L’altro giorno, mentre mi incastravo tra le bancarelle del mercato di Piazza Martinez (e già mi lamentavo per la folla, come ogni buon genovese), ho visto un bambino con le mani piene di tempera blu e verde. Sono rimasto lì, un po’ imbambolato: mi è tornato in mente quando da piccolo cercavo di riprodurre i personaggi Disney con le matite colorate sgangherate del cesto dei giochi, ma finivo sempre per fare un casino sul tavolo della cucina. Mia madre, rassegnata, mi diceva che era sempre meglio di lanciare i magnum nella fontana con i pesci rossi dei vicini al piano terra.
Una giornata mondiale inventata? Sì, ma funziona
Il 6 maggio si celebra la Giornata Mondiale del Colore. Sì, lo so: è stata inventata da una ditta tedesca di matite (marketing ante litteram), ma almeno stavolta dietro c’è anche qualcosa di buono. Alcuni anni fa, al Gaslini di Genova, sono capitato proprio in un evento dedicato. Un laboratorio per bambini con il tema sulla vita acquatica. Ho visto ragazzini che disegnavano pesci improbabili e meduse con più zampe di un ragno, ma ridevano e si sentivano artisti veri. E alla fine, chi se ne importa se c’è il logo Staedtler sullo sfondo? Se serve a far sorridere qualche bambino (e magari a dare una mano a chi ha meno fortuna, ben venga. Nel 2023 Staedtler ha donato un euro a progetti benefici destinati a migliorare le condizioni di vita dei bambini meno fortunati, agevolando l’accesso all’istruzione o ai beni di prima necessità, il tutto in collaborazione con organizzazioni come Plan International.
Il colore: tra biologia, evoluzione e Omero che non vedeva il blu
Il colore è una faccenda che va ben oltre la tavolozza. Siamo noi a dipingere il mondo con il cervello: i nostri antenati vertebrati avevano cinque tipi di fotorecettori, ma poi, per colpa della vita notturna (e forse dei dinosauri), ne abbiamo persi alcuni per strada. Solo trentamila anni fa, un soffio per la Terra, abbiamo ricominciato a vedere più colori. Ecco perché Omero parlava di un mare “color del vino scuro”: non era poesia, era biologia.
Nel pensiero comune è il pittore che ricrea su tela il mondo “esterno” ma la verità potrebbe trovarsi nel mezzo tra questo dogma e l’affascinante visione di una neurobiologia che plasma un mondo “interno”, successivamente mentalizzato e dipinto.
Una volta, durante una camminata sulle alture di Nervi, mi sono messo a discutere con un amico antropologo: “Ma secondo te, perché gli Himba distinguono sedici tipi di verde e non il blu?” Da noi, invece, il blu è ovunque: maglie della Nazionale, cielo sopra il porto, e la canzone italiana più famosa al mondo.
Emozioni a colori: Pixar, Goethe e le giornate grigie
Non posso non citare “Inside Out”: ogni tanto lo uso anche in terapia, soprattutto con i ragazzi. Rosso = rabbia, giallo = gioia, blu = tristezza. Semplice, ma funziona. Goethe l’aveva già intuito due secoli fa, ma la Pixar l’ha reso pop.
Il giallo, per me, è il colore del sole che rompe le nuvole dopo giorni di pioggia. Stimola il nostro orologio biologico, regola serotonina e melatonina, ci fa sentire più svegli e ottimisti. Ma attenzione: in altre culture, la felicità è il rosso, e il bianco può significare purezza o lutto, dipende da dove nasci.
E poi ci sono le storie personali: ognuno ha un colore che lo fa sentire “a casa”. Per me, è il blu del mare. Basta uno sguardo e mi sento più calmo, anche dopo una giornata estenuante con pazienti che ti svuotano di energia.
Arteterapia: quando i colori fanno più di mille parole (e di mille farmaci)
Non è solo poesia: i colori, usati in modo creativo, possono davvero cambiare la giornata. L’arteterapia nelle comunità terapeutiche si propone spesso, soprattutto a chi fa fatica a parlare. Un foglio bianco, qualche colore, e spesso emergono emozioni che non sarebbero mai uscite in una seduta classica.
Mi ricordo una paziente, chiamiamola Giulia, che per settimane non riusciva a raccontare la sua rabbia. Poi, davanti a una scatola di pastelli, ha riempito il foglio di rossi accesi. “Ecco come mi sento dentro” disse. Non serve essere artisti: basta lasciarsi andare.
Giornata mondiale del Colore: conclusioni
Ogni retina è un universo e ogni persona vede il mondo a modo suo. Il colore non esiste “là fuori”: è magia tra fotoni, coni retinici e storie personali. Forse la bellezza sta proprio lì, in quello spazio tra biologia e cultura, tra scienza e poesia.
Se vi capita, oggi o domani, di prendere una matita colorata, fatelo senza pensarci troppo. Scarabocchiate, lasciate che i colori vi portino dove vogliono loro. Magari scoprirete che la felicità, almeno per un attimo, è davvero una questione di coni, bastoncelli… e di cuore.
Ognuno sa bene quanto sia importante il colore nella nostra esperienza, nel nostro immaginario e soprattutto nella nostra vita emotiva, come ben sa chi utilizza il Rorschach. Lasciando da parte il fin troppo evidente e fondamentale ruolo nella pittura, ne ha uno sostanziale nella costruzione di metafore e nella definizione – denominazione di grosse categorie. La contrapposizione fra bianco e nero è metafora di ogni alternativa radicale; quella fra rosso e nero di una contrapposizione politica, fra progressisti e conservatori entrambi estremisti, fascisti e comunisti, camicie nere e bandiere rosse: colore questo che esprime collera rivendicativa col “veder rosso”. Fra i due trova posto il bianco, esprimente pretesa di innocenza, purezza, pulizia che si incarna in tanti oggetti: da un indumento ben lavato a un abito da sposa all’abito del Papa superante i possibili contrasti fra cardinali rosso – vestiti; fino al biancofiore che designava un partito politico di ispirazione cristiana. Ma, purtroppo, fa parte anche della triste espressione “andare in bianco”. E pericoloso l’assegno in bianco.
Analogo infortunio quello del verde: esprime anche in sede politica pretesa di innocenza, di rispetto della natura, di libertà (come nel semaforo verde); ma purtroppo appare anche nell’espressione essere al verde”, di incerta origine.
Quanto all’azzurro, ci confronta con l’immensità del cielo, che può mortificare come in una vecchia bella canzone “il pomeriggio troppo azzurro e lungo per me”; o invitare alla sfida con l’ aviazione, “arma azzurra”. E nella Resistenza i partigiani azzurri volevano esprimere una identità distinguendosi dai rossi comunisti.
C’è in queste espressioni e in tante altre una capacità di comunicazione legata al pre-verbale, ricca di suggestioni. Un esempio importante è il finale di “Ulysses”, pagina quasi orgiastica in cui la parola si mette al servizio del colore: “oh il mare il mare qualche volta cremisi come il fuoco e gli splendici tramonti …e le case rosa e azzurre a gialle e i roseti e i gelsomini e i cactus…”
Un articolo che fa vedere le cose a colori.
Ma per me il mare vino rosso è poesia pura, nessuna logica mi farà sentire diversamente quel verso della Odissea! Ma mi ha molto incuriosito.
Grazie all’autore
Leggo con piacere i profondi commenti e ne traggo ispirazione. Grazie