Vaso di Pandora

Dedalus: il disagio adolescenziale in un excursus letterario

Tema di sempre, ma ora particolarmente attuale, il disagio adolescenziale che non raramente si traduce in acting. È il tema trattato da Annalisa Cuzzocrea che commentando un romanzo di Michela Marzano, ci invita a “tuffarci nel dolore dell’adolescenza”, a non trattare il ragazzo come un oggetto da riparare, a esercitare partecipazione e comprensione. Invito importante; ma non è l’unico fra quanti ce ne sono rivolti, additando le carenze del nostro rapporto e approccio educativo.    

Diverso – cito a titolo d’esempio – l’approccio di Massimo Recalcati, che individua altri aspetti del disagio, specificamente legati alla nostra epoca: evaporazione del padre e smembramento della famiglia, conseguente disorientamento. 

L’importanza di una figura guida

Se una funzione di guida è una necessità irrinunciabile, può esser difficile l’accordo – in termini lacaniani – fra desiderio e legge; e, dunque, il difficile equilibrio fra comprensione – accettazione e guida anche normativa; metaforicamente, fra funzione materna e funzione paterna, che credo vadano ritenute entrambe necessarie, in una integrazione non concorrenziale.

Queste esigenze divengono più pressanti al tempo nostro? Può farcelo pensare la frequenza con cui vengono segnalati comportamenti adolescenziali impropri anche lesivi o autolesivi, non raramente illegali; ma è possibile che ciò abbia a che fare piuttosto con il sempre più veloce circolare delle informazioni.

E, in generale, qual è il rilievo della dimensione storica di questo problema? (come di tanti altri). Non abbiamo, è evidente, conoscenza diretta dei comportamenti e vissuti degli adolescenti nelle diverse epoche storiche; ma potrebbero dircene qualcosa le opere scritte nelle varie epoche?

Nell’antichità classica, il problema si poneva in termini radicalmente diversi, legati anche alla generale accettazione dell’omosessualità che coinvolgeva in modo specifico ma vario gli adolescenti. Platone ci presenta Alcibiade ragazzo come genuinamente innamorato di Socrate: Petronio Arbitro ci offre la figura di un Gitone alquanto perfido e traditore.

I romanzi di Musli e Joyce

Passando a epoche ben più recenti, decisamente inquietante “I turbamenti del giovane Torless” di Musil (1906): il protagonista è coinvolto con i compagni di collegio in attività sessuali a impronta francamente sado-masochistica; ciò che è anche oltraggio a una autorità a sua volta maestra di sadismo. Non è senza significato che ciò si svolga in un collegio militare nell’ambito di un Impero austroungarico ancora sicuro del proprio buon diritto all’esistenza; e forse l’autore implicitamente denunzia il sadismo implicito nei sistemi educativi del Collegio militare che finiscono col trasmetterlo agli allievi. 

Nel 1915 Joyce con l’opera “Dedalus” delinea la crescita infantile, preadolescenziale e adolescenziale del protagonista (lui stesso, come proclama nel sottotitolo “ritratto dell’artista da giovane”). Lo fa con un embrionale ricorso a quella tecnica narrativa del flusso di coscienza che troverà pieno sviluppo nell’Ulisse, e che qui ci offre una visione “dall’interno” del suo sviluppo psicosessuale, tutto intessuto di un incontro con la sensualità anche nel rapporto con la bellezza, e di un incontro – scontro con una discutibile e contraddittoria autorità adulta. Specifico di questa condizione psicosociale è la collocazione nell’Irlanda dell’epoca, in cui la fede cattolica è forte strumento di identità nazionale nel confronto con l’oppressore inglese; ciò si riflette nella storia personale del protagonista, che traversa una fase di intensa partecipazione all’esperienza religiosa.

La letteratura degli anni ’30

E in Italia: nel 1936 Brancati ci presenta con “Gli anni perduti” la storia di una progettualità frustrata; la grande illusione di un gruppo di ragazzi impegnati in una impresa grandiosa ma illusoria e senza base reale (un po’ come le imprese fasciste).

Centrali i riferimenti politici nel “Il garofano rosso” di Vittorini, degli anni 30: i ragazzi protagonisti si sentono coinvolti  nei violenti contrasti sociali solo apparentemente sedati dal fascismo.

Moravia ci offre in “Agostino” lo sviluppo psicosessuale edipico di un adolescente; siamo nel ’43: l’allusione alle “case chiuse” allora esistenti ci parla del contrasto (ben delineato da Freud) fra una madre amata ma idealizzata e l’immagine di un sesso brutale e colpevole; oggi questo contrasto, se esiste ancora, si pone in termini diversi nella mente dei nostri adolescenti 

Nel 1957, la Morante di “l’isola di Arturo”, che diviene il paradiso perduto dell’infanzia, ci intrattiene a lungo anche sulla “evaporazione del padre”, vissuta dolorosamente.

E si potrebbe continuare: ma si richiederebbe una rassegna ben più sistematica per ravvisare o meno evidenti differenze fra passato e presente quanto alle dinamiche genitore adolescente.

Il disagio adolescenziale oggi

Tornando all’attuale, riscontriamo almeno due specificità. Una è la già ampiamente segnalata crisi dell’autorità paterna; beninteso, questa non va ritenute legata solo alla figura maschile, poiché è una funzione esercitabile da entrambi i generi; e purtroppo tale crisi non ha lasciato spazio a una maggior comprensione nel senso invocato da Marzano, ma ha dato luogo a una eclissi della genitorialità. L’altra specificità attuale è il diluvio di informazioni da cui siamo letteralmente sommersi, fonte di una confusione che è il contrario di un vero rapporto informativo; per non parlare di quello affettivo.      

Staremo a vedere…

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