Fig.1 Cristoforo
Con questo dipinto, la paziente rappresenta la leggenda di Cristoforo, un uomo di grande statura capace portare in spalla i viandanti da una sponda all’altra del fiume senza dover ricorrere ad una barca. Un giorno Cristoforo incontrò un bambino che chiese di essere portato dall’altra parte del fiume. Durante la traversata Cristoforo si accorse che il peso del bimbo aumentava sempre di più, diventando quasi insopportabile. Fu solo dopo aver raggiunto l’altra sponda che il bambino svelò la sua vera identità, e Cristoforo comprese di aver portato sulle spalle Cristo e quindi il peso dell’intero dolore del mondo.
Nel quadro Miriam interpreta in modo personale la leggenda e Cristoforo manifesta il soggetto transizionale. Per metà è marrone e per metà giallo, colori simbolici che avevamo visto nel quadro dell’incontro tra la paziente (dipinta in marrone) e l’Angelo (dipinto in giallo).
Cristoforo porta sulle sue spalle da un lato il piccolo Cristo e dall’altro un piccolo demone che rappresentano parti scisse del sé della paziente. La paziente si sente divisa tra il bene e il male, e Cristoforo funge da figura di transizione, che unisce queste parti scisse. Il dipinto raffigura il confronto della paziente con le forze contrastanti del bene e del male, e la possibilità di integrare tali polarità nella relazione con il terapeuta.
In quest’opera Cristoforo cammina nell’inferno della psicosi tenendo sulla spalla un bambino che ha sia un volto divino (rappresentato da un’aureola) che demoniaco (con corna e un colore bianco cadaverico, simbolo della non esistenza). La paziente sperimenta la sua identità infantile scissa tra bene e male, ma questa scissione è contenuta all’interno di un unico corpo. Cristoforo porta in spalla il sé infantile scisso della paziente ed ha una natura transizionale in quanto incorpora sia parti del terapeuta (rappresentate dall’aura di luce e dalle lacrime di sangue, simboli della condivisione del dolore) sia parti della paziente (rappresentate dalle corna demoniache e dal colore bianco cadaverico).
In questo modo, Cristoforo ha assunto sulla sua figura la divisione tra bene e male che affligge la paziente. L’origine del soggetto transizionale deriva da un processo di reciproca identificazione, in cui il terapeuta assume parti della paziente e la paziente assume parti del terapeuta.
Quando Benedetti coniò alla fine degli anni ‘80 il termine “soggetto transizionale” i neuroni specchio non erano ancora stati scoperti ma oggi possiamo ipotizzare che le basi neurali del soggetto transizionale poggino sul sistema dei neuroni specchio che genera negli incontri intersoggettivi un reciproco rispecchiamento delle altrui azioni, percezioni, intenzioni ed emozioni.
Nella metà degli anni ‘90, Ogden introdusse il termine di “terzo analitico intersoggettivo”. Il terzo analitico è diventato uno dei concetti più citati nella psicoanalisi contemporanea ma è perfettamente sovrapponibile al concetto, precedentemente descritto da Benedetti, con il nome di soggetto transizionale.
I soggetti transizionali rappresentati nelle opere di Miriam hanno un’importanza storica, poiché si manifestano dieci anni prima che Benedetti, li riconoscesse e li nominasse.
Questo è in linea con la natura del soggetto transizionale (o del terzo analitico), che sia Benedetti che Ogden, descrivono come dotato di autonomia psichica dal paziente e dal terapeuta da cui origina.