A me sembra incredibile che proviamo a spiegarci quello che è accaduto a Parma in termini nevrotici. Quello che è accaduto a Parma è un fenomeno psicotico. La scissione ha permesso a Chiara Petrolini di sopravvivere fino ad oggi. Nel momento in cui questo meccanismo di difesa manifesterà delle crepe, la vita della protagonista di questa tristissima vicenda correrà pericoli molto seri.
Ma torniamo ai modelli di lettura, la questione che avevo posto inizialmente: possiamo leggere attraverso una lente nevroticamente orientata oppure non possiamo non far riferimento ad una lente psicotica per provare a dare un senso a qualcosa che, apparentemente, nella nostra logica nevrotica, un senso non lo ha? E, in questo caso, a quale ipotesi esplicativa della psicosi?
I termini psicotici della vicenda Chiara Petrolini
Come detto, io penso che non possiamo fare a meno di leggere questo fenomeno in termini psicotici. E, a proposito di quale ipotesi esplicativa formulare del fenomeno psicotico, propendo per l’idea che occorra ampliare il campo osservativo da Chiara alla famiglia: al sistema di cui Chiara Petrolini fa parte. A questo proposito, non dimenticherei che sia Chiara che la famiglia sono stati avvisati del reperimento dei resti di un bambino, avvenuto nel giardino di casa, mentre erano tutti in viaggio negli Stati Uniti e che a nessuno è venuto in mente di anticipare il rientro. Non solo a Chiara.
Nutro una profonda pietà per tutta questa vicenda perché, a mio parere, cela livelli di sofferenza molto elevati presenti in quella famiglia rispetto a cui, per ora almeno, nessuno si sogna di farsi e di rivolgere delle domande.
Veramente pensiamo che una ragazza così giovane si trovi coinvolta in una faccenda così drammatica soltanto perché ella è il frutto di una Società senza regole, ormai priva del senso di responsabilità e, conseguentemente, lontanissima dalla possibilità di provare un dostoyeskiano senso di colpa per quello che ha fatto?
La complessità di questa vicenda
Oppure la faccenda è più complessa: possiamo ipotizzare che ella abbia trasformato in azione qualcosa di circolante all’interno della trasmissione inconscia della sua famiglia, molto probabilmente proveniente dalle generazioni precedenti alla sua e fino ad ora trasmesso nella modalità del “conosciuto non pensato”, cioè di qualcosa di così doloroso da risultare di essere impensabile e, quindi, inenarrabile ma, nonostante questo, presente nella mente delle persone e trasmissibile inconsciamente?
Faccio uso di questa ipotesi perché suffragata da anni di attuazione di Gruppi Multifamiliari, sia in ambito pubblico che privato, sia in situazione di ricovero dei pazienti psicotici che quando sono seguiti ambulatorialmente, a cui partecipano molte famiglie di pazienti gravi, nelle forme che ritengono opportune: dalla presenza al completo della famiglia alla presenza di alcuni membri fino ad uno soltanto, indipendentemente che sia genitore o figlio, insieme agli operatori del Servizio in cui si tiene il Gruppo.
In queste occasioni, è risultato evidente il fatto che si siano messi in moto all’interno del malcapitato a cui tocca di concretizzare una pena che va avanti da generazioni e che non è stato possibile pensare e, quindi elaborare, sentimenti di una tale violenza e incontrollabilità da rendere quanto ci si trova di fronte inspiegabile, se seguitiamo a fare ricorso a modelli esplicativi individuali.
I comportamenti auto e/o etero-lesivi,
Fermo restando che, di fronte alla Legge, la responsabilità è individuale, ciò non toglie che se vogliamo provare a dare un senso a quello che ci troviamo di fronte, dobbiamo far ricorso a un ipotetico modello esplicativo complessivo e a categorie interpretative che ci permettano di inserire quanto avvenuto all’interno di un processo che ha coinvolto molte persone, appartenenti a generazioni diverse, in cui qualcuno ha vissuto traumi e/o lutti non elaborati, sottoposti a scissione e “trasmessi” alla generazione successiva.
La trasmissione inconscia di questo dolore originario può trasformarsi in comportamenti auto e/o etero-lesivi, come in questo caso. Siamo così sicuri che questa ragazza abbia compiuto i due omicidi di cui è accusata nei confronti di qualcosa di esterno a lei? Siamo sicuri che è stata in grado di capire che cosa vuol dire partorire oppure quei due suoi figli, al momento della loro nascita, seguitavano a fare parte di lei?
In questo caso, quello che ha fatto andrebbe letto in termini autolesivi “d’altronde lei li ha seppelliti in giardino per sentirli più vicini”…
Ripeto: in una situazione come questa si tratta di fermarsi e farsi delle domande difficili da parte di ognuno dei componenti della famiglia che, sicuramente, hanno fatto di tutto per soffrire il meno possibile e far soffrire il meno possibile i loro congiunti, per quello che avevano capito della situazione più grande di loro di cui facevano parte.