PARIGI
Commenti di Roberta Antonello,
Come tutti noi sono sconvolta… mi chiedo e in questo so di poter essere pesantemente criticata… quanto è opportuna la libertà di espressione se questa non costruisce.
Di solito nella mia limitata vita quotidiana trovo una serie di bla bla su altri, di critiche caustiche, tanto più caustiche tanto più ascoltate, fanno audience e breve successo immediato, la risata l’approvazione.
Ora questo è vendibile, è interessante, va contro i conformismi, scuote, è libertà. Ma c’è un limite, una coscienza della distruttività implicita nell’ironia? È una condizione riflessiva o una condizione volta ad una facile metabolizzazione di un astio a scapito di una ricerca di dialogo?
Sono profondamente sconvolta da ogni forma di aggressività distruttiva, forse pensando in maniera onnipotente ad un modo di guardarsi più nobile, cioè più umano.
Ma questo non mi impedisce di esprimere un dissenso da una satira e contemporaneamente essere assolutamente contraria ad ogni forma di distruzione come quelle espresse dall’attentato non solo a Parigi.
R.A.
La libertà di espressione va garantita; ci sono espressioni che feriscono o sono al momento incomprensibili. Non è necessario uccider per ignorare.
Le religioni legano appunto.
I partiti dividono necessariamente
L’utopia del dialogo a tutti i costi non mi pare realizzabile anche se auspicabile.
La violenza è alimentata dalla bassa cultura.
Si nutre delle banalità dei media.
Si sviluppa sul terreno dell’ignoranza e dell’incapacità di pensare.
La satira necessariamente esaspera il linguaggio comune e spesso ferisce nei sentimenti quando sfocia nella volgarità e nella pornografia, in questo caso è mortifera, negli altri casi emette una consapevole critica ad usi e costumi.
G.G.
Wolinski era grande e rispettabile, grande quasi come Reiser (grandissimo disegnatore americano).
Il tema è difficile, evoca: un odio incommensurabile, le esperienze di mortificazione che si trasmettono transgenerazionalmente, l’ignoranza che non permette di cogliere e vedere la possibilità di una lotta di classe, certamente anche o forse soprattutto lotta contro valori inaccettabili del capitalismo finanziario attuale, mentre i “potenti arabi” sono riusciti a veicolarla verso una lotta di religioni ed una gigantesca “invidia” di classe e odio religioso.
Credo insomma che il pensiero di Voltaire, che pone il rispetto per l’esistenza del pensiero altro, anche se per nulla condivisibile, resta un caposaldo di una attitudine mentale poco accolta, anche in occidente, ma patrimonio della rivoluzione francese, che resta esperienza “alta”, anche se rara, della cultura occidentale.
Io ho letto da ragazzo il Corano e l’ho riletto, non tutto, alcuni anni fa… credo che lo si dovrebbe conoscere un po’ per capire alcuni aspetti inaccettabili dell’Islam così come sono peraltro presenti in tanti ideologismi occidentali che hanno portato a violenze inenarrabili… nei secoli.
Probabilmente tutte le tre religioni monoteistiche contengono non pochi elementi inaccettabili, ma l’islam è religione “pratica” e potenzialmente guerriera oltre modo, forse come e più della religione ebrea… il Vangelo pone diversamente l’incontro, non solo con il “divino” ma soprattutto con l’umano. Sappiamo bene come questi aspetti siano stati poi negati nell’istituzione chiesa da Costantino fino quasi ad oggi, ma ci sono nel testo mentre così non si può dire per il Corano.
La satira può non piacere,irritare, essere sentita come “snob”, talvolta troppo dura con le “miserie” umane, ma ne va comunque difesa la possibilità di esistere,sempre e senza ma, anche quando non la si condivide per nulla e la si combatte ma con le idee ed azioni degne.
A.M.F.
Terribile è la violenza con cui avvengono questi attentati, ma purtroppo non è il primo. Quello che ora è ancora più grave e preoccupante è che si viene a colpire miratamente (e con tale facilità d’azione) l’espressione alta del sistema democratico europeo.
Bisognerebbe agire con forza evitando l’emarginazione culturale e sociale delle persone che vivono nelle periferie metropolitane dove prolifera l’odio e l’estremismo, del resto chi di noi non sarebbe “estremista” vivendo ghettizzato in una realtà distante anni luce dai salotti intellettuali e perbenisti del centro ma a pochi minuti di metropolitana da esso… è il senso di comunità non il ceto sociale che conta, la comunità deve portare pensiero e cultura.
Care amiche, cari amici,
voglio innanzi tutto dirvi che il massacro del 7 gennaio a Parigi da parte dei jihadisti per me significa molto. Negli anni ’70, quando ero studente a Parigi, e anche dopo il mio ritorno in Italia, ero un assiduo lettore di “Charlie Hebdo”. Un’intera generazione francofona è stata educata (è così!) da “Charlie Hebdo”. Da una rivista che pur si voleva così poco “educativa”.
Vi scrivo perché una delle dodici vittime del massacro, ELSA CAYAT, era una collega, psichiatra e psicoanalista.
Non credo sia un caso che una delle vittime del più sanguinoso attacco in Europa a giornalisti e scrittori dopo la Seconda Guerra mondiale sia una psicoanalista. Si rivela in questa solo apparente coincidenza una sorta di comunanza genetica: tra la tecnica (etica) psicoanalitica da una parte, e la libertà di espressione e di pensiero dall’altra, proprio quella che i jihaidisti vogliono colpire con tanta rabbiosa e inutile crudeltà. L’assassinio esprime l’impotenza.
Di Elsa Cayat so poco, ma ho visto che aveva pubblicato due volumi pare pregevoli, uno sul rapporto uomo-donna, l’altro, assieme a un fisico giornalista (Antonio Fischetti), sui clienti delle prostitute. Aveva una rubrica fissa sul settimanale satirico, “Divan”. In questa trattava temi di costume dal punto di vista psicoanalitico.
Sto raccogliendo i suoi scritti e informazioni su di lei per studiare la possibilità di renderle omaggio attraverso la nostra rivista e il nostro sito italiano ISAP.
Vorrei che questo dramma fosse un’occasione per riflettere seriamente sulla dimensione politica ed etica della psicoanalisi. Un tema che l’ISAP sta affrontando, da tempo, con molto impegno, come sapete.
Grazie per l’attenzione. E un grazie anticipato per i vostri commenti e suggestioni.
Prima di ogni riflessione il pensiero va alle persone perse , un vuoto lancinante toccherà le famiglie. La morte è sempre inopportuna, è sempre un pò rozza e volgarmente insensibile alla pietà. Sconvolge e lacera irrimediabilmente.
Mi colpisce,però, che Tre o Quattro uomini che portano il terrore diventino con il passare dei giorni : L’ISLAMISMO, mentre la tragedia di quei poliziotti e cittadini ignari, lentamente , loro malgrado, si trasformi : NEL’OCCIDENTE colpito.
E’ evidente che all’ombra dell’Universale, per vizio di forma sempre ideologico e massificante, ci sia un palese attacco al “particulare” , al Singolare che è il soggetto vivo che incarna davvero la cultura , il lavoro e la vita. Lo sappiamo che non c’è nulla di più soggettivo che la risata. Ecco perché “Charlie Hebdo”.
Sempre più ,però, si rischia di scivolare nelle analisi di stampo kantiano o nelle soluzioni di una filosofia neo-greca , impegno culturale utilissimo, ma non bisogna dimenticare che il sussulto delle immagini colpisce, con emozioni dirompenti nell’intimo del cuore e della mente, il corpo del singolo individuo che guarda ed è lì che il terrore si esercita concretamente (non si tratta dunque solo di scontro tra culture); allora questa impasse si supera solamente con una rinascita della responsabilità soggettiva ovvero facendo ancora meglio quello che si fa …….ma, anche, dopo questo richiamo chiaro e netto del Reale della morte, al fatto che non si può più evitare di far tesoro di una maggior attenzione e di una maggior sensibilità all’estraneità ancora da avvenire……..
Marco Borreani .
Ho letto e visto alcune di quelle vignette “incriminate” e alcune mi appaiono francamente di dubbio gusto (parlo del mio gusto, ovviamente).Che se il bersaglio fossero stati gli ebrei o la religione ebraica qualcuno avrebbe gridato verosimilmente e giustamente forse al“revanscismo neonazista”. Di sicuro non è la “satira” il problema per quanto caustica possa risultare.A Proposito, quella di Charlie Hebdo è satira?O sono certi musulmani che hanno scarso senso dell’umorismo?È pur vero che non tutto può rientrare a buon titolo nella “libera manifestazione del pensiero”.Se uno dice che i campi di sterminio nazisti non sono mai esistiti o che il fascismo in fondo in fondo non era poi tanto male non è “libertà di pensiero”è becera ignoranza,è apologia di nazifascismo,secondo me.Questa strage si potrebbe spiegare con la solita tesi sociologica che esistono i ricchi e i“poveri arrabbiati”che vogliono sedersi anche loro al banchetto del benessere capitalistico occidentale dal quale si vedono puntualmente esclusi.Ma considerato che i ricchi e i poveri esisteranno per molti secoli ancora non c’è scampo per nessuno,allora.Potremmo appellarci ai guasti del capitalismo e della mondializzazione che creano sempre maggiori sacche di malcontento e sperequazione in tutto il mondo.Potremmo dire che si tratta di”poveri”invasati che strumentalizzano la religione e la fede per mascherare meschini deliri di onnipotenza e assoluto disprezzo per il prossimo.Potremmo azzardare che alcune persone nutrono seri pregiudizi verso una certa “ironia”occidentale.Tutto ciò è abbastanza vero,ma tutto è anche troppo ovvio.La cosa che sempre colpisce in questi casi è quella strana in apparenza commistione tra “Sacro” e omicidio-suicidio.Qualcuno uccide e si uccide in nome di un dio dal quale presume di poter trarre legittimazione e forza.Eppure dovremmo esserci abituati.I cristiani nei secoli scorsi hanno perpetuato stragi di popoli in nome di Dio e di una evangelizzazione forzosa.In tempi più recenti persino un presidente USA si appellò a dio per legittimare la guerra contro l’Iraq dopo l’attentato alle torri gemelle: dio è con noi, diceva con buona sicurezza.Dio tirato per la giacchetta da cristiani e musulmani.Vedere donne e uomini che per fede sono disposti al sacrificio di sé e di altri e che obbediscono ad un dio che gli “ordina” di uccidere/uccidersi ci appare come una barbarie,un’assurdità,una roba d’altre epoche.Sono finiti i tempi,almeno per noi capitalisti occidentali,in cui Abramo era disposto a sacrificare il proprio figlio per obbedire a Dio.Questa “fede” noi “cristiani”,per cultura se non altro, per fortuna l’abbiamo persa stemperandola nelle convenzioni liturgiche,nei “compromessi simbolici” delle messe domenicali.La religione cristiana si è ormai compromessa da tempo con la civiltà e le sue “ragioni”:la religione cristiana parla oggi di morale sessuale, di contraccezione, di divorzio, aborto, di finanziamenti a scuola pubblica e privata, di droga. Insomma, il cristianesimo è ormai secolarizzato e questo è il motivo per cui probabilmente a nessuno è mai venuto in mente di parlare degli attentati dei guerriglieri cattolici dell’Ulster come di “stragi cristiane”.Non era una questione religiosa quella ma prettamente politica e difatti il papa mai attribuì a quel movimento alcun fondamento religioso.Al contrario, quando si tratta di stragi perpetrate da “guerriglieri musulmani” si è più disposti ai lapsus e si parla con disinvoltura di Islam dimenticando che l’organizzazione dell’Islam è meno verticistica di quella cristiana dal punto di vista teologico almeno, cioè ciascun musulmano ha un rapporto personale diretto con Dio peculiarità che trovo molto moderna e dunque non c’è un unico potere assoluto approvato da tutti i musulmani. Insomma, penso che le stragi cosiddette musulmane non hanno niente a che fare con la religione e ben che meno col “Sacro”, insomma è troppo comodo liquidare la questione appellandosi alla teologia.A meno che non si intenda con“Sacro”non soltanto gli dei, l’ultraterreno, i miracoli, la magia, l’occulto, le madonne che piangono, ma anche tutto ciò che eccede la morale e la cultura, quindi istinti, pulsioni, passioni e quella terrificante ambiguità che ognuno intuisce dentro di sé e di cui Freud trattò lungamente.Il sacro in cui si esprime con feroce contraddittorietà la natura umana selvaggia e irrazionale non è questione di teologia. I buoi sono ormai scappati dal recinto.La gestione di quel sacro che si esprime con l’assoluta brutalità suicida e omicida non è faccenda che possono gestire le religioni.Non più! La politica la buona politica delle norme etiche e razionali è la risposta.Certo,se la razionalità si manifesta con le restrizioni al trattato di Schengen allora “continuiamo così,facciamoci del male”.E se volessimo lasciare a certa“satira”l’esclusivo compito di occuparsi del mondo islamico e delle sue contraddizioni,allora,per carità, facciamo che non sia proprio una risata a seppellirci tutti.