L’articolo di Concita De Gregorio pubblicato da La Repubblica è un’istantanea della situazione attuale: ChatGpt ci semplifica la vita e, quindi, ci aiuta a vivere oppure ci rende dipendenti da lei, cioè si trasforma in un consigliere di cui non si può più fare a meno?
Da un certo periodo di tempo viviamo con l‘impressione che il Grande Fratello sappia tutto di noi e che, alla fine, ci controlli e ci manipoli, sulla base delle informazioni su di noi, che noi forniamo a lui e che lui progressivamente incamera.
Le considerazioni di Concita De Gregorio
Ora, però, come Concita De Gregorio illustra con dovizie di particolari, questo ruolo viene svolto sistematicamente non più con riferimento a possibili acquisti ma alle decisioni quotidiane che attendono alla vita. Non si tratta più di indirizzarci verso l’acquisto di un prodotto piuttosto che verso la presa in considerazione di un altro: stiamo parlando di offrirci un suggerimento su come comportarci in relazione alle domande che ci vengono rivolte e, quindi, all’appropriatezza o meno delle emozioni che proviamo, da cui dipendono in genere le nostre risposte.
A me, che dei giovani si rivolgano sistematicamente a ChatGpt per sapere che cosa fare nelle situazioni più disparate e si affidino alle sue indicazioni per fornire le risposte che gli altri si attendono da loro, mi atterrisce.
Le mie conclusioni
Ho passato la vita a cercare l’origine delle malattie mentali e a fare di tutto per contrastarne l’apparentemente inesorabile incedere. Dopo oltre cinquanta anni di ricerca, in cui mi sono occupato principalmente di psichiatria, psicoterapia relazionale sistemica e psicoanalisi, sono giunto alla conclusione che le malattie non sorgono dentro le persone ma nelle relazioni che intercorrono tra le persone. In particolare delle relazioni che intercorrono tra un genitore e un figlio che, purtroppo, invece che risultare funzionali allo sviluppo del grande (un genitore) e del piccolo (un figlio), finiscono per bloccarne la rispettiva maturazione, fino a renderli una coppia indivisibile per l’incapacità di entrambi di affrontare la separazione l’uno dall’altro.
La modalità prevalente che si instaura tra queste due persone consiste nel fatto che uno dei due si configura come debole e non in grado di occuparsi di sé (il figlio) e l’altro ( il genitore), con il fine di aiutarlo, si sostituisce a lui. È più il primo si sostituisce al secondo, più quest’ultimo diviene incapace di riconoscere le sue emozioni, tra cui primariamente il dolore, come dice Cognetti e ci ricorda la De Gregorio, più si impigrisce e finisce per non vivere la vita ma un suo simulacro. Di cui, però’, l’altro ha bisogno di occuparsi per seguitare a vivere.
Per questo, smettere di occuparsi di sé e affidarsi alle indicazioni che può fornire ChatGpt mi atterrisce.