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Autolesionismo in adolescenza: che terapia può aiutare?

L’autolesionismo negli adolescenti è un fenomeno purtroppo diffuso che merita attenzione e comprensione.

Il gesto di autoinfliggersi dolori fisici, attraverso tagli o ustioni, emerge talvolta come un grido silenzioso, un linguaggio del dolore che va decifrato. Questi atti non sono un tentativo di porre fine alla propria vita, ma piuttosto un modo disperato di gestire un tumulto interno di emozioni non espresse, di rabbia soffocata e di tensioni accumulate.

In questo articolo analizzeremo le possibili cause e le terapie più indicate per aiutare i ragazzi che si infliggono deliberatamente ferite.

L’autolesionismo adolescenziale: un malessere da accogliere con ascolto e comprensione

Dietro questi comportamenti si celano spesso realtà complesse come il bullismo, traumi, abusi subiti o disturbi psicologici, ma anche una profonda difficoltà nell’affrontare e comunicare le proprie insicurezze e sentimenti. Per contrastare tale fenomeno, è fondamentale non solo riconoscerne le cause radicate, ma anche promuovere un dialogo aperto e privo di pregiudizi.

La risposta a questo grido di aiuto non può prescindere da un supporto psicologico specializzato e da un contesto familiare e sociale che non isoli il giovane, ma che anzi lo avvolga in un abbraccio di comprensione e accettazione. È attraverso questa rete di sostegno che gli adolescenti possono ritrovare la voce per esprimere il proprio malessere e sostituire le pratiche autodistruttive con comportamenti salutari e costruttivi. Solo all’interno di questi spazi di ascolto e condivisione, i giovani potranno trovare il percorso per una ripresa e un futuro lontano dall’ombra dell’autolesionismo.

L’autolesionismo: un grido silenzioso

Quando un adolescente si autoinfligge dolore fisico, il gesto va inteso come un segnale di sofferenza psicologica. Questa pratica può assumere diverse forme, dalle ferite superficiale all’incisione della pelle, e spesso è un tentativo di gestire sentimenti insopportabili o di esprimere emozioni che non trovano altra via di uscita.

I motivi dell’autolesionismo negli adolescenti

autolesionismo

Alla base dell’autolesionismo ci sono spesso vissuti di ansia, depressione, senso di vuoto o bassa autostima. Il dolore fisico procurato dai tagli ha una funzione di “valvola di sfogo” per le tensioni interiori. Altre possibili cause sono il sentirsi incompresi, isolati o vittime di bullismo. I ragazzi che si tagliano cercano sollievo da emozioni troppo intense da gestire o vogliono punirsi perché si sentono inadeguati. A volte lo fanno anche per attrarre l’attenzione su di sé e il proprio malessere.

L’approccio terapeutico più indicato

Di fronte all’autolesionismo è fondamentale non minimizzare o ignorare il problema, ma affrontarlo con delicatezza e professionalità. Criminalizzare o punire il ragazzo è controproducente, meglio coinvolgerlo in un percorso di supporto psicologico. Vediamo quali sono gli approcci terapeutici più adatti.

Terapia individuale

Un supporto psicologico personalizzato è essenziale per aiutare l’adolescente ad elaborare le proprie emozioni, superare i vissuti dolorosi alla base dei comportamenti autolesivi e imparare strategie più adattive di coping. L’obiettivo è aumentare l’autostima del ragazzo e la consapevolezza di sé.

Terapia familiare

Coinvolgere i genitori è molto utile per migliorare la comunicazione e risolvere eventuali conflitti in ambito familiare. I genitori vanno guidati ad adottare un approccio comprensivo ma fermo con il figlio.

Terapia di gruppo

La condivisione con altri coetanei che affrontano difficoltà simili può far sentire il ragazzo meno solo. Il gruppo diventa una fonte di supporto e riflessione per cambiare comportamento.

Arteterapia

L’arteterapia consiste in tecniche artistiche come la pittura o la manipolazione dell’argilla che possono aiutare gli adolescenti a esprimere le proprie emozioni e a scaricare le tensioni in modo costruttivo.

Mindfulness

Tecniche di rilassamento, meditazione e consapevolezza possono insegnare ai ragazzi a tollerare meglio stress e emozioni negative senza farsi del male.

Il ruolo degli psicofarmaci

In alcuni casi il medico può prescrivere psicofarmaci, come antidepressivi, per trattare underlying depressione, ansia o altri disturbi associati all’autolesionismo. Tuttavia gli psicofarmaci da soli non sono risolutivi se non accompagnati da un adeguato supporto psicologico.

L’importanza di creare una rete di supporto

Oltre alla terapia, è essenziale che il ragazzo senta di non essere solo. Genitori, insegnanti e figure di riferimento devono mostrare disponibilità all’ascolto, senza forzature. Coinvolgere amici intimi e confrontarsi con loro può far sentire l’adolescente più compreso. Anche gli adulti possono condividere le proprie esperienze di momento difficili superati, infondendo speranza.

Ferite che gridano aiuto

L’autolesionismo durante l’adolescenza è il sintomo estremo di una profonda angoscia interiore. Pur apparendo incomprensibile ai più, esso è un disperato richiamo che non va ignorato né sottovalutato. Questi giovani che si infliggono ferite, bruciature o altre forme di dolore volontario, stanno comunicando la loro disperazione e hanno urgente bisogno di attenzioni, comprensione e supporto qualificato per uscire dal tunnel buio in cui si trovano.

Infatti, la guarigione da queste pericolose forme di autodistruzione richiede tempo, pazienza e impegno costante da parte di familiari, psicologi ed educatori. È un processo graduale, fatto di piccoli passi verso una maggiore consapevolezza di sé e capacità di coping. La persona deve sentire di poter contare su una rete di supporto e di essere accettata incondizionatamente. Solo con un approccio multiprofessionale, che integri psicoterapia, sostegno familiare e ambientale, si può aiutare l’adolescente a intraprendere un percorso di cambiamento positivo.

Non basta un intervento sporadico o superficiale, ma è necessario entrare in sintonia profonda con l’adolescente, ascoltare senza giudicare i suoi tormenti interiori, valorizzare le sue risorse positive e aiutarlo a canalizzare il dolore in modo costruttivo. Solo così potrà intravedere una via d’uscita e, gradualmente, abbandonare i comportamenti autolesivi, ritrovando fiducia in se stesso e nel futuro.

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