Vaso di Pandora

«Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo…». Un appello di oltre 100 medici genovesi per l’assistenza sanitaria a Gaza

«Eravamo quattro amici al bar/che volevano cambiare il mondo», così cantava Gino Paoli qualche anno fa e letteralmente così è stata avvertita, tra pochi amici al tavolino di un bar in piazza Lavagna a Genova, l’esigenza comune di essere vicini ai medici, gli operatori sanitari e la gente della Striscia di Gaza che, al di là di quali siano le ragioni e i torti negli ultimi 70 anni di storia, si trova schiacciata da uno degli eserciti più potenti al mondo che blocca l’arrivo di acqua, carburante, cibo, medicine.

È follia pensare di poter cambiare il mondo così, in pochi, forti solo della propria sofferenza per la sofferenza degli altri? Forse… Ma mi fa piacere condividerla, in questa catastrofe che ci fa sentire tutti sgomenti e fermi, con gli altri redattori e i lettori de “Il Vaso di Pandora” come elemento di riflessione e di pensiero.

E, come terminava i suoi articoli da Gaza il giornalista Vittorio Arrigoni durante l’operazione “Piombo Fuso”, vorerei terminare scrivendo anch’io “restiamo umani”, o, almeno, cerchiamo di ritornare un po’ tali.

Appello di oltre 100 medici genovesi in favore del personale sanitario operante nella striscia di Gaza

I sottoscritti medici, chirurghi e odontoiatri iscritti all’Ordine provinciale di Genova desiderano esprimere la propria preoccupazione e la propria sofferenza per le condizioni e i pericoli nei quali sono costretti a svolgere il lavoro, in particolare in questi giorni, i colleghi operanti nella Striscia di Gaza ed essere loro vicini con la massima solidarietà.

Leggiamo di ospedali sotto bombardamento, colpiti da tagli dell’elettricità, delle comunicazioni e sospensioni della fornitura di disinfettanti, medicine e persino di acqua in una situazione di guerra nella quale ci sono ogni giorno nuove persone ferite da assistere.

Leggiamo di oltre ottomila morti, più di tremila dei quali bambini, e oltre il doppio di feriti, e non comprendiamo, come medici e come persone, come il mondo possa rimanere fermo a guardare quella che va assumendo di giorno in giorno sempre più la forma di una vendetta indiscriminata sulla popolazione civile palestinese quando non, forse, di un progetto di pulizia etnica di un territorio dalla popolazione che attualmente lo occupa.

Come medici e come persone chiediamo la cessazione immediata e urgente dei combattimenti per creare una condizione tale da permettere ai colleghi l’assistenza ai feriti, il pieno ripristino delle comunicazioni da e verso i presidi sanitari e delle forniture di elettricità, acqua, cibo e soprattutto disinfettanti e medicinali nella misura necessaria a salvare vite, nonché la sospensione della fornitura di armi e munizioni a tutte le parti in conflitto.

Chiediamo la cessazione dell’assedio al quale la Striscia di Gaza è sottoposta da molti anni per aprire la strada a una soluzione politica dei problemi, tale da permettere condizioni di vita pacifica e dignitosa per tutti che superino ogni anacronistica distinzione di carattere etnico, religioso o politico nel valore delle vite umane.

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Commenti su "«Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo…». Un appello di oltre 100 medici genovesi per l’assistenza sanitaria a Gaza"

  1. Bravi: il problema è che questo mondo non si merita né Hamas, né Nethaniau.
    Sto con Guitierrez, con le Nazioni Unite. Non è possibile che l’umanità possa tollerare lo scempio attuale, così come non si può tollerare quello che è accaduto il 7 ottobre.
    Anche se io non penso che i Servizi Segreti israeliani non abbiano avvisato di quello che stava per succedere.
    Se così fosse e, cioè, se gli avvertimenti siano stati ignorati dai politici, come dimostrato dalla frettolosa correzione a cui è ricorso Nethaniau, dopo aver accusato di non aver ricevuto tempestivamente avvisi ed essere stato clamorosamente smentito dall’Esercito, per poi avere la possibilità di reagire oltre le righe, come sta avvenendo da parte israeliana …. beh, non mi meraviglierei più di tanto

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  2. Assolutamente d’accordo con Peloso e con gli altri amici. La strage in corso va ben al di là di una (legittima?) risposta a una aggressione ( questa peraltro motivata da tante precedenti gravi vicissitudini su cui non è il caso di tornare). E’ sconfinata in una selvaggia, orribile rappresaglia e quasi nella pulizia etnica. E come aveva detto qualcuno, è perfino “peggio ancora di un delitto: è un errore”. Hamas non è un corpo estraneo nella legittima resistenza palestinese, ma una sua punta estrema: il tentativo di una sua ipotetica eliminazione sta scatenando ancor peggiori odi, destinati a ristrutturarsi e colpire.
    Detto questo con totale chiarezza, da un giustificabile antisionismo non si deve sconfinare nell’antisemitismo: purtroppo se ne sentono le avvisaglie, nelle cronache dei mass media, nei social, negli incontri fra conoscenti. Storicamente, gli ebrei non sono certo i soli autori di orrendi crimini del genere. E’ una collettività che da millenni vive come minoranza dispersa: ha saputo mantenere la propria identità, forse con troppa esclusività; ma senza per questo estraniarsi e anzi contribuendo decisivamente – con apporti fecondamente innovatori anche perchè lucidamente trasgressivi – a edificare la nostra cultura. Questa senza Marx, Freud, Einstein ( e magari Spinoza) non sarebbe quella che è. Non va dimenticato, al di là del totale sdegno e dolore per quanto oggi accade.

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