Vaso di Pandora

L’adolescenza e i suoi codici di lettura

Recensione al Convegno dell’8 luglio 2016

Si è svolto a Finale il giorno 8 Luglio 2016, nella prestigiosa cornice dei Chiostri di S. Caterina di Finalborgo, il Convegno “L’adolescenza e i suoi codici di lettura” organizzato dal Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze della ASL 2 Savonese.
Già l’intestazione del Convegno indicava l’intenzione che lo ispirava, volta al “capire” una realtà complessa e piena di contraddizioni.

Nella sua introduzione Vittorio Valenti ha delineato la cornice generale dell’incontro, ispirato anche alla decisione di impegnare il DSMD di Savona nella cura degli adolescenti fin dai 14 anni, con significativi risultati. Intanto i CSM territoriali hanno affrontato una utenza con caratteristiche completamente nuove: questo ha avuto un effetto sulle modalità di accoglienza, presa in carico e relazione di cura. Inoltre gli operatori hanno dovuto impegnarsi in un reale lavoro di rete con le altre agenzie coinvolte: consultori, neuropsichiatria infanzia – adolescenza, servizi sociali dei Comuni, Tribunale dei Minori. Tuttavia l’aspetto più interessante riguarda la nuova sintomatologia degli adolescenti, il meccanismo angoscia – difesa spesso associata ad agiti che sostituisce il binomio rimozione – ritorno del rimosso e la funzione simbolica del sintomo.

Una clinica del vuoto che costringe a ripensare gli strumenti di cura sia dal punto di vista psicoterapeutico che da quello farmacologico.

Caterina Vecchiato ci ha offerto una relazione volutamente non organica ma proprio perciò stimolante perché ricca di spunti, ognuno dei quali avrebbe potuto introdurre un tema a sé: la centralità del corpo e del desiderio quale indicata da tanti Autori fra i quali la Relatrice ha indicato specificamente Bruno Callieri; la duplice accezione del termine “crisi”, che tanto si attaglia al tema della giornata; i rapporti fra identità personale e background sociale come trattato da Richard Sennett.

Non sono mancati spunti di collegamento con le Neuroscienze, come la neuroestetica di Zeki, la visione di Damasio sui collegamenti fra mente e sistema nervoso, i rapporti fra la resilienza e i suoi correlati neurali, l’accenno al pensiero di Eric Kandel, Nobel per gli studi sulle basi neurofisiologiche dell’apprendimento ma capace di opere come “L’età dell’inconscio” sulla grande avventura di pensiero della Vienna del primo novecento. Infine, la Relatrice ha approfondito il discorso sul lavoro multidimensionale svolto nel Dipartimento, dove la fondamentale presa in carico emotivo – relazionale è integrata dalla attivazione di tecniche specifiche farmacologiche e no, come la mindfullness o la psicanalisi multifamiliare.

Giovanni Biggio ha offerto una densa relazione sul background offerto dalle neuroscienze, sapendo unire il rigore tecnico-scientifico a una importante carica umana. Ci ha parlato delle “spine” dendritiche, indicatore visibile della attività neuronale; della elasticità non solo funzionale ma anche morfologica del cervello; di come il gene, in sé statico, possa esprimersi più o meno, ciò che ne condiziona le concrete manifestazioni; di come l’epigenetica ci mostri cambiamenti persistenti ed ereditabili nella informazione del genoma, senza cambiamenti nelle sequenze del DNA, e come possa contribuire a spiegare l’effetto persistente dell’amore materno. Sempre in questo tema, ha mostrato come lo stress materno o il parto cesareo mettano a rischio lo sviluppo cerebrale del figlio. E quindi, entrando specificamente nelle problematiche adolescenziali, ha delineato il rapporto della ricerca, a volte avventata, di emozioni forti e anche di dipendenze con lo sviluppo del lobo limbico e del nucleo accumbens, e con il relativo iposviluppo della corteccia frontale. Per la correzione nel tempo di questa sorta di squilibrio, fondamentale la qualità del rapporto con i genitori. Lo stress indebolisce le reti neurali prefrontali, come mostrano i dati relativi alle adozioni tardive e ai soggiorni prolungati in orfanotrofi. I dati neurobiologici confermano pure le conseguenze negative nelle vittime di bullismo, negli eccessi di uso di computer o Ipad con perdita di sonno, nella dipendenza da Internet, nella malnutrizione legata alla povertà, nell’abuso di sostanze.

Credo che tutto ciò – espresso dal Relatore con forte ma contenuta passione – non ci conduca, almeno al momento, a un nuovo e diverso approccio operativo a questi problemi, ma certo dia alle pratiche terapeutiche ed educative una ulteriore base difficilmente contestabile, e quindi abbia un grosso valore anche di pedagogia sociale. Si può inoltre sperare che, con l’ulteriore progresso delle conoscenze, finisca con l’offrirci un razionale delle terapie psicofarmacologiche più soddisfacente di quello oggi disponibile.

Laura Turani è intervenuta in rappresentanza di Pietropolli Charmet, impossibilitato a intervenire. Ha inquadrato i problemi adolescenziali nel profondo cambiamento culturale, macro – e microsociologico in atto: la sostituzione del modello edipico – superegoico Freudiano con il modello narcisistico. Esso ha apparentemente liberato i ragazzi dalla soggezione ai genitori e dalla paura del castigo – castrazione: ma vi ha sostituito l’“obbligo” non meno impegnativo di un ideale dell’Io difficilmente raggiungibile, che chiede di essere bravo in tutto: negli studi, negli sport, nel sesso, nel socializzare… Tante le competenze richieste, forte la paura di deludere. Da qui il rischio della vergogna, più insidiosa della colpa perché non riguarda i nostri atti, sempre rinnegabili o espiabili, ma il Sè, il come è fatto: e se fosse fatto male? Anche neIla sua dimensione corporea? Ci si può rifugiare regressivamente nelle relazioni online, o addirittura nel ritiro sociale.
Connesso il rapporto con le richieste dei genitori: se le pongono non come dovere sanzionabile ma in nome dell’amore reciproco, il non soddisfarle può far sentire non trasgressori ma indegni. Diventa, sotto certi aspetti, più difficile il cammino della autonomia, mancando quel passaggio che è la ribellione. Importante la risposta dei genitori: a questa prospettata “seconda nascita” la madre può reagire con rinnovate e ormai inadeguate offerte di protezione, il padre con ormai impensata e impropria assunzione di un ruolo direttivo e censorio.
Gli interventi di cura devono essere multidimensionali e articolati: in estrema sintesi, possono distinguersi in psicoterapici sull’adolescente e di sostegno al ruolo sui genitori, la cui collaborazione va comunque richiesta e valorizzata.

La sezione pomeridiana è stata moderata da Pier Fabrizio Cerro che ha inquadrato il problema mostrando come filo conduttore di questa patologie l’attacco al corpo e le difficoltà di separazione: ha invitato i terapeuti a resistere alla inevitabile frustrazione consecutiva alla frequente incapacità del ragazzo di mentalizzare, cercando comunque di aprire spazi di pensabilità.

Cinzia Parodi insieme alla Dietista Martina Gozza ha esposto un caso di anoressia giunta al limite del rischio di morte, in cui l’attacco al corpo si evidenziava in modo ancor più inequivoco con scarificazioni, e la negazione dei bisogni affettivi vissuti come impropriamente infantili si manifestava con espressioni come “devo esser grande”. Il caso, avviato a positiva evoluzione, è un esempio di collaborazione fra due aree del DSM (Salute Mentale e CDAA) nonché di integrazione fra interventi diversi, soprattutto psicoterapici e di gestione terapeutica della alimentazione.

Donatella Pecoraro ha proposto un caso clinico che mette in risalto l’utilizzo della sessualità in epoca adolescenziale per vicariare problematiche identitarie non risolte. Nella fattispecie una giovane ragazza ecuadoregna con una storia infantile di separazioni, violenze e idealizzazioni, concepisce l’idea della gravidanza come risposta non sufficientemente mentalizzata alle esigenze dell’Ideale dell’Io. La risposta di rete alla sua richiesta di aiuto, peraltro pervenuta in regime di urgenza, tenterà di coniugare un percorso di crescita e maturazione con i contenuti da lei stessa proposti

Infine, Sonia Pepe ha esposto il caso di un ragazzo in condizioni particolarmente gravi, in cui condotte tipiche dell’area dell’anoressia si associavano e si alternavano ad aspetti di sapore psicotico. Ciò, che ha richiesto interventi molteplici e mutevoli nel tempo ma coerenti, può stimolare una riflessione sui rapporti e collegamenti fra queste varie condizioni morbose, e ha avviato la discussione conclusiva su modalità e problemi della collaborazione integrata fra i vari settori del DSM chiamati a occuparsi del caso, mantenendo un filo narrativo nei diversi luoghi di cura: aspetto collegato al discorso di Fabrizio Cerro.

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