Apprezzo l’invito di Silvia Rivolta a non strumentalizzare lo scivolone del Papa sulla “frociaggine” e a ragionare sui seminari e i seminaristi. Cercherò di dire qualcosa su questo. A patto però di non far finta che lo scivolone sia insignificante, frutto solo di imbarazzo linguistico. No, le parole sono pietre, e nessuno, tantomeno il Papa, può ignorare che quella parola di pietra ha rappresentato (e ancora rappresenta per certi versi, e comunque ricorda) discriminazione, esclusione e persecuzione.
Le parole del Papa
E non è un caso che l’infelice scivolone sia venuto fuori parlando ai futuri preti, che saranno legati per tutta la vita all’obbligo del celibato: si parla di omosessualità in un ambiente monosessuale come quello dei seminari. Dietro la “frociaggine”, si intravede, ahinoi, una voragine culturale della Chiesa Cattolica, che non riesce – non dico a risolvere- ma neppure ad affrontare il significato del “doppio bando” collegato, che si incarna nell’ordinamento sacerdotale: il bando della sessualità per il sacerdote (maschio), il bando delle donne dal sacerdozio.
Un ordinamento che pare resistere, nonostante il vento dei tempi soffi in altra direzione, poiché profondamente innervato – pare- nella struttura di potere del cattolicesimo (va detto, visto che il cristianesimo della Riforma ha da tempo rivisto la posizione delle donne).
Se non esiste questa cornice di riflessione sulla sessualità e il rapporto fra i sessi – che è lo sfondo obbligato anche per leggere l’omosessualità – se comunque non si vuole, o non si è in grado, di dibatterla in campo aperto nel confronto con la società, la Chiesa oscillerà per forza fra afflati di “aperture” e bruschi scarti all’indietro.
Rivolta fa riferimento alla sua pratica clinica, alle difficoltà e alle sofferenze di molti sacerdoti. Io penso che la cornice culturale che ho cercato di delineare sia indispensabile anche in ambito clinico. Perché le domande sono intrecciate: Come il paziente interpreta il significato che la Chiesa attribuisce al “doppio bando”? E quale è il significato che il paziente, nel suo vissuto, gli attribuisce?
Benchè i nostri cognomi Zuffa-Rivolta evochino un immaginario bellico, mi sia concessa la battuta, credo molto nella possibilità trasformativa di spazi di riflessione e scambio moderati nei toni e puntuali nei contenuti, come quello offerto dal contributo della collega, che ringrazio.
Lei invita, e sono d’accordo, ad estendere la riflessione anche su un piano socio-culturale, e che anche la Chiesa lo faccia, aprendosi e non sottraendosi a dialogare circa la sessualità e il rapporto tra i sessi nell’ordinamento sacerdotale. Una cornice culturale, e anche su questo non posso che condividere le parole della D.ssa Zuffa, un terapeuta dovrebbe avere in mente nell’incontro con il paziente per allargare ulteriormente le possibilità di analisi.