Immaginate di vivere con la sensazione costante di essere inadeguati, di non riuscire a stare al passo con gli altri, di dover sempre fare il doppio dello sforzo per ottenere la metà del risultato. Questa è la realtà di molti adulti con dislessia non diagnosticata, un disturbo specifico dell’apprendimento che, se non riconosciuto e trattato, può avere un impatto significativo sulla psiche e sulla qualità della vita. Se la dislessia viene individuata precocemente, il bambino può ricevere supporto adeguato e sviluppare strategie per affrontare le difficoltà. Ma quando questo non accade? Quando la diagnosi arriva tardi, o non arriva affatto, le conseguenze si riflettono nella sfera emotiva, lavorativa e relazionale dell’individuo, generando ansia, stress e un profondo senso di inadeguatezza.
Dislessia da adulti: il peso emotivo
Uno degli aspetti più delicati della dislessia non diagnosticata è l’impatto che ha sull’autostima. Fin dall’infanzia, chi ne soffre può sentirsi “meno intelligente”, semplicemente perché incontra difficoltà in attività che per gli altri sembrano semplici, come leggere ad alta voce o scrivere senza errori. L’assenza di una diagnosi fa sì che queste difficoltà vengano attribuite a scarsa attenzione, pigrizia o mancanza di impegno, portando il soggetto a interiorizzare un senso di colpa e di vergogna.
Molti adulti con dislessia non diagnosticata sviluppano una forte ansia legata alle prestazioni: il timore di commettere errori in pubblico, di non riuscire a comprendere un testo velocemente, di non essere all’altezza delle aspettative. Questo può sfociare in una tendenza al perfezionismo patologico, dove ogni errore viene vissuto come una conferma della propria inadeguatezza. Il rischio è quello di cadere in un circolo vizioso in cui la paura di sbagliare porta alla procrastinazione o all’evitamento di situazioni impegnative, con ripercussioni sulla carriera e sulla vita sociale.
Dislessia da adulti: la diagnosi tardiva
Scoprire di avere la dislessia da adulti può essere un’esperienza ambivalente. Da un lato, c’è il sollievo di dare finalmente un nome alle proprie difficoltà, di comprendere che non si è “stupidi” o “incapaci”, ma semplicemente si ha un diverso funzionamento neurocognitivo. Dall’altro, può emergere un senso di lutto per il tempo perso, per tutte le occasioni mancate a causa della mancanza di un adeguato supporto. La diagnosi tardiva comporta quindi un processo di rielaborazione psicologica: accettare il proprio passato, riconoscere le proprie difficoltà senza colpevolizzarsi e trovare nuove strategie per affrontare il presente con maggiore consapevolezza e serenità.
Strategie psicologiche per affrontare la dislessia in età adulta
Affrontare la dislessia non significa solo sviluppare strumenti compensativi, ma anche lavorare sul proprio benessere psicologico. Alcuni percorsi possono rivelarsi particolarmente utili:
- psicoterapia: un percorso con uno psicologo o uno psicoterapeuta può aiutare a elaborare le emozioni legate alla dislessia, migliorare l’autostima e ridurre l’ansia da prestazione. Approcci come la terapia cognitivo-comportamentale possono essere particolarmente efficaci nel modificare schemi di pensiero negativi
- mindfulness e gestione dello stress: pratiche come la meditazione mindfulness possono aiutare a ridurre l’ansia e migliorare la concentrazione, permettendo di affrontare con maggiore lucidità le difficoltà quotidiane
- supporto sociale: condividere la propria esperienza con altre persone che hanno vissuto situazioni simili può essere di grande aiuto. Esistono gruppi di supporto, sia in presenza che online, dove confrontarsi e scambiarsi consigli
- sviluppo di strategie compensative: oggi esistono numerosi strumenti tecnologici che possono aiutare chi ha difficoltà nella lettura e nella scrittura, come software di sintesi vocale, app per l’organizzazione del tempo e strumenti per la scrittura assistita. Saper utilizzare queste risorse può fare la differenza nella gestione della vita quotidiana
Dalla consapevolezza all’accettazione
La dislessia non è una condanna, ma una condizione con cui si può convivere serenamente, se affrontata con le giuste strategie e un adeguato supporto psicologico. Il primo passo è smettere di percepirla come una colpa o un limite invalicabile, e iniziare a vederla per quello che è: una differenza nel modo di apprendere, che può essere gestita e valorizzata. Per chi ha vissuto anni senza una diagnosi, il percorso di accettazione può essere lungo e complesso, ma è possibile trasformare la propria narrazione: non più quella di un individuo “difettoso”, ma di una persona con una mente unica, che può trovare il proprio modo di esprimersi e realizzarsi.