Vaso di Pandora

“Soffro dunque siamo” raccontato da Marco Rovelli

“Dunque amico, non mi dare del matto, se quando vado per i monti, parlo ad alta voce ai fiori e alle farfalle. Credi tu di essere meno matto, quando parli con gli uomini, nella speranza che quelli ti ascoltino?” 

Piero Calamandrei

Di recente, nella Casa dei Circoli delle Culture e dei Popoli, Circolo culturale di Ceriale, abbiamo invitato Marco Rovelli, filosofo, cantautore, narratore e saggista. In questa serata ha raccontato di sé attraverso le sue canzoni e ha narrato il suo ultimo libro dal titolo: “Soffro dunque siamo: un’esplorazione empatica del disagio psichico nella società contemporanea”.

Il significato del sè in “Soffro dunque siamo”

È un libro interessante dal linguaggio semplice e comprensibile anche per i non addetti ai lavori. Attraverso un approccio interdisciplinare che abbraccia la filosofia, la psicologia, la farmacologia e la spiritualità, Rovelli ci conduce in un viaggio che ci sfida a riflettere sul significato del sé e della coscienza. Ci invita a esplorare le domande fondamentali che ci definiscono come esseri umani: Chi siamo veramente? Da dove veniamo? Qual è il nostro posto nell’universo?

L’autore ci invita a esplorare le profondità della psiche umana, offrendo un’analisi puntuale delle sfide che molti individui affrontano nel loro quotidiano. Rovelli ci conduce attraverso una panoramica delle molteplici manifestazioni del disagio psichico, dall’ansia alla depressione, dall’isolamento alla chiusura emotiva, dalla dipendenza di sostanze alla dipendenza affettiva e non ultima dei social.

Una delle tesi centrali del libro è la concezione della nostra società come una “società degli individui“, dove l’individualismo dilagante può alimentare un senso di solitudine e alienazione. Rovelli mette in luce come, nonostante l’iperconnessione attraverso i mezzi digitali, molti si sentano più soli che mai, intrappolati in una rete di superficialità e distanza emotiva.

Tuttavia, ciò che rende questo libro interessante è la sua capacità di andare oltre l’analisi dei problemi per offrire prospettive e soluzioni concrete. In “Soffro dunque diamo”, l’autore sottolinea l’importanza di coltivare relazioni autentiche e connessioni significative con gli altri come antidoti fondamentali al disagio psichico. Inoltre, promuove un approccio olistico alla salute mentale, che considera non solo i fattori biologici e psicologici, ma anche quelli sociali e culturali.

L’equilibrio tra rigore accademico e umanità nel libro di Rovelli

Ciò che distingue “Soffro dunque diamo” è il suo equilibrio tra rigore accademico e umanità. L’autore intreccia abilmente le teorie della personalità con storie personali e casi clinici, creando un’opera che è allo stesso tempo formativa e coinvolgente. La scrittura di Rovelli è permeata da una profonda sensibilità verso il dolore e la sofferenza del prossimo, trasmettendo una sensazione di vicinanza e comprensione che risuona nel cuore e nella mente del lettore, aprendo la strada ad una maggiore consapevolezza e guarigione emotiva.

In quella serata al Circolo la presentazione del libro, alternata a brani musicali, mi ha portato a fare connessioni con il mio lavoro, con la mia formazione e mi sono venuti in mente concetti che mi aiutano ancora oggi ad ascoltare, comprendere l’altro attraverso il racconto della propria storia.

La prospettiva di Gregory Bateson

A questo proposito Gregory Bateson sosteneva che “la mappa non è il territorio“: è una delle idee fondamentali sviluppate dall’antropologo di Palo Alto. Questa frase semplice, ma profonda, sottolinea la distinzione tra la realtà oggettiva (il territorio) e le rappresentazioni mentali che abbiamo di essa (la mappa).

Per Bateson, la mappa rappresenta i nostri modelli mentali, le nostre credenze, le nostre interpretazioni della realtà. Tuttavia, queste mappe non sono la realtà stessa; sono solo delle rappresentazioni che creiamo per navigare nel mondo. La realtà, il territorio, è sempre più complessa e sfaccettata di quanto possiamo catturare con le nostre mappe concettuali.

Questo concetto ha profonde implicazioni per la nostra comprensione della comunicazione, della percezione e dell’interazione umana. Le persone tendono a creare le proprie mappe del mondo basate sulle proprie esperienze, convinzioni e cultura. Tuttavia, queste mappe possono essere incomplete o distorte, portandoci a interpretare erroneamente la realtà o a non riconoscerne la complessità.

Bateson, ci invita alla flessibilità mentale, ci ricorda di essere consapevoli dei nostri limiti nella comprensione del mondo e ci incoraggia ad essere aperti alle diverse prospettive e interpretazioni. Ci invita inoltre ad esaminare criticamente le nostre mappe mentali e a confrontarle con la realtà oggettiva, in modo da adattarle e migliorarle continuamente.

L’importanza dell’empatia in “Soffro dunque siamo”

In un’epoca in cui le persone sono spesso divise da visioni del mondo contrastanti e da polarizzazioni ideologiche, il concetto di “la mappa non è il territorio” assume un’importanza ancora maggiore. Ci ricorda di praticare l’empatia, di essere aperti al dialogo e di cercare di comprendere le diverse prospettive degli altri, riconoscendo che ognuno ha la propria mappa unica del mondo.

Ed è questo il bello del nostro lavoro: comprendere la diversità, comprendere il modo migliore di stare al mondo adattandosi o cercando di cambiare noi stessi inoltrandoci nella nostra storia, nel nostro essere relazioni e non individui isolati.

Note Bibliografiche
1

Diario II 1942-1945 di Piero Calamandrei (Edizioni di Storia e Letteratura, 1982)

 

2

Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui. (Marco Rovelli, ed. Minimum fax, 2023)

3

Verso un’ecologia della mente. (Gregory Bateson, ed. Adelphi, 1989)

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