Commento alla notizia apparsa su La Repubblica il 10 Aprile 2016
MARASSI, L’ODISSEA DEI DETENUTI PSICHIATRICI SE IL CARCERE DIVENTA LA DISCARICA SOCIALE
Questo articolo raffinato e doloroso porta alla luce una situazione estremamente critica della nostra società.
La possibilità di dare risposte ai bisogni e alle necessità di cura di persone che hanno problematiche stratificate, persone con disturbi psichiatrici che hanno commesso reati di varia entità e natura.
E’ possibile che questo binomio metta in seria difficoltà chi è preposto a prendere decisioni circa il trattamento e il percorso possibile per una corretta cura e riabilitazione sociale.
E’ anche possibile che tra le varie possibilità offerte dalla legislazione vigente non si stiano mettendo in atto le misure previste e che ci sia in qualche modo una latitanza, non solo da parte delle istituzioni, ma della società civile nel suo complesso, come se queste persone non interessassero, non avessero anche loro diritto di cura.
Non è mai sano per un sistema nascondere i problemi, questi emergono poi con più clamore e la loro gestione diventa ancora più difficoltosa.
Gli operatori che prestano il loro servizio in questo ambito conoscono bene la situazione, perché quotidianamente si trovano a confrontarsi con questi problemi con pochi strumenti utili a contrastare la sofferenza di questi pazienti carcerati e l’unico mezzo che hanno è quello relazionale, il rapporto terapeutico e educativo che con passione e determinazione ogni giorno costruiscono, che può essere a volte gratificante, ma costa molta fatica e spesso frustrazione.
Loro costruiscono un ponte verso un futuro possibile, creano legami che possano generare meccanismi virtuosi, cura, riabilitazione e reinserimento sociale.
Un ponte necessita di vari punti di appoggio e le istituzioni hanno un ruolo fondamentale, sia nella ricostruzione che nella continuazione verso un’esistenza possibile per queste persone.