Commento all’articolo: salute mentale e diritti dei bambini e delle bambine
La salute mentale dei bambini, delle bambine, degli e delle adolescenti dopo il Covid sta diventando di attualità, anche da un punto di vista etico. Diversamente dal periodo di emergenza, quando se ne è parlato poco. E per diverse ragioni: in primo luogo perché durante il periodo acuto l’attenzione si è concentrata sul rischio biologico, molto minore per i piccoli che non per gli adulti; nonostante lo stress cui i bambini e le bambine sono stati sottoposti a seguito delle misure pubbliche di contrasto al Covid sia stato considerevole (dalla perdita delle abitudini quotidiane, della scuola, del gioco con gli altri bambini, in aggiunta all’ansia per la salute dei genitori e di altre persone care).
Al tempo era difficile parlare dell’impatto psicologico (e sociale) delle misure di contrasto, specie di quelle “estreme”, come il lock-down: qualsiasi analisi in questo senso correva il rischio di essere fraintesa come posizione “politicamente sospetta”, filo-No Vax per intendersi. Di questa semplificazione/estremizzazione del dibattito pubblico, ha sofferto anche il mondo scientifico. Non a caso il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica “Covid-19: salute pubblica, libertà individuale, responsabilità sociale”, del maggio 2020, che affrontava le conseguenze sia della pandemia sia delle misure di sanità pubblica sui soggetti più vulnerabili, non ha avuto allora l’attenzione che avrebbe meritato. Infine, c’è un’altra ragione per l’insufficiente considerazione del benessere psichico dei minori: questi non hanno voce (se non attraverso l’azione di advocacy a loro favore da parte degli adulti).
La fine dell’emergenza ha offerto nuovi stimoli, a livello internazionale. Diverse riviste in campo psicosociale hanno pubblicato numeri speciali dedicati all’impatto del Covid sulla salute psichica dei minori (si veda ad esempio lo Special Issue del Infant Mental Health Journal del 2022). In questo risveglio, è interessante sia la valorizzazione del punto di vista dei bambini e delle bambine (utilizzando la ricerca qualitativa e partecipante), sia lo sforzo di studiare la questione in diversi paesi del mondo. Da segnalare: “Children and young people’s perspectives on and experiences of Covid 19 in Global contexts”, Children&Society Special Issue, January 2023, vol.37, Issue 1. Questo fascicolo esamina le prove che hanno dovuto superare i bambini e le loro famiglie in molte diverse culture e contesti geografici: in Europa (8 paesi); in America (5 paesi); in Africa (5 paesi) e in Australia. La persistenza del disagio psicologico oltre la pandemia merita di essere studiata con attenzione, secondo l’approccio della soggettività. Considerando sia i fattori di vulnerabilità (i bambini risultano più esposti allo stress e ai disturbi psichici connessi – vedi Post Traumatic Stress Disorder – PTSD- anche perché risentono in aggiunta dei fattori di stress che colpiscono i genitori); sia, dal lato opposto, i fattori di resilienza e di adattamento, che possono essere più consistenti che negli adulti.
Sul piano etico, molti autori sottolineano che i bambini e gli adolescenti hanno accumulato un grosso credito da parte della comunità poiché hanno subito misure di grande impatto sulla loro vita fondamentalmente nell’interesse dei soggetti di età più alta – adulti e anziani- quando dette misure sarebbero state sproporzionate per il rischio Covid in età infantile e adolescenziale. Ci sarebbe da discutere su questa valutazione, troppo ancorata al rischio biologico: che sembra sottovalutare quanto il benessere psicologico del bambino/a sia strettamente intrecciato al benessere e alla salute degli adulti significativi.
In ogni modo si può accogliere l’invito verso un più accorto bilanciamento fra le necessità di salute pubblica e la protezione dei diritti dei bambini e delle bambine: utile in vista del compito di pianificare in anticipo la risposta a futuri eventi pandemici.