Vaso di Pandora

L’empatia: la relazione che cura

Il concetto di empatia venne introdotto da  Robert Vischer, filosofo tedesco e professore di storia dell’arte, a fine ‘800, deriva dal termine empátheiaovvero «sentire dentro» e definisce la capacità di introiezione dell’oggetto artistico da parte dello spettatore. Lo spettatore, chiamato a provare interiormente ciò che il quadro vuole esprimere può talvolta partecipare al dolore che quel quadro trasmette, provando per esso una simpatia (dal greco sympatheia, cioè «patire insieme»).

«Non sono nata per condividere l’odio, ma per condividere l’amore».
«Ora tutto è perduto, poiché quando l’uomo perde la gioia io non ritengo sia vivo, ma piuttosto un morto animato».

(SOFOCLE, ANTIGONE)

Cosa vuol dire provare empatia

Provare simpatia per qualcuno o qualcosa, allora, vuol dire sentirsi vicini a quella persona poiché partecipi del suo dolore. La condivisione del dolore e dei sentimenti è per l’arte un momento fondamentale di introiezione dell’opera. Nell’esperienza artistica l’empatia è fondamentale, dal momento che chi intende fare l’esperienza estetica di un oggetto deve identificarsi in qualche modo con esso.

Questa è la ragione per cui si dice che “la musica ci trasporta sulle sue ali”, che il violino “muove le corde dei nostri sentimenti” o che i mutevoli colori del tramonto creano un analogo mutamento delle nostre emozioni. Chi guarda l’oggetto artistico “si trasforma in quell’oggetto, si identifica con esso e si libera in tal modo da se stesso”(Vischer, 1906). Questo è il potere catartico dell’arte: l’esperienza estetica porta l’artista o lo spettatore fuori da se stesso.

Capire l’empatia tramite il teatro

Aristotele ha descritto come assistere a una grande tragedia purifichi l’anima dello spettatore, proprio perché la tragedia viene messa in scena sul palcoscenico della sua anima, nel momento stesso in cui egli la guarda accadere sul palcoscenico reale. Il teatro è la forma d’arte attraverso cui è più facile capire l’empatia; in esso infatti si verifica l’identificazione più macroscopica degli attori con i personaggi immaginari che essi stanno rappresentando e quella più sottile degli spettatori con gli attori.

L’uomo è un animale sociale per sua natura, tanto che la qualità di vita di una persona si misura anche attraverso le relazioni che è in grado d’instaurare e mantenere, e che vanno a costituire la sua rete affettiva e sociale. Quella che s’instaura tra paziente e terapeuta è un tipo di relazione particolare che costituisce un elemento fondamentale per promuovere il cambiamento. 

L’importanza dell’empatia nella relazione terapeutica

Nei termini comuni quando si parla della relazione terapeutica che si viene a creare tra lo specialista e il paziente, si attira spesso l’attenzione sull’importanza dell’empatia, intesa come una condizione fondamentale che dovrebbe stare alla base di un autentico rapporto terapeuta-paziente, personale sanitario-paziente. La relazione di cura sarebbe caratterizzata dal principio secondo cui per entrare in relazione con il paziente è necessario sentire ciò che lui sente. Proprio questa capacità dovrebbe stare alla base della clinica e della cura.

Edith Stein, definisce l’empatia con il termine tedesco Einfühlung (sentire ‘patico’ – Fühlung), ossia lo sforzo che compie un individuo nel percepire l’esperienza soggettiva di un’altra persona. Un “sentirsi nei panni di un altro” (Leoni, 2013).

Si può quindi intendere una sorta di istinto, una capacità di risuonare con l’altro in virtù di una dotazione istintuale: per esempio, vedendo soffrire un altro, qualcosa risuona in noi, sentiamo il suo dolore, soffriamo con lui e per lui, sentiamo quel che l’altro sente, e proprio questo ci permetterebbe di essergli vicino. Una seconda prospettiva consiste invece nel pensare l’empatia come una sorta di riattivazione di ricordi e di situazioni precedentemente vissute. Così, per esempio, comprendiamo il dolore di un altro perché esso ci ricorda, e riattiva, il dolore che abbiamo a nostra volta un tempo vissuto in prima persona; in questo caso, empatizzare significa proiettare sull’altro ciò che abbiamo vissuto noi in una precedente occasione (Levine, 2010).

Come empatizzare col paziente

Nelle esperienze di cura e riabilitazione, l’operatore può comprendere il paziente perché vive nello stesso mondo. Si può comprendere l’ansia o la depressioneperché comprendiamo, nel corso della relazione, le possibilità che l’esistenza gli ha sottratto. Possiamo comprendere un paziente che rifiuta di alzarsi dal letto perché comprendiamo il suo esser-nel-mondo per le sue paure, comprendiamo lo svanire dell’avvenire, ed è chiaro che la cura in senso autentico deve partire da questo specifico essere nel mondo. Se uno psicoterapeuta non sapesse in quale mondo si trova ad abitare il paziente, non potrebbe neanche progettare quale cammino egli deve fare e dove si può andare insieme. (Costa, 2019).

La relazione che cura fornisce un terreno sicuro e supportivo in cui il paziente può esplorare i suoi vissuti emotivi più profondi, affrontare i traumi passati, esplorare modi più sani di pensare e di comportarsi, e sviluppare una maggiore consapevolezza di sé. È attraverso questa relazione che il paziente può sperimentare la guarigione emotiva e il cambiamento personale significativo.

Empatia

Educare all’ascolto

L’educazione all’ascolto è un processo che mira a sviluppare e potenziare la capacità di ascoltare in modo attivo, empatico e consapevole. Questa competenza è fondamentale nelle relazioni personali, professionali e interpersonali, poiché facilita la comprensione reciproca, la comunicazione efficace e la costruzione di legami significativi.

L’educazione all’ascolto può essere insegnata e praticata in varie situazioni, come corsi di comunicazione, sessioni di formazione aziendale, supervisioni e programmi di sviluppo personale. Inoltre, può essere utile anche in contesti terapeutici, dove l’ascolto empatico è fondamentale per stabilire una connessione significativa con i clienti e facilitare il processo di guarigione. E’ stato questo l’ultimo argomento trattato con il prof. Conforto nell’incontro di formazione in Educazione all’ascolto del 26 aprile.

Oltre ai concetti illustrati fin qui, trovo che sia utile per la comprensione dell’altro l’analisi del contesto, della storia dell’individuo e dei processi comunicativi alla base delle relazioni umane.

Gregory Bateson, antropologo, sociologo e teorico dei sistemi, ha contribuito in modo significativo alla comprensione delle relazioni umane e della comunicazione. Secondo Bateson, l’ascolto relazionale è parte integrante dei processi comunicativi e della costruzione del significato nelle interazioni umane.

Per Bateson, l’ascolto relazionale va oltre la semplice percezione delle parole pronunciate da un interlocutore. Egli sottolinea l’importanza di comprendere il contesto in cui avviene la comunicazione, comprese le dinamiche relazionali, i modelli di interazione e i sistemi di significato condivisi.

Il concetto di “doppio vincolo” di Bateson

Uno dei concetti chiave di Bateson è quello di “doppio vincolo”. Questa idea suggerisce che le persone possono essere poste in situazioni in cui ricevono messaggi contrastanti o ambigui, il che può generare confusione e frustrazione. In questo contesto, l’ascolto relazionale implica la capacità di cogliere e interpretare non solo il contenuto esplicito del messaggio, ma anche il contesto implicito e le dinamiche relazionali sottostanti. Bateson ha evidenziato l’importanza della consapevolezza dei livelli di comunicazione, compresi i livelli di contenuto, relazione e metacomunicazione. L’ascolto relazionale efficace richiede la capacità di navigare tra questi diversi livelli e di cogliere i sottili segnali che trasmettono informazioni su come interpretare e rispondere ai messaggi comunicativi.

Humberto Maturana e Francisco Varela biologi, filosofi della teoria dei sistemi, hanno contribuito significativamente alla comprensione della mente, della cognizione e delle relazioni umane. Secondo Maturana e Varela, l’ascolto non è solo una questione di percezione sensoriale, ma implica anche la capacità di attribuire significato e senso alle esperienze. Questo coinvolge la capacità di cogliere i pattern ricorrenti e le strutture relazionali che emergono dalle interazioni con l’ambiente e con gli altri individui.

Per Maturana e Varela, la cognizione e l’esperienza sono strettamente legate all’azione e all’interazione con l’ambiente. Essi sostengono che la realtà è co-costruita attraverso il processo di interazione tra un organismo e il suo ambiente e da qui il concetto di “autopoiesi” il continuo scambio di materia ed energia con l’ambiente. In questo contesto, l’ascolto diventa un atto di partecipazione attiva al processo di co-costruzione dell’identità e della realtà.

L’ascolto efficace richiede quindi, la consapevolezza delle proprie predisposizioni, dei pregiudizi e delle aspettative che possono influenzare la percezione e l’interpretazione delle esperienze.

Note Bibliografiche
1

La fenomenologia della cura medica. Corpo, Malattia e riabilitazione. Scholé. Brescia. Costa V., Cesana L., 2019

2

La fenomenologia come esercizio. Postfazione in Calvi L., (2013) La coscienza paziente. Roma. Leoni F., 2013

3

In an Unspoken Voice. How the body Releases Trauma and Restores Goodness. North Atlantic Books, Berkeley (California). Levine P.A., 2010

4

L’ arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione. Rollo May, Astrolabio-Ubaldini editore, Roma 1991

5

La civiltà dell’empatia. Jeremy Rifkin, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, 2010

6

Simbolo e forma. Robert Vischer, Frederich Vischer. Ed. Aragno, 2003

7

Sofocle, Antigone, A cura di massimo Cacciari. Nota di regia di Walter Le Moli. Ed. Giulio Einaudi, 2017

8

Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente. Humberto Maturana, Francisco Varela. Ed. Marsilio, 2001

9

Verso un’ecologia della mente. Gregory Bateson, ed. Adelphi, 1989

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