Il tema dell’autolesionismo nell’adolescenza è straordinariamente attuale. In queste righe, desideriamo esplorare le cause di questo diffuso fenomeno, offrendo, per quanto ci è possibile, strumenti per riconoscerlo tempestivamente. Cercheremo inoltre di suggerire al lettore interessato approcci per intervenire efficacemente, con l’obiettivo di supportare gli adolescenti in difficoltà e prevenire l’insorgere di ulteriori comportamenti dannosi per loro stessi.
L’autolesionismo nell’adolescenza
Quello dell’autolesionismo è un comportamento sempre più diffuso tra gli adolescenti. Gli psicologi dell’età evolutiva hanno a che fare con questi casi sempre più di frequente. Il fenomeno si caratterizza per un incomprensibile bisogno di infliggersi danni fisici, senza comunque alcun intento suicida. Questa pratica può assumere molte forme, a seconda delle disponibilità della vittima. Le manifestazioni più diffuse sono tagli, bruciature e colpi autoinflitti. L’autolesionismo è una richiesta silenziosa di aiuto e comprensione. La sua prevalenza tra i giovani è piuttosto preoccupante. Si stima che tra il 15% e il 20% degli adolescenti sperimentino almeno un episodio di autolesionismo, durante il periodo della loro crescita. È una percentuale davvero significativa. Tale comportamento, molto spesso, riflette un disagio interiore profondo. Questo può essere innescato da fattori emotivi, psicologici, sociali o ambientali. Ognuno ha il suo interruttore.
L’adolescenza, come è risaputo, è una fase della vita caratterizzata da cambiamenti intensi e rapidi. Tanto fisici quanto emotivi. Durante questo periodo, i giovani affrontano sfide significative legate alla definizione della propria identità, alle aspettative sociali e alla pressione del gruppo dei loro pari, composto dagli amici e conoscenti con cui si relazionano quotidianamente. Per alcuni, l’autolesionismo può apparire come un modo per esercitare il controllo sulle proprie emozioni, soprattutto quando ci si sente sopraffatti o inetti, incapaci a esprimere verbalmente il disagio provato. È essenziale comprendere che l’autolesionismo non è un comportamento finalizzato a richiamare l’attenzione. Spesso si tende a pensare che sia questo il caso ma è una falsa convinzione. Si tratta piuttosto del sintomo di una sofferenza non espressa, che necessita di un ascolto empatico, nonché di interventi adeguati.
A cosa si deve l’autolesionismo nell’adolescenza
Le cause dell’autolesionismo nell’adolescenza sono molteplici, sebbene spesso interconnesse tra loro. Normalmente, questo disturbo deriva da difficoltà emotive e psicologiche, espresse anche da altre condizioni significative: depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico (PTSD), anoressia, bulimia o altre problematiche connesse all’alimentazione. Questi disturbi possono portare i giovani a provare sentimenti intensi di dolore, rabbia, vergogna o disperazione. Talvolta, sono così forti che l’adolescente non riesce a gestirli in modo costruttivo. L’autolesionismo diventa allora un meccanismo di coping, allo scopo di alleviare, almeno temporaneamente, il dolore emotivo. Il modo migliore per farlo, per assurdo che appaia, è quello di procurarsi dolore fisico.
Un secondo fattore da considerare è l’influenza del contesto sociale e familiare. Dinamiche disfunzionali in questo ambito, come la mancanza di comunicazione, il conflitto, l’abuso emotivo, quello fisico o anche la negligenza, possono contribuire a creare un terreno fertile per lo sviluppo dell’autolesionismo nell’adolescenza. In aggiunta, la pressione dei pari, il bullismo e le aspettative sociali agiscono da aggravante, intensificando il senso di inadeguatezza, o di isolamento, che alcuni adolescenti provano. Non è poi possibile ignorare il ruolo dei social media e della cultura contemporanea, che, pur offrendo spazi di condivisione e supporto, contribuisce di frequente alla normalizzazione del disturbo. La diffusione di immagini e storie di autolesionismo nell’adolescenza online non può che influenzare negativamente i giovani, inducendoli a considerare un simile fenomeno come possibile opzione per affrontare i problemi.
Riconoscere il disturbo non appena si manifesta
Riconoscere l’autolesionismo nell’adolescenza può essere complesso. Molti giovani tendono a nascondere questi comportamenti. Lo fanno per vergogna o per paura del giudizio altrui. Tuttavia, esistono segnali e sintomi a cui prestare attenzione per individuare tempestivamente il problema. Tra i segni fisici più evidenti ci sono tagli, graffi, bruciature o lividi. Se questi appaiono in maniera inspiegabile, o si verificano ripetutamente, localizzandosi magari su parti del corpo che possono essere facilmente coperte con abiti (polsi, braccia, cosce, addome…), sta suonando un campanello di allarme. Oltre ai segni fisici, è fondamentale osservare i cambiamenti nel comportamento dell’adolescente. L’autolesionismo è spesso accompagnato da un ritiro sociale, dalla perdita di interesse per le attività che prima gradiva, da sbalzi d’umore frequenti e da un calo del rendimento scolastico generalizzato, non soltanto nelle materie dove va peggio.
Gli adolescenti che si autolesionano possono diventare eccessivamente riservati riguardo al loro corpo. Non di rado, evitano completamente quelle situazioni in cui potrebbero dover esporre la pelle, come lezioni di educazione fisica, uscite in piscina o pomeriggi al mare. Un altro aspetto importante da considerare è il linguaggio utilizzato dai giovani. Frasi come Non valgo niente; Nessuno mi capisce o l’ancor più esplicita Vorrei scomparire possono essere indicatori di malessere psicologico. Anche profondo. Non sottovalutiamo neppure l’uso eccessivo di abbigliamento a maniche lunghe, anche in estate, o la presenza di oggetti come lamette o accendini negli effetti personali. Sono tutte possibili spie di pulsioni autolesive. Essere attenti a questi segnali fa tutta la differenza del mondo. Consente infatti di intervenire in modo tempestivo e adeguato per arginare l’autolesionismo nell’adolescenza.
Come intervenire
Intervenire correttamente, in caso di autolesionismo nell’adolescenza, è fondamentale. Si può così evitare che il comportamento diventi un rifugio consolidato e ricorrente. Il primo passo è stabilire un dialogo aperto e sincero, creando un ambiente sicuro, privo di giudizi. Ascoltiamo con empatia, mostrando comprensione e riconoscendo la sofferenza, evitando accuratamente di minimizzarla o banalizzarla. Reagire in maniera accorta e mantenere aperta la comunicazione incoraggerà il giovane a condividere ulteriori dettagli sulle sue esperienze. Sovente, è necessario coinvolgere professionisti della salute mentale, al fine di individuare e affrontare le cause profonde dell’autolesionismo. Ma non sempre. Psicologi, psichiatri o counselor possono lavorare con l’adolescente, sviluppando strategie di coping sane e migliorando la regolazione emotiva.
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) o quella dialettico-comportamentale (DBT) si sono dimostrate efficaci nel trattamento dell’autolesionismo. La famiglia e il gruppo di amici e coetanei hanno ambedue un ruolo da giocare. Possono infatti fornire gli strumenti per supportare l’adolescente nel percorso di guarigione. Socializzazione e condivisione di esperienze sono due aspetti non trascurabili. L’educazione e la sensibilizzazione su questo tema sono fondamentali per creare un ambiente comprensivo e di supporto, in cui il giovane possa sentirsi accettato e compreso.