Durante una sessione di psicoterapia, una paziente mi ha confidato: “Che ansia il Natale, dottore! Mi hanno già chiesto cosa farò, e siamo solo a novembre!”. Con il suo consenso, condivido questa frase che mi ha fatto riflettere profondamente. Il Natale, infatti, è spesso un periodo critico per chi vive sofferenze relazionali.
L’ansia del Natale e delle relazioni intime
Questa festività, che ha come simbolo centrale la famiglia, ci mette inevitabilmente a confronto con le nostre relazioni più intime. Ci obbliga a un’interazione intensiva con i familiari, anche quando tensioni o nodi irrisolti rendono questi momenti difficili. Per molte persone, il Natale rappresenta un periodo di grande pesantezza emotiva. Questo accade perché l’aspetto relazionale e sociale, con il suo carico di aspettative e obblighi, spesso sovrasta il significato più intimo e simbolico di questa celebrazione, che va ben al di là di quello religioso.
Dalla notte dei tempi l’Umanità celebra la rinascita del sole dopo i giorni più bui e nel corso dei secoli innumerevoli dei ed eroi sono stati associati a questo periodo: persino nel Cristianesimo, si è scelto rispetto ad una datazione storica di continuare ad usare i giorni del Sol Invictus (la rinascita del dio sole) proprio per sottolineare la nascita della Luce che Cristo rappresenta per i suoi seguaci. Tuttavia, il Natale esercita una potente attrazione anche in paesi che per tradizione non hanno una grande percentuale di Cristiani, come ad esempio il Giappone, dove accanto alle luci e ai doni vi è l’abitudine di passare del tempo con i propri partner, il tutto in maniera assolutamente laica.
Come mai avviene ciò? Perché oltre al tema familiare, ve ne è uno che ha esclusivamente a che fare con l’interiorità.
Rinascita e individuazione
Il Natale, infatti, parla soprattutto di rinascita e individuazione: ecco perché il tema della nascita, che si collega al ritorno della luce con il progressivo allungarsi delle giornate, rappresenta un messaggio universale che va oltre il significato religioso. Tuttavia, almeno per l’Occidente, il prevalere dell’aspetto esteriore e sociale — gli aspetti che Jung definirebbe afferenti alla Persona, ovvero la maschera che indossiamo nella società — può farci perdere di vista questo significato più profondo.
È anche per questo che molti criticano il Natale come un evento dominato dal consumismo: questa accusa, a mio avviso, riflette proprio la difficoltà di ritrovare un senso esistenziale che trascenda gli aspetti superficiali. La nascita del sole è infatti una potente immagine simbolica della nascita dell’Io, che si è fatto strada lentamente tra le paludi dell’Inconscio quando eravamo nel ventre materno. Così come la luce del sole torna a rischiarare sempre di più le giornate, la luce della Coscienza progressivamente illumina i meandri della nostra psiche, tirandoci fuori dalla condizione istintuale propria degli animali inferiori.
L’analogia tra l’albero di Natale e la condizione umana
Interessante a questo proposito è l’analogia di Jung tra l’albero di Natale – simbolo principe di questa festa – e la condizione umana. L’albero, radicato al suolo, non può spostarsi; è proprio questa immobilità che lo costringe a svilupparsi non orizzontalmente, ma verso l’alto e il basso, cercando nutrimento sia nelle profondità delle sue radici sia nella luce del cielo. Secondo Jung, le luci e le decorazioni che adornano l’albero rappresentano simbolicamente questa illuminazione e crescita interiore, la comprensione cioè che noi possiamo evolvere solo se accettiamo la nostra finitezza e il nostro radicamento. Allo stesso modo, anche l’essere umano, accettando i propri limiti, può trovare nuove strade per crescere e sbocciare.
Dall’ansia del Natale a una riflessione su noi stessi
Il Natale, allora, potrebbe diventare un’opportunità per riflettere su noi stessi, andando oltre le dinamiche consuete. Ancora una volta, la letteratura offre degli spunti preziosi per riflettere sull’angoscia di questi giorni. Penso, ad esempio, al meraviglioso Canto di Natale di Dickens, dove l’affarista Ebenezer Scrooge, freddo e insensibile persino all’amore dei suoi cari, riceve durante la notte della Vigilia la visita di tre spiriti che cercheranno di redimerlo.
La prima cosa che il protagonista deve accettare è di confrontarsi con i suoi vecchi ricordi mostrati dal fantasma del Natale passato senza poterli in alcun verso modificare. Tuttavia, la consapevolezza di ciò che la sua vita arida ha prodotto attraverso le immagini del Natale presente – mostrate dallo spirito omonimo – lo mette nelle condizioni di cambiare il futuro tetro che il fantasma del Natale a venire gli mostra come avvertimento. Quando Scrooge accetta di muoversi oltre la sua posizione esistenziale, anche tutti coloro che lo circondano devono in qualche modo relazionarli diversamente, e qualcuno viene anche definitivamente lasciato andare, nel bene e nel male.
In questa prospettiva, il Natale può essere vissuto come un momento di introspezione e trasformazione, che riguarda noi ma che inevitabilmente coinvolge anche i famosi Altri, senza i quali per dirla con Lacan non potremmo neanche contattare il desiderio.