Il 13 novembre si celebra come d’abitudine “la Giornata mondiale della Gentilezza”, che prende avvio a fine anni ‘90 dal movimento (con poca sorpresa) giapponese, il Japan Small Kindness Movement. L’obiettivo dichiarato era l’impegno a “unirsi per costruire un mondo più gentile e più compassionevole”.
La compassione
Se da un lato la parola Gentilezza mi sembra ormai inflazionata al punto di aver perso valore, la parola Compassione mi suscita una rosa di emozioni molto più intensa, a partire dalla sua romantica etimologia; Compassione deriva dall’evoluzione latina cum-pati del termine greco sympatheia (provare insieme) e rimanda alla capacità di cogliere l’emozione altrui, allinearsi e scegliere le azioni corrette in risposta. In questo percorso complesso e faticoso credo si possa incorniciare il senso della Gentilezza, non come mero atteggiamento acritico, ma come atto responsabile di fronte ad un altro essere umano, o nei nostri stessi confronti.
Esiste un filone della psicoterapia che ormai da anni porta avanti il concetto di psicoterapia focalizzata sulla compassione, e che promuove la capacità personale di provare compassione per sé stessi prima ancora che per l’altro. Perché, se ci pensiamo, è molto difficile provare per qualcuno un’emozione che non ci permettiamo di provare per noi stessi.
La giornata mondiale della gentilezza
Ma dove si declina nel nostro angolo occidentale la giornata mondiale della Gentilezza? Vagando un po’ su internet i risultati prevalenti, e quasi completamente saturanti, rimandano a progetti scolastici rivolti alla fasce infantili, dedicati alle nuove generazioni, su cui investiamo e nutriamo un sacco di speranza evidentemente, visti i tempi che corrono. Infatti, se penso al mondo adulto e al modo in cui conduce generalmente l’esistenza, rintraccio poca gentilezza, purtroppo.
Perché, ripartendo dall’etimologia di Compassione, il Cristianesimo aveva fatto suo il concetto per evidenziare il sentimento di pena e di azioni caritatevoli che ne potessero scaturire, sperando di garantirsi nell’agire comune le famose “buone azioni”; ultimamente però il Cristianesimo ha un po’ perso mordente a guidare gli atti quotidiani della cultura generale e, forse per questo motivo, si è dovuto ricorrere a nuove metodologie per introdurre il concetto ai nostri eredi.
La responsabilità
Ogni epoca ha i suoi modi, non è una critica, anzi, ciò che può arricchire e stimolare curiosità e domande interiori è tutto tranne che tempo perso; ma allora, in continuità e ad integrazione del discorso che sto facendo, mi chiedo se insieme ai concetti di Gentilezza e Compassione non sia inscindibile un altro concetto caro alla psicoterapia, quello della Responsabilità. Lontano dal senso di colpa, dal doverismo, l’educazione alla responsabilità mi sembra una tappa fondamentale per approdare alla capacità di compatire ed scegliere di essere gentili.
Se decidiamo di sottolineare ai nostri figli come la Gentilezza sia fondamentale per il vivere civile e la convivenza quanto più armoniosa , dobbiamo avere in mente anche di sviluppare il senso di Responsabilità e comunicare la potenza delle scelte che si fanno. Il che, inevitabilmente, metterà noi, che abbiamo in mano la loro educazione, a confronto con gli stessi costrutti.
Mi piacerebbe immaginare perciò in un futuro prossimo una giornata della Gentilezza in cui grandi e piccini si ritrovassero insieme e fossero i più piccoli a chiedere ai grandi: “come si costruisce la Gentilezza?”.