Commento alla notizia del 28 Marzo 2016
IL PERDONO E’ TERAPEUTICO E S’IMPARA IN OSPEDALE
In merito a quanto promosso dal Fatebenefratelli di Brescia in data 17 Aprile 2016 vorrei proporre alcune considerazioni.
Le esperienze più significative sono, forse, quelle emotive. È pensiero di molti ritenere che le emozioni siano essenziali al comportamento: i sentimenti dominano il modo di agire verso se stessi e verso gli altri. Le principali decisioni della vita si basano sui sentimenti d’amore; i crimini sono la conseguenza dell’odio è chiaro che meritano importanza.
Secondo l’approccio biologico le emozioni sono universali da qui il tentativo di categorizzarle e analizzarle. La felicità, la paura, la tristezza, l’amore, la rabbia fa in qualche modo parte del nostro patrimonio di conoscenza e siamo biologicamente predisposte ad esprimerle, tanto che è possibile parlare dell’esistenza di una base genetica delle emozioni.
Ma le emozioni vanno oltre! Ciò che sentiamo è in gran parte determinato dalla situazione sociale. Per quel che riguarda la qualità delle nostre emozioni, sarebbe l’influenza sociale a essere essenziale, al punto che si ritiene che le emozioni siano soprattutto forme di azioni sociali.
Gli esseri umani poi, attraverso il linguaggio, diventano osservatori del proprio provare emozioni: il pensare il raccontarsi una storia sull’emozione provata, fa riferimento alle diverse esperienze di vita e ai differenti contesti.
L’emozione acquista senso e forma unica di storia attraverso il linguaggio nel processo del provare sentimenti. Se emozione, cognizione e azione sono, interconnesse e compresenti, allora le emozioni non possono che essere provate: non si possono né prescrivere, né controllare, né proibire. Le emozioni nascono, prendono forma e si negoziano nella relazione: sono indicatori del modo in cui ciascuno di noi partecipa alla costruzione della relazione. Siccome ogni relazione è in parte unica e si svolge nel momento presente in un certo contesto, non è possibile stabilire a priori la qualità positiva o negativa di un’emozione nei termini di un intrinseco potere evolutivo o bloccante.
Dove nasce l’esigenza di dividere le emozioni e prenderne in considerazione solo alcune? Siamo forse vittime oltre che della crisi anche del tempo? La nostra continua mancanza di tempo porta a pensare all’importanza della coordinazione fra i diversi tempi: individuali, collettivi, sociali e culturali. Un’assenza di coordinazione può generare problemi, conflitti, sofferenze e patologie. Quindi oggi più che mai la nostra fame di soluzioni ai problemi ci impone dei tempi sempre più stretti che poco si allineano… con i tempi della cura e del prendersi cura.
Cresce sempre di più il bisogno di promuovere benessere.
Il benessere è una condizione esistenziale che tutti possiamo raggiungere persino alla presenza di una malattia; infatti, oggigiorno si può tranquillamente affermare che il concetto stesso di benessere abbia assunto una connotazione differente rispetto a una concezione precedente. Dall’etimologia della parola che deriva dalla combinazione del “bene” “essere” da cui appare evidente la contrapposizione a un “male” “essere”e alla dicotomia bene/male, da cui ci si è discostati al punto di non fare più coincidere il bene con uno stato di salute là dove s’intende e si percepisce il male come uno stato di malattia ma un concetto che abbraccia sempre di più la dimensione relazionale e sociale. Da qui è possibile asserire che la consapevolezza della distinzione tra salute e benessere sta diventando patrimonio del senso comune al punto che si sta sviluppando una cultura del benessere e una sua promozione facendo sì che tutto ciò che favorisce benessere : cura del corpo, cura della mente,cura dell’ alimentazione , cura del tempo libero, cura del tempo del lavoro, possa diventare in qualche modo terapeutico.
Nasce così l’idea che tutto ciò che in qualche modo favorisce il mio benessere è terapia.
Come si è arrivati a tutto ciò? Anche questo è colpa della “crisi”’?
Sicuramente l’evolversi della medicina porta con sé le numerose e straordinarie scoperte, ma da disciplina della guarigione si sta trasformando sempre più in un labirinto del terrore. Siamo spaventati dai tempi di attesa, dai rischi di una organizzazione rigida e dalla perdita di fiducia nelle capacità di chi dovrebbe prendersi cura di noi. Nasce sempre più forte la necessità di trovare altre soluzioni possibili. Sul piano della psicopatologia si è psichiatrizzata l’infanzia, l’adolescenza, la vita familiare, quella di coppia e molto altro. A ogni difficoltà che s’incontra sul proprio cammino, si può assegnare un nome clinico e di conseguenza un’ipotesi o più ipotesi di terapie.