Secondo la definizione dello psicologo americano Carroll Izard, risalente al 1979, il senso di colpa è un’emozione complessa. Durante il corso della vita, ognuno di noi la sperimenta. Ci sentiamo in colpa quando contravveniamo a una regola, non svolgiamo il nostro dovere, facciamo soffrire qualcuno oppure lo deludiamo. Si tratta di una di quelle emozioni che gli psicologi definiscono secondaria, alla stregua di vergogna, disprezzo e orgoglio. Prima del compimento del diciottesimo mese di vita, gli esseri umani non sono in grado di provarla perché non hanno ancora sviluppato alcuna immagine di loro stessi. Il senso di colpa è autoriflessivo, dal momento che prevede un ragionamento su sé stessi all’interno del contesto sociale. Il nostro rapporto con la società e le regole che essa ci impone sono la causa di questa emozione. Quando lo proviamo senza motivo, parliamo di senso di colpa patologico.
Senso di colpa patologico: quando si verifica
Ognuno di noi possiede un’etica e una morale interiori. Tipicamente, ce la trasmettono gli adulti di riferimento: genitori, insegnanti, istituzioni religiose e/o culturali. Lo fanno in maniera diretta o indiretta, attraverso esempi di comportamento, rimproveri e punizioni. Il senso di colpa che proviamo è una conseguenza del desiderio intrinseco di far parte della società ed esserne accettati. Nel momento in cui trasgrediamo queste norme ci sentiamo in questa maniera, poiché offendiamo le idee che ci sono state date di giusto e sbagliato o di buono e cattivo. Generalmente, un simile stato d’animo si costituisce come emozione positiva di tipo altruistico: se faccio del male a qualcuno, il senso di colpa sperimentato può essere deterrente alla ripetizione del gesto. In questo caso, l’emozione è un importante fattore di crescita nonché un considerevole meccanismo di autocritica, il quale contribuisce a renderci responsabili nei confronti degli altri e di noi stessi.
Quando questa emozione è costante e sproporzionata rispetto ai gesti commessi, oppure omessi, influisce, in maniera anche profonda, sulla qualità della vita. Nei casi peggiori, la continua convivenza con questa sensazione ci porta a sviluppare veri e propri disturbi psichici, quali:
- depressione, causata dalla continua autocolpevolizzazione dell’individo;
- disturbi d’ansia, dovuti al fatto che il soggetto non riesce a vivere all’interno dell’immagine di sé che desidera fornire;
- disturbo post traumatico da stress, figlio dell’autoattribuzione di responsabilità legate a un evento spiacevole o doloroso, anche nel caso in cui non si abbia in realtà alcuna colpa;
- disturbo ossessivo compulsivo;
- fobie;
- dipendenze.
Manifestazioni del senso di colpa patologico
La manifestazione più chiara del senso di colpa patologico è attraverso preoccupazioni costanti. Chi ne soffre, si preoccupa di procurare fastidio alle altre persone, teme di essere responsabile del loro cattivo umore, subisce troppo gli eventi sgradevoli che accadono, assumendosene ogni colpa. In alcuni casi, per innescare il sentimento, basta immaginare il compimento di un’azione scorretta: ci si autopunisce così per il pensiero, anche se non è accompagnato da nessuna reale intenzione né, dunque, da alcuna conseguenza. Il senso di colpa non è un’emozione in grado di rafforzare il nostro senso di responsabilità. Non ci fa crescere. Al contrario, si pone come un fattore di blocco, che induce l’individuo ad autopunirsi per qualsiasi cosa, privando sé stesso di gioie e ricompense.
Un senso di colpa costante, e doloroso, è prodotto di una scarsa autostima. In aggiunta, contribuisce ad abbassarla ulteriormente. Questo stato d’animo dà il via a un circolo vizioso dal quale è complesso uscire. Si tratta di un pessimo compagno di viaggio per la vita. Come già scritto, la sensazione è fisiologica e nessun essere umano può privarsene. Ne andrebbe della sua natura. Il problema non sta in questo, bensì si crea quando non riusciamo più a gestirlo, perché ci sovrasta e si trasfroma in senso di colpa patologico. A questo punto, una volta che si è manifestato, possiamo – e dovremmo – intavolare una strategia ben precisa, sviluppata in compagnia di uno specialista. Un curato iter di terapia può trarci in salvo da queste sabbie mobili rapide e vorticose.
Gestire e contrastare questo stato d’animo
Esistono casi studio nei quali le pratiche di auto-aiuto si sono dimostrate utili ad alleviare alcune situazioni dolorose causate dal senso di colpa. Esse, però, non sono mai state sufficienti per risolverle. L’aiuto di un terapeuta formato, preparato e attento alle peculiarità, nonché alle unicità di ognuno dei suoi pazienti fa la differenza. Sfortunatamente, non esiste un’unica soluzione valida e funzionale per tutti, contro il senso di colpa patologico. Ciascuno di noi porta il suo bagaglio, la sua storia personale e i suoi specifici motivi scatenanti. Ogni situazione è individuale e necessita di un rimedio individuale. Quel che possiamo fare, da questo spazio, è suggerire alcune piccole strategie utili ad affrontare quel senso di colpa eccessivo, che non ha nessuna ragione di fare la sua comparsa.
- Comprendiamo i nostri limiti: non possiamo controllare tutto e su gran parte delle cose di cui ci attribuiamo una certa responsabilità, non ne abbiamo in realtà alcuna.
- Osserviamo il senso di colpa da un punto di vista esterno. La patologia della colpa riguarda principalmente degli errori nell’attribuzione della responsabilità. Non sentiamoci colpevoli delle azioni degli altri o degli avvenimenti casuali indipendenti dalla volontà personale. Osserviamo i sensi di colpa dall’esterno e comprendiamone la ragionevolezza. Se non ci riusciamo, forse è perché non ve n’è.
- Impariamo a perdonarci. Il passato è, appunto, passato. Nessuno può modificarlo. Possiamo soltanto farci i conti. Tutti sbagliano, ma poi ci si rialza. Se non siamo oggi la persona che vorremmo essere non c’è problema, possiamo diventarlo domani.
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