Vaso di Pandora

Il lavoro e le donne oggi

  • Quanti libri, madre! Lei li ha letti tutti?
  • Ma che dici, pazzerella! Io ho studiato sì, qualcosa la so, ma non sono una dotta. Solo i dottori della Chiesa hanno tutto il sapere del mondo nelle mani.
  • Diventerò anch’io una dotta!
  • Pazzerella che sei! E a che ti servirebbe se sei donna? La donna non può arrivare mai alla sapienza dell’uomo.
  • E allora santa Teresa?
  • Ma santa Teresa, come ti dice quel santa, era un’eletta di Dio, pazzerella che sei! Attenta a non cadere in peccato di presunzione. Mi fa piacere vedere quanto ti piace studiare e certo devo ammettere che hai una memoria e una volontà fuori dal comune. Ma attenta, perché l’intelligenza può fare cadere nelle trame nere del peccato. Prega e ricama, oltre che studiare! Ricama e prega. Il ricamo abitua all’umiltà e all’ubbidienza che sono le sole armi sicure contro il peccato. […..]. Ho paura della tua intelligenza…sei donna…sei donna…

Così scriveva Goliarda Sapienza, in quel suo libro incredibile che è L’Arte della Gioia. Siamo nei primi del ‘900, in un convento, in Sicilia, e il dialogo avviene all’inizio del romanzo, tra la protagonista, Modesta, personaggio memorabile, e madre Leonora. Non mi soffermerò sul romanzo, sulla protagonista o sulla vita dell’autrice, vi chiedo di leggere questo scambio, e di rileggerlo e leggerlo ancora domandandovi, ma a che punto siamo?

Mi è stato chiesto di scrivere sulla situazione lavorativa delle donne, oggi.

Le donne che cercano lavoro

“Mi hanno domandato se ho figli, quando ho detto di no, mi hanno chiesto se ho intenzione di farne”, così mi ha raccontato qualche giorno fa, Sabrina, del colloquio di lavoro che aveva appena sostenuto. Erano in due a farle le domande. Un uomo e una donna.

E c’è un’amica, Marcella, laureata, con un figlio di 5 anni che per il lavoro del marito si è trasferita in un’altra regione, al mare, lontana dalla sua famiglia di origine; Marcella che vorrebbe lavorare, ma le vengono offerti soltanto occupazioni stagionali che significa lavorare 12 ore al giorno, sette giorni su sette. Che significa, non vedere più mio figlio e, soprattutto, a chi lo lascio se mio marito che lavora in un grande albergo spesso non torna nemmeno a dormire perché fa le notti?

E poi c’è Eleonora, che lavora molto, ed è felice di farlo. Che accompagna la figlia al nido e ha la fortuna di avere dei nonni che si occupano della sua bambina quando lei ed il marito fanno tardi, spesso, o quando deve mettere degli appuntamenti a fine giornata perché, in certe professioni, lavori quando gli altri hanno smesso di farlo, alle h 18, alle h 19 o anche alle h20. Eleonora, che riceve dei video della figlia che fa il primo passo, che dice la prima parola, che per la prima volta fa la pipì nel vasino. Ma senza di lei, che è al lavoro. E allora, Eleonora scrive a me, che si sente in colpa, perché le piace lavorare. Ma che quando è lontana da casa vorrebbe avere la figlia vicina.

Essere mamma e libera professionista

Stefania, libera professionista, ricorda: da piccola, e per tutti gli anni della scuola, alle h 19.30 con i miei fratelli, ci ritrovavamo tutti a tavola. Insieme. Mio padre a capotavola e mamma dalla parte opposta, vicino ai fornelli, perché tra una cosa da cucinare e l’altra da portare a tavola, non si sedeva mai. Eravamo tutti insieme. A condividere pensieri e emozioni della giornata.

E anche se non avevo niente da dire, o non volevo condividerlo, sapevo che attorno a quella tavola avrei trovato la mia famiglia e loro mi avrebbero vista. Oggi alle h 19.30 spesso sono ancora in studio, c’è mio marito a casa, con mio figlio Davide di 3 anni che quando arrivo mi chiede di essere portato a letto, a fare la nanna, perché è stanco. Ogni sera alle h 19.30, quando sono lontana da casa, mi si stringe lo stomaco perché penso che vorrei essere a tavola, con la mia famiglia.  

Qualche dato che riguarda l’occupazione femminile.

Le donne che lavorano oggi sono 9,5 milioni contro i 13 milioni di uomini. Uno scarto di genere frutto non di scelte libere e legittime, ma dovuto a un contesto e a un percepito sociale delle donne ancora discriminate.

I posti di lavoro per gli uomini crescono il doppio rispetto alle donne e l’Italia resta il fanalino di coda della UE per il più basso tasso di occupazione delle donne, sottopagate e con impieghi, spesso precari, in settori non strategici. 

Gli ultimi dati nazionali disponibili del 2022 dicono anche altro. Le dimissioni generali nel 2022 in Italia sono cresciute a 61.391 con un aumento del 17,1% rispetto al 2021, di queste quasi il 73% riguarda donne che denunciano difficoltà a gestire vita privata e impiego. A lasciare sono per lo più donne con figli (1 su 5 è neomamma), il 63% di loro rinuncia al lavoro perché non trova equilibrio tra cura dei figli e professione, contro il 7,1% dei papà che si dimettono principalmente per cambiare azienda e avanzare di carriera. Sono quasi 45.000 le donne che hanno lasciato il lavoro dopo la maternità con un incremento del 19%rispetto all’anno precedente a causa della mancanza di servizi di supporto territoriali per la prima infanzia.

La situazione delle neomamme si accompagna a numerose altre difficoltà che vivono le donne in contesti lavorativi: discriminazione e mobbing restano, infatti, i problemi più diffusi che alimentano il divario di genere esistente.

Il lavoro e le donne oggi

I sensi di colpa delle donne al lavoro

L’ascolto di donne e ragazze giovani descrive scenari a carico delle lavoratrici che portano con sé senso di colpa, perdita di indipendenza, percezioni di inadeguatezza, attacchi di panico, stati d’ansia che esitano anche in condizioni depressive. Molte sono le donne che, dopo la maternità e non solo, hanno il timore di essere demansionate, ricollocate, si sentono discriminate; che chiedono pari diritti e pari salari dei colleghi maschi. C’è anche chi solo perché è donna è stata scartata in favore di un uomo.

Tante sono estenuate dalla gestione del carico lavorativo e delle mansioni di cura extra lavorativa ancora vista come responsabilità femminile e c’è anche chi, per il timore di perdere il lavoro o di non riuscire a conciliare tutti gli impegni, vive con molta sofferenza il desiderio di diventare mamma. E ancora, nel 2024, in Italia, il solo fatto di essere donna fa ancora da deterrente per le assunzioni.

Abbiamo ancora tanta strada da fare, lo direi a Modesta, se potesse sentirmi, per rendere le donne libere nelle proprie scelte di vita e nella loro realizzazione personale; per evitare che si percepiscano sopraffatte, in una società che eredita, ancora, stereotipi paternalistici.  

NB: mi sono svegliata presto per scrivere questo articolo, prima di ripartire con i soliti ritmi forsennati della settimana. E puntuale mi ha scritto Romina, una collega, amica, che la mattina condivide con me la sveglia all’alba: e così insieme svuotiamo la lavastoviglie, carichiamo e programmiamo la lavatrice, stiriamo quello che serve per la giornata, prepariamo le colazioni, il pranzo da lasciare ai figli che tornano da scuola, e perché no, pensiamo anche già alla cena, perché anche oggi faremo tardi. Sempre che fili tutto liscio e nessuno si alzi con qualche linea di febbre…

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