Praticare l’anarchia relazionale, secondo gli adepti, significa dare uguale importanza, e attenzione, a tutte le relazioni che si vivono. Ciò significa nessuna esclusività e nessuna gerarchia. Mettiamo però subito un paletto per evitare di perdeci lungo secanti e tangenti: l’anarchia relazionale non è il poliamore, ovvero la pratica di avere più di un solo partner. Si tratta di due concetti ben distinti. Esistono però casi di rapporti che sono sia poliamorosi sia anarchici. Tutto dipende dall’esistenza o meno della già citata gerarchia. Se la relazione che viviamo (poliamorosa o meno che sia) è la più importante della nostra vita, quella per noi più significativa, allora siamo già fuori dal campo anarchico. Se invece la reputiamo allo stesso livello di tutte le altre che costellano la nostra vita, abbiamo il primo requisito per definirci anarchici relazionali. Ben consci del fatto che ci muoviamo su un terreno ostico per molti, approfondiamo il tema dell’anarchia relazionale.
Come inquadrare l’anarchia relazionale
Iniziamo dalla definizione: l’anarchia relazionale è la pratica di intrattenere più relazioni contemporaneamente. L’anarchico non dà priorità a un rapporto rispetto a un altro, come tipicamente avviene nel poliamore. In una relazione poli, la coesistenza di più partner è comunque subordinata a un ordine di importanza, poiché ci sarà sempre una persona alla quale si sarà maggiormente legati. Il termine si deve al concetto politico di anarchia (o anarchismo). I principi sottesi sono infatti gli stessi. Gli anarchici relazionali restano fedeli ai propri valori fondamentali e alla propria autonomia nell’approccio a ogni rapporto. Quelli politici non si riconoscono in nessuno schieramento ma hanno un nucleo valoriale molto forte che li tiene lontani dalle urne. Lo fanno per scelta, non certo per pigrizia o ignoranza. Parliamo di ribelli che rifiutano regole, gerarchie e norme imposte da famiglia o società.
La prima a definire l’anarchia relazionale è stata Andie Nordgren, attivista queer svedese e autrice dell’opuscolo Relationsanarki i 8 punkter, ovvero Gli 8 punti dell’anarchia relazionale. Dato alle stampe nel 2006, il documento è diventato un vero e proprio manifesto per delineare le componenti fondamentali di questo approccio sentimentale. Secondo Nordgren, l’amore non è una risorsa finita. Ogni relazione è unica e deve fondarsi sull’affetto e il rispetto, non sul diritto. È una posizione teoricamente più che condivisibile. Esattamente come avviene nel campo amicale però, la realtà finisce poi per discostarsi un pò dall’ideale elaborato mentalmente. Sarebbe bello se tutti i nostri amici fossero i nostri migliori amici, ma sappiamo bene che non è così. Non per crudeltà ovviamente ma, semplicemente, perché non con tutti trascorriamo lo stesso tempo e tendiamo a privilegiare chi incontriamo più spesso.
Amare e rispettare sé stessi, prima degli altri
Quando scegliamo di basare le nostre relazioni sentimentali sull’amore e il rispetto, piuttosto che sul diritto, per prendere in prestito le parole di Nordgren, compiamo una scelta ben precisa. Rispettiamo infatti l’indipendenza e l’autodeterminazione del partner, senza legarlo a noi come avviene nelle relazioni tradizionali. Se in una coppia tipica, per così definirla, il fatto di essere legati è una forza, per gli anarchici relazionali la prospettiva è diametralmente opposta. I sentimenti provati e la storia pregressa non danno a nessuno dei due partner il diritto di comandare e controllare l’altro. Nell’ottica dell’anarchia relazionale, il rapporto privilegiato tra due persone fidanzate è un sopruso, un compromesso che limita enormemente la libertà personale. Ognuno ha il diritto di mantenere la propria integrità e rispettarla, legandosi a chi vuole, senza che questo vada a danneggiare rapporti pre-esistenti.
L’unico modo per essere davvero sicuri che dare e avere siano sempre reciproci, in una relazione, è quello di rinunciare a ogni pretesa di possesso sull’altro o sull’altra. L’essere umano ha la capacità di amare più di una sola persona e, di conseguenza, può vivere più di una sola relazione. Non occorre classificare una storia come primaria per darle legittimità. Ogni rapporto è indipendente e dignitoso, anche quando si intreccia con altri, simultanei. L’amore e il rispetto, verso gli altri come verso noi stessi, derivano dalla possibilità di esercitare appieno la nostra libertà. Pretendere una relazione esclusiva, secondo questo punto di vista, significa limitarla.
Vivere l’anarchia relazionale
Nell’anarchia relazionale è dunque concesso intavolare più relazioni. Ciò non è però necessario. Il fatto che tutte le relazioni siano vissute come paritarie non include soltanto quelle interne alla sfera sessuale. Si comprendono nella definizione anche i rapporti platonici, amicali e familiari. Un anarchico potrebbe mettere sullo stesso piano l’amicizia con un coetaneo conosciuto lo scorso weekend al bar e l’affetto che lo lega al fratello con cui è cresciuto dividendo la stanza. Una dimensione in cui si convive con un partner, prevalentemente platonico, incontrando settimanalmente un amante, o un’amante, a cui si è sessualmente legati, e sentendosi ogni 2 o 3 giorni con un amico, o un’amica, con cui si divide volentieri il letto, è tranquillamente ammessa all’interno della comunità di anarchici relazionali.
È dunque chiaro che questa anarchia si interseca con la non monogamia etica. Una filosofia di vita di questo tipo incontra le sue difficoltà in una società nella quale, in genere, le relazioni sentimentali sono prioritarie. L’anarchico può sentirsi escluso e messo da parte. La legge, in fin dei conti, ci consente di sposarci una sola volta, con una sola persona. L’anarchia relazionale è dunque anche ribellione alle norme e alle regole che definiscono la nostra società.
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