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Effetto freezing: cosa è e come influisce sulle risposte comportamentali

Con “effetto freezing” si indica una specifica risposta psicofisiologica a un evento percepito come minaccioso o eccessivamente stressante: come suggerisce il nome, questo si manifesta con l’improvviso arresto di ogni movimento.
Conosciuto anche come “immobilizzazione tonica,” questo fenomeno si riscontra in molte specie, compreso l’essere umano, come una reazione istintiva a un pericolo imminente.
L’effetto freezing è uno dei tre meccanismi principali di risposta allo stress, insieme alla fuga e alla lotta. Comprendere la natura e le dinamiche alla base di questo “congelamento” ci permette di acquisire consapevolezza sulle nostre reazione e aumentare la capacità di gestirle in situazioni di pericolo, ma anche a supportare chi ha vissuto tali esperienze.

Cos’è l’effetto Freezing?

L’effetto freezing può essere descritto come una sorta di “congelamento” fisico che si attiva involontariamente in situazioni di stress intenso o paura. È caratterizzato da una temporanea paralisi dei movimenti muscolari volontari, spesso accompagnata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione verso lo stimolo minaccioso. In altre parole, è come se il corpo e la mente “congelassero” momentaneamente ogni altra attività per valutare la situazione e prepararsi a reagire in modo appropriato.

Questo meccanismo va osservato in ottica evolutiva: in natura infatti, fermarsi e rimanere immobili può ridurre la possibilità di essere individuati da un predatore, e quindi di essere attaccati. Nell’uomo moderno assistiamo a un adeguamento del fenomeno al contesto sociale: l’effetto freezing può manifestarsi infatti in diverse situazioni e a seconda delle caratteristiche e del trascorso di che ne fa esperienza. Che si verifichi davanti a un pericolo fisico reale (ad esempio, un incidente d’auto) o a situazioni di stress psicologico acuto (come parlare in pubblico), il freezing può sembrare paralizzante e dunque un ostacolo alla nostra capacità di reagire, ma come abbiamo visto il suo obiettivo primario è proteggere l’individuo, fornendo un tempo per valutare l’ambiente e decidere come agire.

Come funziona il Freezing a livello neurobiologico?

Il freezing è il risultato di una complessa interazione tra il sistema nervoso autonomo e il cervello, in particolare con l’attivazione dell’amigdala, cioè la struttura cerebrale centrale nella gestione delle emozioni, soprattutto della paura. Quando percepiamo una minaccia, l’amigdala invia segnali alle altre parti del cervello per preparare il corpo a reagire. In questo processo, anche il sistema nervoso simpatico viene attivato, aumentando la frequenza cardiaca e la produzione di adrenalina, per preparare il corpo a una reazione immediata.

In molte situazioni, però, invece di spingerci alla fuga o all’attacco, il corpo sceglie il congelamento come risposta iniziale, inibendo temporaneamente i movimenti. La ragione di questa inibizione sta proprio nell’intento di guadagnare tempo, un meccanismo utile per animali in natura, che hanno bisogno di valutare con estrema attenzione i movimenti di un predatore o la presenza di altri pericoli esterni. Nel contesto umano moderno, anche se non ci sono veri predatori, il nostro sistema nervoso risponde in modo simile di fronte a situazioni percepite come minacciose.

Effetto Freezing e risposte comportamentali

L’effetto freezing ha un impatto rilevante sulle nostre risposte comportamentali. Questa reazione non è va liquidata come una risposta passiva: al contrario, influenza profondamente le scelte e le azioni che andremo a intraprendere subito dopo. Durante il congelamento non siamo infatti realmente fermi e non si tratta di una “non reazione”: come abbiamo visto, durante il freezing il corpo è all’erta, raccoglie informazioni e valuta i rischi. Non è raro infatti ascoltare testimonianze di persone che, dopo questa breve fase di immobilizzazione, si sono lanciati in una rapida fuga perché si era ad esempio percepita una via di uscita sicura, o che hanno deciso di lottare e affrontare il pericolo dopo aver valutato la probabilità di potersi difendere.

Esistono però casi in cui l’effetto freezing non si limita a un breve momento, ma può prolungarsi, influenzando negativamente le reazioni successive. Questo accade, ad esempio, in situazioni di stress cronico o in condizioni patologiche come il disturbo post-traumatico da stress (PTSD). In questi contesti, l’effetto freezing può portare a un blocco prolungato della risposta emotiva e comportamentale, che compromette il funzionamento della persona.

Vi sono infine altri casi che riguardano le situazioni sociali, durante le quali il freezing può risultare visibile a chi ci circonda. Immaginiamo una persona che deve affrontare una situazione di confronto: il blocco potrebbe essere interpretato dagli altri come incertezza o vulnerabilità, portando a giudizi negativi sul suo comportamento. Ma anche in questo caso dobbiamo tenere a mente che il freezing agisce come una risposta automatica, e non è controllabile volontariamente dalla persona che lo sperimenta.

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Quando di manifesta l’effetto Freezing?

Tra le situazioni più comuni in cui si manifesta il Freezing nel comportamento umani, vi sono:

  1. Situazioni di Pericolo Immediato: se ci si trova davanti a un pericolo improvviso, come un’auto che si avvicina velocemente o una situazione di aggressione, il corpo potrebbe entrare in una fase di congelamento per qualche frazione di secondo prima di reagire.
  2. Stress Psicologico Intenso: il freezing non si manifesta solo in risposta a pericoli fisici; anche le minacce psicologiche, come la paura di un giudizio negativo o la pressione sociale, possono causarlo. Ad esempio, molte persone sperimentano il freezing quando devono parlare in pubblico o affrontare un esame difficile.
  3. Situazioni di Stress Cronico: per chi soffre di PTSD o di altre condizioni legate allo stress, l’effetto freezing può verificarsi anche in assenza di un pericolo immediato, come risposta automatica a un ricordo o a una sensazione di disagio psicologico.

Come gestire l’effetto Freezing

Comprendere e imparare a gestire il freezing può essere utile per ridurne l’impatto negativo, soprattutto nelle situazioni in cui si manifesta senza un pericolo reale o laddove si prolunga molto generando reazioni negative. Il primo passo, necessario e imprescindibile, è approfondire la natura del fenomeno, informandosi sulle situazioni più comuni in cui lo si potrebbe sperimentare, le diverse implicazioni in base ai casi e alla durate, e tutte quelle informazioni basilari che possono permetterci di sapere come gestire questo fenomeno nei casi di necessità. Di fronte a situazioni di pericolo o di grossa intensità è utilissimo praticare la respirazione consapevole: controllare il respiro è uno dei metodi più efficaci per riportare il corpo a uno stato di calma. La respirazione profonda e lenta può inoltre aiutare a ridurre l’attivazione del sistema simpatico e a ripristinare la capacità di movimento. Il freezing si manifesta attraverso segnali fisici e di conseguenza chi pratica tecniche come la mindfulness, che aiuta proprio ad essere consapevoli dei segnali che ci invia il nostro corpo, sarà molto avvantaggiato nel riconoscere e gestire la reazione con consapevolezza.
Nei casi in cui il freezing è frequente e legato a specifiche situazioni scatenanti, bisogna imparare ad affrontare tali situazioni attraverso l’esposizione graduale, come avviene spesso nel trattamento del PTSD. Laddove il freezing sia così frequente da condizionare e limitare la vita quotidiana, l’aiuto di uno psicologo può essere fondamentale.

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