Un commento all’articolo “Detenuti e diritti: Nordio o Bergoglio” uscito su Il Messaggero il 30 dicembre 2024.
Ringrazio Franco per la generosità con cui condivide le sue preziose osservazioni. Ci accomuna il valore di una sfida che vede nella dignità personale il senso del nostro operare.
Concordo sul ritenere urgente una riorganizzazione radicale del sistema carcerario e detentivo in genere, dove ognuno debba fare onestamente la propria parte.
Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una serie di assurdità che Corleone ha ben definito con: “L’inventare nuovi reati anziché cambiare il Codice Rocco”.
Pare veramente strumentale per qualcuno utilizzare la detenzione come possibilità di incanalare un sadico controllo sociale che nulla ha a che vedere con la rieducazione e la riabilitazione.
A ciò si aggiunga la quasi totale assenza di rete territoriale che abbia lo spazio mentale e le risorse sociali per fornire opportunità di inserimento lavorativo anche a titolo volontario.
L’intervento di Papa Bergoglio voglio pensare possa aprire le coscienze a chi ritiene che la repressione non ci si ritorca contro prima o poi.
Grazie quindi a Franco Corleone per il coraggio e per essere sempre all’altezza della nostra sfida dell’ impossibile.
Monica Carnovale
Detenuti e diritti: scegliere tra Nordio e Bergoglio
Si sta chiudendo un anno orribile nel mondo tra guerre e genocidi con la parola alle armi, sempre più sofisticate, più stupide e disumane rispetto a quelle crudeli del passato.
Il carcere in Italia ha vissuto in questi dodici mesi una catastrofe umanitaria nella totale irresponsabilità del Governo e del ministro Nordio, incapace di un disegno di riforma e che in due anni ha licenziato o costretto alle dimissioni due capi del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Carlo Renoldi e Giovanni Russo. Ora aspettiamo la terza vittima sulla via dell’apocalisse.
Neppure il record di 89 suicidi di detenuti e di sette agenti di polizia penitenziaria ha turbato il sonno di chi ritiene che si tratti di danni collaterali che non meritano compassione.
In realtà c’è qualcosa di torbido nella gestione del carcere da parte di chi vorrebbe stuprare l’art. 27 della Costituzione che solennemente proclama che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Infatti nel disegno di legge sulla “sicurezza” in discussione al Senato tra tante nefandezze addirittura si criminalizza la resistenza passiva e la nonviolenza e si prevedono pesanti condanne e anni di carcere per i detenuti che rivendicheranno pacificamente i loro diritti. Si stanno costituendo dei Gruppi di intervento operativo (GIO), per sedare (o alimentare?) le supposte rivolte e il logo scelto è lugubre e sembra uscito dalla grafica del regime degli anni trenta.
Le parole di Papa Bergoglio
Nel cielo plumbeo si è aperto però uno squarcio dirompente: le parole di Papa Bergoglio nel carcere di Rebibbia per l’apertura della seconda Porta Santa del Giubileo rappresentano un discrimine tra umanità e crudeltà, tra il diritto e la violenza, tra la verità e la ipocrisia.
Siamo di fronte a un imperativo morale ineludibile; bisogna scegliere tra Carlo Nordio, sedicente ministro della Giustizia e Papa Francesco, l’uomo della speranza.
Un invito a tutte e a tutti di farsi carico di una giustizia che non sia vendetta, a “essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio”, a partire dai detenuti che, “privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto”. Per questo il Papa propone ai governi che nell’anno del Giubileo “si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”. La cinica risposta che si tratterebbe di una resa dello Stato è solo una bestemmia senza pudore.
I sovraffollamento nelle carceri
Dopo il Covid e tanti anni di sovraffollamento che hanno motivato la condanna dell’Italia da parte della Cedu, la Corte europea dei diritti umani, a causa delle condizioni di vita inaccettabili, una misura di riparazione sarebbe più che giustificata. Si afferma con iattanza che un provvedimento di amnistia e indulto non servirebbe a niente perché dopo poco tempo si riprodurrebbe la condizione precedente. È vero solo se non si facesse altro e addirittura si continuasse a inventare nuovi reati (invece di cambiare il Codice Rocco): un indulto di due anni farebbe uscire dal carcere circa 20.000 persone e si traccerebbe una linea insuperabile eliminando la detenzione sociale e facendo tornare il carcere ad essere una extrema ratio.
Udine dopo la marcia non violenta del 21 dicembre partita dal Duomo con la presenza del Vescovo e una partecipazione incredibile può diventare il luogo della sperimentazione sociale del messaggio “Aprire le porte e aprire il cuore alla speranza”, e il carcere, con la creazione di nuovi spazi di socialità e di cultura, rappresenterà un nuovo volto di galera da cui sprigionare idee e futuro.
Detenuti e dirizzi: cosa fare
Che fare, subito? Ognuno il suo:
- i giudici applichino al momento del giudizio le possibili misure alternative;
- la magistratura di sorveglianza conceda integralmente il periodo dei permessi premio e provveda subito alle sessanta misure alternative per i detenuti nei termini;
- la Regione e il Comune prevedano un piano straordinario di housing sociale e di opportunità di lavoro;
- la Asl garantisca il diritto alla salute con la presenza di medici a tempo pieno, psicologhe/i e psichiatri e luoghi terapeutici per una detenzione per i soggetti con problemi di salute mentale;
- il Parlamento approvi una legge sul numero chiuso per le carceri rispettando la capienza regolamentare come in tutti i luoghi pubblici, l’istituzione delle case di reinserimento sociale per chi deve scontare meno di dodici mesi di pena, affidate alla responsabilità dei sindaci, dei servizi sociali e del volontariato, senza polizia penitenziaria che tornerebbe ai suoi compiti senza impossibili supplenze.
La società civile, le associazioni di volontariato e il terzo settore, sono sicuro, faranno la loro parte.
I detenuti hanno nelle loro celle il calendario predisposto per il terzo anno dalla Società della Ragione, da Icaro e dal Garante dei diritti dei detenuti con dodici articoli fondamentali della Costituzione e con pensieri di testimoni della nonviolenza e arricchito da disegni di alcuni di loro che hanno partecipato a un corso di pittura all’interno delle mura.
La lettera di Natale “Alziamo lo sguardo” invita all’azione consapevole: Pierluigi Di Piazza dopo le parole di Bergoglio organizzerebbe il popolo dei credenti in altro che nel potere, per conquistare i diritti e la dignità degli ultimi e farebbe proprio lo slogan “Via Spalato è della città”.
Abbiamo il dovere di essere all’altezza della sfida dell’impossibile.