Principio ispiratore della proposta di legge Zaffini, Guidi e altri, appare l’intenzione di estendere l’obbligatorietà e invasività dell’intervento psichiatrico. Qualche punto appare particolarmente significativo.
Le modifiche al TSO
Quanto al TSO, la proposta di legge fa riferimento alla vigente legge 180/78, art. 35, di fatto la modifica, come è evidente con la durata massima del TSO che sale a 15 giorni. Non abroga esplicitamente le garanzie allora previste – intervento del giudice tutelare, possibilità di chiedere la revoca del provvedimento o di fare ricorso, diritto di comunicare con chicchessia – ma neppure le conferma. Raramente il paziente faceva ricorso a queste tutele giurisdizionali, ma la loro stessa esistenza poteva migliorare la sua immagine di sé, spesso così ampiamente compromessa.
La proposta di legge sull’ASO
Più ampio lo spazio dedicato all’ASO, Accertamento Sanitario Obbligatorio: l’art. 5, comma 4, fa carico ai vari DSM di prevedere strutture – non servizi – idonee per l’effettuazione dell’accertamento, quindi si presume che questo vada effettuato, di regola o preferenzialmente, in condizioni di degenza, senza limiti di tempo; almeno, si lascia spazio a tale interpretazione. Se è così, si nota un qualche parallelismo con l’assetto previsto dal regolamento alla legge sui manicomi: Regio Decreto 1/10/1909, che prevedeva un periodo di osservazione e accertamento dell’esistenza o meno del disturbo mentale; non necessariamente in uno specifico “reparto osservazione”, che tuttavia era entrato nella prassi abituale. L’altra differenza con l’attuale proposta di legge è che il periodo di osservazione allora era limitato a giorni 15 + 15, mentre in questo progetto non c’è limite di tempo. Aperta la strada a una detenzione sine die?
La dimensione residenziale
Certo, si pone un particolare accento sulla dimensione residenziale, con previsione di tutta una serie di strutture: intensive, estensive, riabilitative. Sappiamo bene che si tratta di una dimensione non evitabile e potenzialmente utile a seconda del tipo di intervento, ma che la sua ipertrofia può condurre, come in ere passate, a un crescente “caput mortuum” di cronicità; che a sua volta impone la realizzazione di sempre nuove strutture o – forse peggio – l’ampliamento e/o il sovraffollamento di quelle esistenti. Sappiamo per esperienza che il conseguente aumento di spesa ha portato a risparmiare sulle condizioni di vita dei degenti. E’ un circolo vizioso che ben ricordiamo.
Desta perplessità anche l’art. 2, comma 5, sulla presa in carico tempestiva del minore affetto da disturbo mentale: può certo avere un senso terapeutico, ma comporta un rischio di medicalizzazione delle più varie forme di disagio giovanile. Molto dipenderebbe dagli operatori.
Ce n’è abbastanza per sentirsene allarmati. Il nostro è un campo scivoloso, poiché è costante la tentazione di considerare la sofferenza mentale come qualcosa di altro da me”, che invita ad allontanarsene isolandola, anziché prenderne cura e onere. La diffidenza è responsabilità.
Spero e credo che la Società Italiana di Psichiatria faccia sentire la sua voce.
Un grande plauso a Pasquale Pisseri!
Tenuto conto che tira una brutta aria di restaurazione: come denunciato da “Il Fatto Quotidiano”, il Ministero della Sanità ha assegnato euro 1.600.000 per comprare la macchina che fa gli elettroshok, che costa euro 61.000 più il costo di chi la usa. Ci hanno fatto l’es a 20 pazienti sotto la guida del consulente psichiatra del Ministro, dott. Nicolò.
Condivido la preoccupazione. Sul tema segnalo una lettera pubblicata su Quotidiano Sanità del 19 dicembre 2024 https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=126641