La ricostruzione della vicenda giudiziaria del caso Delfino su Rai2 sabato 2 novembre ha posto tanti interrogativi sulle indagini e sui processi relativi all’uccisione avvenuta nell’aprile del 2006 di Luciana Biggi che aveva avuto una relazione affettiva con Luca Delfino.
Nel gennaio 2009 Delfino fu condannato per l’omicidio di un’altra donna, Maria Antonia Multari, con cui aveva avuto un rapporto sentimentale, interrotto per volontà della giovane. La condanna fu di 16 anni e otto mesi. Per il primo caso Delfino fu assolto per non aver commesso il fatto a causa della mancanza di prove della sua presenza al momento della aggressione.
Le indagini del caso Delfino
Dalla trasmissione sono emersi fatti gravissimi per le indagini condotte dalla polizia e addirittura è stato adombrata come causa delle carenze investigative il cattivo rapporto delle forze dell’ordine con il PM Zucca, protagonista della accusa contro gli agenti responsabili delle inaudite violenze avvenute nei giorni del G8.
L’assoluzione per l’uccisione di Biggi e la “lieve” condanna per l’altro omicidio provocarono la protesta delle famiglie delle vittime. La delusione è comprensibile perché le decisioni sono apparse viziate da un formalismo astratto.
Nel concreto si è ritenuto di risolvere lo “scandalo” di un ritorno in libertà di Delfino dopo avere scontato la pena, decretando per lui una misura di sicurezza di sei anni e sei mesi.
Tutti gli atti compiuti da Delfino contro le due donne e in altri casi sono oggi qualificati e contrastati con le norme dello stalking e della previsione del femminicidio.
Il comportamento ossessivo di possesso e di reazione violenta alle decisioni di interrompere le relazioni, lette da Delfino come un abbandono da punire, mette in luce l’esistenza di una condizione mentale problematica ma che non è stata, giustamente, classificata come incapacità di intendere e volere.
Luca Delfino affidato alla Rems Villa Caterina di Genova
Luca Delfino è stato affidato, essendo stati chiusi gli Opg, alla Rems Villa Caterina a Genova.
È una decisione che da una parte ha riacceso le preoccupazioni dei residenti contro la presenza di soggetti ritenuti pericolosi nella struttura e dall’altra ha affidato una responsabilità grande e difficile agli operatori e operatrici della Rems.
Rems e sicurezza
Fra cinque anni la magistratura dovrà decidere nuovamente sulla pericolosità sociale dell’internato Delfino. Poiché la ferita sociale dei suoi crimini è ancora lacerante, è possibile che la misura sia ripetuta e che si riproponga uno scenario da “ergastolo bianco”. C’è poi da chiedersi se la collocazione di Delfino in Rems sia giusta: la Rems sarebbe destinata ai prosciolti e già soffre per la presenza di molte persone in misura di sicurezza provvisorie.
Bisogna rassegnarsi al fatto che esistano soggetti con un destino inesorabile di irrecuperabilità? Gli psichiatri sicuramente vivono una condizione terribile perché è loro affidato il ruolo “magico” della “guarigione” e della prevenzione del ripetersi di eventi violenti. Fra i rischi, c’è che prevalga nella struttura un clima improntato a esigenze di sicurezza, più che di cura.
È una vicenda che merita una riflessione.