antonucci, Direttore Degenza Area Critica, ha parlato del Delirium , la vecchia amenza: idiopatico oppure complicazione di varie affezioni somatiche acute.
V. Pollero, Neuropsicologo, ha trattato della attività propria di tale propria professionalità; tema ripreso da L. Bandelloni, Psicologo, con riferimento specifico al paziente oncologico.
Una riflessione personale: il riavvicinamento di Psichiatria e Neurologia sotto il cappello delle Neuroscienze va, penso, accolto con favore perché offre una visione complessa e articolata, adeguata alla complessità del problema che è il rapporto mente – corpo, nella malattia e nella salute; ma non deve sfociare in una nuova subordinazione della prima al secondo. Credo e spero sia acquisito che persista una distinzione fra corpo e mente, seppure non di ordine ontologico ma epistemologico.
Non si tratta né può trattarsi di “res” distinte, come le definiva Cartesio, poiché l’una non è immaginabile senza l’altro, almeno in una visione scientifica e laica; è però vero che, pur facce di una stessa realtà, sono tuttavia diverse l’una dall’altra e soprattutto richiedono chiavi di lettura diverse, come ha ricordato lo stesso Amore rivendicando l’immutata validità delle scienze dello spirito. Spero e credo sia superato il rischio del riduzionismo, nel suo duplice aspetto: il ritenere il dato mentale “vero” e possibile oggetto di studio soltanto in quanto traducibile in un corrispettivo somatico indagabile e verificabile come tale; e il pensare che esso si possa affidabilmente cogliere soltanto con metodiche – esempio lampante quello delle rating scales – che inseguano la verificabilità quantitativa propria delle scienze naturali.
Tanto meno, poi, si potrà tornare a una forma di organicismo vecchio stile, che in attesa dei futuribili progressi della ricerca biologica giustificava la disattenzione alla dimensione psicologico – relazionale. Fra l’altro, oggi questi progressi sono certamente in atto, ma ancora privi di significative ricadute sulla prassi terapeutica: anche la pur importantissima farmacoterapia ha ad oggi una base in larga parte empirica.