Ringrazio Franco Corleone per aver posto al centro dell’attenzione una questione tanto cruciale quanto complessa: la tutela della salute mentale e il destino di trasformazione delle Rems.
Il suo intervento evidenzia le contraddizioni e le criticità di un sistema che rischia di regredire verso soluzioni già abbandonate dalla storia, come il ritorno a strutture simili ai vecchi manicomi. Davvero possiamo considerare un “progresso” la creazione di una REMS di primo livello, caratterizzata dalla “massima intensità di cura e alta sicurezza”, che nei fatti richiama modelli istituzionali del passato? Non è forse più urgente interrogarsi sulle radici stesse del problema, come la bulimia delle perizie psichiatriche o il perpetuarsi del “doppio binario” previsto dal Codice Rocco?
L’articolo denuncia con rigore il rischio di derive autoritarie che minano le fondamenta di un sistema che, con la chiusura degli OPG, aveva avviato una rivoluzione nella gestione della salute mentale. Le questioni poste sono di portata epocale: come garantire la territorialità e il numero chiuso delle REMS senza trasformarle in semplici strumenti di contenimento? E soprattutto, come superare le logiche punitive che sembrano riaffiorare dietro proposte normative che ignorano il valore della dignità umana e del reinserimento sociale?
È dunque più che mai necessario aprire uno spazio di confronto che metta sul tavolo queste criticità, permettendo agli autori competenti – psichiatri, giuristi, operatori e rappresentanti dei diritti umani – di dialogare su soluzioni che siano realmente rispettose dei principi costituzionali e della dignità della persona. Solo così sarà possibile scongiurare un ritorno a pratiche che la nostra società aveva già scelto di abbandonare.
Norberto Miletto
La trasformazione delle Rems in piccoli manicomi
Ho denunciato in più occasioni il rischio che la nostalgia del manicomio si materializzasse in proposte concrete e non mi ha sorpreso la lettera inviata dal Capo di gabinetto del Ministero della Salute ai Presidenti delle Regioni il 23 dicembre scorso, sulla tutela della salute mentale e sul
destino delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza.
Davvero un regalo avvelenato sotto l’albero di Natale. Infatti, il dott. Marco Mattei affronta con spericolata leggerezza nodi delicati come il giudizio sulla sentenza n. 22 del gennaio 2022 della Corte Costituzionale e sulle indicazioni da questa offerte al Parlamento per superare alcune criticità della legge 81 del 2014. Il cuore di quella sentenza era rappresentato dalla denuncia di un ricorso eccessivo a una legislazione secondaria, attraverso accordi tra Stato e regioni e veniva sollecitato u intervento del Parlamento.
Stravolgere i principi della legge 81
Invece il ministero della salute intende proseguire sulla strada censurata della Consulta addirittura stravolgendo i principi fondamentali della legge 81. Soprattutto, nella lettera è assunto come assodato un numero alto e insostenibile di persone in lista d’attesa per l’ingresso in Rems, ma non vengono forniti dati puntuali sulle presenze attuali nelle singole strutture (in alcune Rems vi sono posti vuoti) e sulla situazione nelle diverse regioni; non viene approfondito il fatto non irrilevante se queste persone sono abbandonate a se stesse o sono accolte in altre strutture assistenziali o terapeutiche (in tal caso sarebbe superata la necessità di internamento in Rems).
Superficialmente è citato un ricorso inappropriato alla detenzione in carcere di prosciolti, quando invece il problema nasce per il cambiamento della condizione di un soggetto che per decisione del magistrato si trasforma da detenuto a internato e nasce quindi il problema della individuazione di un posto in Rems: le quali, per funzionare correttamente, devono rispondere ad alcuni requisiti, come la territorialità e il numero chiuso. Nessun accenno alla bulimia delle perizie per stabilire la incapacità totale o parziale di intendere e volere degli imputati, che i magistrati sollecitano e fanno proprie (tranne nei casi mediatici in cui l’eventuale giudizio di vizio di mente provocherebbe la sollevazione dell’opinione pubblica, come è accaduto nel recente processo Turetta e di altri casi di femminicidio).
La misura di sicurezza non detentiva
Addirittura, viene censurata l’utilizzo della misura di sicurezza non detentiva, cioè della libertà vigilata, disposta dal magistrato di sorveglianza che in molti casi è opportuna e meno invasiva. Un vero guazzabuglio per fini inconfessabili. Per non parlare della strumentalizzazione del
contenzioso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. La conclusione esplicita e senza pudore minaccia la predisposizione di una riforma del sistema, più per stravolgerlo che per risolvere criticità che inevitabilmente esistono quando si compie una rivoluzione, seppure gentile, come la chiusura degli Opg, la più complessa delle istituzioni totali.
La soluzione annunciata consisterebbe nel costituire quattro diverse strutture per l’esecuzione delle misure di sicurezza; l’unica chiara ed esplicita è la creazione di una Rems di primo livello caratterizzata dalla “massima intensità di cura e dalla alta sicurezza” (sic!): insomma un piccolo manicomio.
Le Regioni saranno in grado di dare una risposta adeguata a questa provocazione? Il rischio è che qualche regione collocata politicamente accetti supinamente l’offerta avvelenata. Appare sempre più evidente l’opportunità di una soluzione radicale, superando il “doppio binario” del Codice Rocco con l’eliminazione del proscioglimento “per incapacità di intendere e volere al momento del fatto criminoso”.
Trasformazione delle Rems: la proposta della Società della Ragione
Sul tappeto vi è la proposta elaborata dalla Società della Ragione con il sostegno di tanti psichiatri, giuristi e esponenti del movimento dei diritti, depositata alla Camera dei deputati da Riccardo Magi con il numero 1119. Di questo tema si è discusso nella Conferenza nazionale autogestita sulla salute mentale che si è svolta a Roma il 6 e 7 dicembre con la partecipazione di centinaia di operatori.
In quella sede è stata contestata anche la proposta di legge (n. 1179) di Fratelli d’Italia, partito a cui fa riferimento il ministro della Salute, che stravolge requisiti e durata del Trattamento sanitario obbligatorio (Tso), prevede di effettuare il Tso in ambito detentivo, e crea piccoli manicomi nelle prigioni. Proprio in questi giorni si ha notizia della costruzione a Castiglione delle Stiviere, sede di sei Rems, di nuovi padiglioni in sostituzione dei vecchi edifici che assomigliano paurosamente a carceri di massima sicurezza. Inoltre la scelta di caratterizzare le singole strutture per patologia anticipa lo stravolgimento minacciato dal ministero della Salute. Purtroppo il manicomio giudiziario in Lombardia ha retto al cambiamento e ora apre alla reazione.
C’è del metodo in questa follia, occorre una risposta che sia all’all’altezza della sfida. Operatori e militanti devono prendere parola con intransigenza.