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Se il suicidio corre su Internet

Se il suicidio corre su Internet

Commento della Dott.ssa Cristina Rambelli

Il commento che segue si riferisce all’articolo “Se il suicidio corre su Internet” pubblicato su Le Scienze

SUICIDIO NEI GIOVANI:La possibile influenza di Internet sul tasso di suicidio nella popolazione generale è sicuramente un argomento di grande interesse ed allarme per la salute pubblica: è ormai arcinoto che il facile accesso online a newsgroups, blogs e pagine pro-suicidio od informazioni sugli specifici metodi di ottenerlo rappresenta un fattore favorente e probabilmente anche inducente all’atto tra gli utenti Internet vulnerabili.

 

Ogni comportamento suicidario (insieme di condizioni psicopatologiche che includono l’ideazione al suicidio portato a termine, i tentativi di suicidio con finalità dimostrativa e quelli con intento chiaramente letale) attuato durante l’età evolutiva rappresenta in genere l’espressione di una condizione estrema e complessa determinata dall’intreccio di più eventi: fattori di rischio, psicopatologia, risorse psicologiche personali e famigliari. Tra i fattori di rischio nell’età evolutiva trovano particolare rilevanza i fattori psicosociali come storia di abusi sessuali, fughe da casa, gravidanze indesiderate, insuccessi scolastici, comportamenti aggressivi e vissuti di profonda disperazione (Comitato Nazionale di Bioetica, 1999; )

Sappiamo anche che di fronte ad un medesimo fenomeno l’adolescente può, a seconda del proprio funzionamento psicologico, della struttura di personalità, del periodo evolutivo e del funzionamento familiare, dare risposte soggettive diverse. Un concetto importante da introdurre a questo riguardo è quello di “resilienza”, che indica la capacità di utilizzare le proprie risorse per far fronte a circostanze difficili, e rappresenta la “spinta” in  grado di consentire all’individuo il superamento della situazione problematica senza gravi conseguenze psicologiche. E’ anche vero che l’adolescenza è quella fase del ciclo di vita umano in cui, a fronte delle numerose trasformazioni fisico-corporee, si assiste a profondi cambiamenti psicologici che investono le capacità cognitive, la sfera degli affetti e le competenze sociali della persona. Inoltre, sopra ad ogni altra caratteristica, in questo periodo di vita si esprime la massima propensione al “rischio”: “L’adolescenza rappresenta la fase del ciclo di vita in cui il bisogno di rischiare si esprime con particolare intensità. Sebbene esso faccia parte dei normali processi di sviluppo, tale assunzione di rischio può portare l’adolescente a mettere in atto comportamenti estremamente dannosi per la propria ed altrui salute” (Malagoli Togliatti, 2004).

Nella fascia di età degli adolescenti, in particolare, l’utilizzo dei siti di social networking (SSN) è aumentato su scala esponenziale nel corso degli ultimi anni, ed è proprio in questo contesto e su questo substrato che l’adolescente (ma anche l’individuo adulto particolarmente vulnerabile) può trovarsi in difficoltà nel gestire le informazioni che trova su internet, informazioni che loro stessi cercano forse anche, almeno inizialmente, per gioco (Cash SJ, 2013).

 

A tal proposito, a discapito di un ormai smodato ed irregolare utilizzo di SSN, non esiste né alcun tipo di ricerca scientifica od epidemiologica che si focalizzi sull’utilizzo delle informazioni provenienti dalla rete nella popolazione degli adolescenti, né, tantomeno, alcun tipo di regolamentazione o “policy” che permetta di controllare in qualche misura l’accesso o le informazioni presenti in rete.Tra i più estesi e conosciuti network di aggregazione disponibili su internet c’è Facebook, il cui principale scopo è quello di stabilire, riallacciare o comunque mantenere il contatto con i propri amici e condividere con gli stessi le informazioni sulla propria vita di tutti i giorni. La possibilità di facebook di “postare” i propri pensieri o stati d’animo ha fatto sì che, in tutto il mondo, molti utenti abbiano postato (e quindi messo in comune) intenti suicidiari sul proprio profilo.

Secondo alcuni autori (Pirkis e coll., 2006 e di Stack, 2003) la divulgazione dei suicidi (o di alcuni “atteggiamenti” o propositi suicidarii) attraverso i mezzi di comunicazione di massa sarebbe in grado di indurre vere e proprie epidemie suicidarie, poiché l’enfatizzazione di notizie sull’altrui suicidio avrebbe, specialmente sugli adolescenti, un impatto tale da suggestionare e stimolare gesti imitativi. Tale tendenza viene definita effetto Werther,sullo spunto della novella di Goethe “I dolori del giovane Werther”, che suscitò i primi esempi di suicidio mimico. Nell’era moderna il suicidio di massa di maggiori dimensioni nella storia si ha il 18 novembre 1978. Quel giorno 912 persone, seguaci della congregazione religiosa del «Tempio del Popolo», si suicidarono in massa nella loro comune di Jonestown (nella giungla della Guyana) bevendo un cocktail al cianuro, seguendo gli ordini del loro capo, il reverendo Jim Jones.

E’ proprio in questa chiave di lettura che andrebbe inserito il potenziale dannoso di facebook: il social network potrebbe indurre una variante dell’effetto Werther su  coloro che hanno già una tendenza suicida, che condividono i principali fattori di rischio per il suicidio, e che, almeno in teoria, potrebbero compiere atti di emulazione leggendo le note lasciate da altre persone sofferenti.

D’altro canto, se da una parte Facebook è un mezzo di comunicazione che potrebbe giocare un ruolo nei comportamenti di suicidio per emulazione, va sottolineato che proprio il fatto che implichi l’utilizzo di annunci immediatamente leggibili e fruibili, favorisce un intervento immediato che può portare ad evitare gesti estremi, arrivando anche a salvare delle vite.

Addirittura potrebbe rappresentare un mezzo tramite il quale sarebbe possibile introdurre un intervento di prevenzione, realizzabile non solo a seguito della manifestazione di ideazioni suicidiarie, ma anche qualora vengano verbalizzate ansia, depressione e un tono dell’umore deflesso, andando ad agire subito su una spirale di emozioni distruttive che possono incidere sull’intenzionalità di morte (Gaia del Torre).

 

In questa ottica, un esempio ideale è rappresentato dall’esistenza di alcuni forum dedicati alla tematica del suicidio che tentano di giocare un ruolo determinante proprio in termini di prevenzione (Baker & Fortune,2008; Eichenberg, 2008).

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