Nei primi tre mesi del 2024 sono 28 i suicidi in carcere. Un fenomeno complesso dove si intrecciano molteplici fattori: carenze della prevenzione, sovraffollamento, violenze, precarietà, scarse occasioni studio, lavoro e alloggi, povertà, migrazioni, uso di sostanze e persone con disturbi mentali, carenze di risorse e di personale Letture semplicistiche talora alimentano lo stigma dei malati mentali ritenuti responsabili sia dei disordini interni agli istituti di pena sia dei suicidi. Per punti, sulla base dei dati derivati dalla Relazione[1] del Garante Nazionale, verranno sviluppate alcune riflessioni.
I dati sui detenuti in carcere
Gli studi epidemiologici[2] sulla popolazione generale indicano che il 3-5% dei crimini è attuato da persone con disturbi mentali, una bassa percentuale se confrontata con la prevalenza/anno dei disturbi mentali (15-20%). Va poi precisato che esiste una differenza tra l’essere affetto da disturbi mentali e l’infermità mentale (non imputabilità). In base al Codice Rocco (1930) “non è imputabile chi al momento in cui ha commesso il fatto era per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e volere” (art 88). Vige cioè il c.d. “doppio binario”: uno per le persone imputabili che vengono processate e se colpevoli condannate e l’altro, per i non imputabili che sono prosciolti e se pericolosi socialmente (il che è praticamente sempre) sottoposti a misura di sicurezza della libertà vigilata o residualmente, sulla base della legge 81/2014, alla misura di sicurezza detentiva.
Quindi solo una parte limitata delle persone con disturbi mentali è giuridicamente “inferma di mente”.
Le persone con misura di sicurezza detentiva definitiva in REMS sono 331 ed occupano il 51% dei posti REMS. Ne deriva che se queste venissero utilizzate solo per i “definitivi” gli attuali posti REMS sarebbero più che sufficienti.
Suicidi in carcere: I detenuto sine titulo
Le persone arrestate in carcere, ancor prima del processo possono essere oggetto dell’applicazione delle misure di sicurezza detentive provvisorie. Ciò le fa diventare detenute “sine titulo” in quanto la misura di sicurezza sotto il profilo giuridico non è eseguibile in carcere.
Si tratta di persone, è bene sottolinearlo, presunte innocenti e per le quali l’infermità è ancora da accertare. Per prevenire le detenzioni sine titulo, a novembre 2023 sono 42, potrebbe essere adottata una concertazione dei tempi tra giudici, avvocati, periti e i DSM al fine di trovare le modalità per il trasferimento in altre sedi sanitarie o a domicilio secondo le indicazioni dei DSM (che sul territorio nazionale seguono circa 6.000 persone con misure giudiziarie) o residualmente come estrema ratio in REMS.
In termini gestionali 42 persone rappresentano un piccolo numero (7%) rispetto ai 640 posti delle REMS nazionali il cui utilizzo potrebbe essere migliorato riservandoli alle sole misure di sicurezza detentive definitive, abolendo invece quelle provvisorie e quelle ex art 219 per i seminfermi di mente i quali prima scontano una pena in carcere e poi vengono sottoposti a misure di sicurezza detentiva. Questi ultimi occupano circa il 10% dei posti REMS. Quindi per risolvere il problema servono Protocolli operativi e un appropriato utilizzo dei posti REMS esistenti, come per altro è previsto dall’accordo Stato Regioni 30 novembre 2022.
Le persone con disturbi mentali nei carceri
Nelle carceri che dovrebbero essere l’estrema ratio, vi sono persone con disturbi mentali che sono imputabili. Se nella popolazione generale i disturbi mentali hanno una prevalenza annua del 15% è lecito supporre che tale percentuale vi sia anche in carcere, dove per altro si concentrano condizioni di povertà, emarginazione, l’uso di sostanze che correlano con un maggiore incidenza di disturbi mentali. I servizi di salute mentale e dipendenze patologiche assicurano un attività di cura negli istituti di Pena e negli stessi vi sono le Articolazioni Tutela Salute Mentale (ATSM) che in Italia ospitano circa 230 persone. Le persone detenute con “diagnosi psichiatrica accertata” sono 350 su circa 56.000 detenuti.
Lo studio[3] promosso dal Garante Nazionale Mauro Palma, evidenzia che nel 2022 su 85 suicidi 11 (13%) erano affetti da patologie psichiatriche certificate ed una era in attesa di posto in REMS. Le diagnosi erano: 3 psicosi, 2 depressione, 2 non specificata, 3 disturbi della personalità, uso di sostanze, 1 disturbo neurocognitivo. 28 persone su 85 pari al 33% del totale avevano già tentato il suicidio. Al momento del suicidio 19 persone su 85 erano soggette ad alta sorveglianza il che fa riflettere sulla efficacia di questo strumento.
E’ evidente che non si tratta di psichiatrizzare il disagio, tornare agli OPG o aumentare le REMS ma dare piena applicazione alle leggi e di completare la legge 81/2014. Al contempo occorre fare diverse politiche sociali e sanitarie che siano articolate e organiche in particolare per quanto attiene le persone con uso di sostanze, i migranti e le povertà.
La prevenzione dei suicidi in carcere
Circa un terzo dei detenuti presenta problemi da uso di sostanze e sono stranieri. Sono queste situazioni ad essere rilevanti sia per la vita negli Istituti di Pena, sia al fine di prevenire il suicidio. Le difficoltà sono dimostrate anche dall’uso degli psicofarmaci nei detenuti, 5 volte superiori alla popolazione generale come evidenzia la ricerca pubblicata nel 2023 da Altraeconomia n.263. Queste persone, con psicopatia, uso di sostanze non possono e non devono essere destinate alle REMS ma possono essere attivate misure alternative, anche in deroga (applicazione della sentenza 99/2019 Corte Costituzionale).
Questione sociale e di genere
- Questione sociale Il tema dei suicidi ha un’ampia parte sociale in quanto, come rileva il Garante, 68 persone su 85 (pari all’80%) erano in condizioni di vulnerabilità e 20 (23,5%) suicidi su 85 erano persone straniere senza tetto.
- Questione di genere: 5 suicidi su 85 hanno riguardato persone di genere femminile, una percentuale apparentemente bassa e tuttavia superiore (2,1 per mille detenuti) a quella maschile (1,48 per mille detenuti) se rapportata al totale della popolazione femminile detenuta (2.372).
Va ricordato anche che in carcere risultano ancora 20 madri con 21 bambini.
La posizione giuridica
Posizione giuridica: il 54% è costituito da persone con misure non definitive e il 37% è in attesa del primo giudizio. Per la prevenzione è nota la rilevanza dei periodi critici (udienze, fine pena ed al.) e delle sedi della detenzione (media sicurezza ecc.).
Infine va ricordato che gli agenti della polizia penitenziaria hanno tassi di suicidio doppi rispetto alle altre Forze dell’Ordine e tripli rispetto alla popolazione generale. Un ulteriore elemento per riflettere sugli effetti della privazione della libertà e le condizioni della detenzione. I detenuti stanno arrivando a circa 61 mila con un incremento di 400-500 persone al mese.
Suicidi in carcere: le conclisioni
Per concludere: la prevenzione dei suicidi in carcere può avvenire solo mediante un concertato lavoro interistituzionale e prima dell’ingresso in carcere. Nonostante la gravità dei dati e il richiamo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non sembra emergere una volontà politica comune ed una condivisa linea che porti ad affrontare il tema mediante proposte di legge su indulto, amnistia, liberazione anticipata, misure alternative, superamento della non-imputabilità (proposta di legge Magi 1.119/2023), case per il fine pena ed altre misure come le riforme della legislazione sulla droga e le migrazioni.
Provvedimenti che avrebbero la finalità di ridurre il numero delle persone detenute, creare alternative e migliorare qualità di vita e dare speranza. In questo quadro sono fondamentali le telefonate, le relazioni affettive e sessuali in attuazione dell’importante sentenza 10 /2024 della Corte Costituzionale. Servono risorse sanitarie, sociali e giudiziarie per adeguate dotazioni organiche del personale (e la sua formazione) e combattere la povertà e la deprivazione sociale e sanitaria e prevenire i suicido durante la detenzione ma anche prima e dopo.
[1] Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Relazione al Parlamento 2023, 15 giugno 2023 https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/pages/it/homepage/pub_rel_par/?frame4_item=1
[2] Nivoli A. Milia P.,DEpalmas C., Nivoli G, Biondi M., Taras G., Lorettu L Sulla psichiatrizzazione e imprevedibilità del comportamento violento sulla persona. Suppl. Riv. Psichiatr. 2020; 55 (6): S33-S39
[3] Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Per un’analisi dei suicidi negli istituti penitenziari, 18 aprile 2023 https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/pages/it/homepage/pub_rel_par/?frame4_item=2