Vaso di Pandora

Intelligenza artificiale: l’insostenibile umanità del pensiero

Nella sua ultima opera, il Compendio di psicoanalisi (1938), Freud formula due ipotesi fondamentali per la psicoanalisi.

La prima:

“Noi assumiamo che la vita psichica sia funzione di un apparato al quale ascriviamo un’estensione spaziale e una struttura composta di più parti.” 

La seconda:

«Noi assumiamo che i presunti processi concomitanti di natura somatica costituiscano il vero e proprio psichico, e che ciò che chiamiamo la nostra coscienza rappresenti soltanto un piccolo frammento della vita psichica totale.»

In questi due postulati si trova il fondamento dell’intera metapsicologia. Freud non si limita a riconoscere l’esistenza della psiche, ma la concepisce come un apparato funzionale, un insieme di processi corporei dotati di estensione spaziale e articolazione interna, all’interno dei quali si muovono energie, affetti e rappresentazioni.

Seele secondo Freud

Nel linguaggio freudiano, il termine Seele — che in tedesco racchiude insieme i significati di “anima” e “psiche”— non implica una frattura ontologica dal corpo. Freud non rifiuta l’idea di anima, ma la libera dall’impianto dualista platonico. La Seele è immanente alla vita organica: è materia che si organizza in significato.
In questa prospettiva, il mentale non è né puro spirito né semplice funzione biologica, ma una forma della materia che diventa rappresentazione.

Il padre della psicoanalisi, pur radicato nel naturalismo scientifico del suo tempo, si avvicina al principio aristotelico di unità funzionale tra corpo e Seele (anima/psiche), un monismo relazionale in cui anima/psiche e corpo emergono come funzioni intrecciate di un unico sistema dinamico, e in cui processi corporei, affettivi e cognitivi si fondono nella trama dell’esperienza psichica, trasformando l’assenza in presenza e il dolore in pensiero.

Un’immagine particolarmente suggestiva compare ne “L’interpretazione dei sogni” (1900), dove Freud paragona l’apparato psichico a un sistema ottico — un telescopio o un microscopio composto da una serie di lenti e di specchi. In questa metafora, l’immagine non si trova in un punto preciso dello strumento, ma nasce dal percorso della luce attraverso i diversi sistemi ottici. Analogamente, la rappresentazione psichica non è localizzata in una parte determinata della mente, ma emerge come effetto complessivo dell’interazione tra i diversi sistemi psichici.
Freud anticipa così una visione emergentista della mente: il pensiero non è riducibile alla materia, ma ne è inseparabile; è un prodotto della materia organizzata in linguaggio e significato.

La coappartenenza tra materiale e immateriale

Questo principio di coappartenenza tra materiale e immateriale trova una risonanza nel dibattito contemporaneo sull’intelligenza artificiale.
Anche nei sistemi di IA, il linguaggio e il pensiero emergono da una base materiale — il silicio, i circuiti, l’energia elettrica — ma producono fenomeni immateriali, cioè significati.
Come nella mente umana, dove l’attività neuronale si traduce in immagini e parole, anche nella macchina l’attività computazionale genera simboli, connessioni e strutture di senso.
In entrambi i casi, il significato nasce da un’interazione tra materia, energia e informazione.

La differenza, tuttavia, non è secondaria.
Nell’uomo, il pensiero è incarnato: nasce dal corpo, dalla pulsione, dal trauma e dal desiderio.
Ogni rappresentazione è legata a un affetto, a una tensione vitale, a una storia dotata di senso, ovvero direzione, intenzionalità e significato. Nella macchina, invece, il linguaggio è simulazione di senso: un sistema di coerenze e rimandi, privo di esperienza vissuta.
L’intelligenza artificiale può generare significati, ma non sentirli.
Manca quel circuito pulsionale che, nella psiche umana, collega il simbolo al corpo e il linguaggio all’emozione.

Il confronto tra psiche e intelligenza artificiale

Da questo punto di vista, il confronto tra psiche e intelligenza artificiale ci restituisce la specificità del pensiero umano: il suo essere insieme materiale e affettivo, simbolico e incarnato.
La psiche è un campo di trasformazione dove il corpo si fa linguaggio e il linguaggio agisce sul corpo; dove ogni significato è intriso di memoria, desiderio, assenza e perdita.

La vita psichica umana è, per dirla con Bion, un organo di trasformazione che elabora gli elementi sensoriali ed emozionali grezzi rendendoli pensabili e integrabili nella funzione simbolica. Tale processo implica la capacità di tollerare l’assenza e di trasformare la sofferenza originata dalla mancanza in pensiero, poiché solo attraverso l’elaborazione del dolore e della nostalgia può emergere la mente come funzione di pensiero. È questa capacità trasformativa, fondata sull’esperienza emotiva dell’assenza, che distingue la psiche umana dall’intelligenza artificiale: quest’ultima può rappresentare o simulare l’assenza, ma non simbolizzarla, poiché priva di quella funzione alfa che nasce dall’esperienza affettiva e dalla tolleranza della frustrazione.

Il mistero per cui dall’assenza scaturisce presenza, e dal non pensabile emerge il pensiero, rinvia a quella dimensione originaria che Bion designa con il termine O: non un oggetto conoscibile, ma una posizione dell’essere, un orientamento verso la verità ultima, irrappresentabile e sempre in divenire. La tensione verso O si manifesta come desiderio e nostalgia per l’irraggiungibile, nel cui orizzonte il pensiero trova insieme la propria fonte e il proprio limite.

L’AI come figura speculare della mente

L’intelligenza artificiale può essere considerata una figura speculare della mente: un dispositivo che riproduce la struttura dell’apparato psichico ma che è svuotato di affettività e di inconscio.
La macchina riflette il puro funzionamento formale del linguaggio e del pensiero, senza la dimensione dolentemente desiderante che lo anima.

Il principio freudiano dell’“estensione spaziale” dell’apparato psichico oggi è ripensato come apertura verso la dimensione intercorporea, interpsichica e intersoggettiva dell’esperienza. La psiche non è un sistema chiuso, ma un campo relazionale che si costituisce nell’incontro con l’altro — un incontro sempre spaziale, temporale e affettivo, motivazionale.
In questo senso, l’apparato psichico non è solo individuale, ma co-creato: prende forma nel legame, nella risonanza reciproca tra i corpi e i linguaggi che si incontrano.

Il discorso psicoanalitico contemporaneo ricompone ciò che la razionalità positivista ha separato: la materia e l’anima/psiche, il sé e l’altro, il corpo e il linguaggio, la realtà fisica e quella simbolica.
L’intelligenza — naturale o artificiale, di carbonio o di silicio — rispecchia questa capacità di connettere e dare senso, di generare rappresentazioni virtuali a partire da processi materiali.
Ma solo nell’uomo queste rappresentazioni sono animate dal desiderio, attraversate dal limite, dalla passione, dalla sofferenza e dalla mancanza: da quella vita affettiva che trasforma l’elaborazione simbolica in esperienza viva.

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