Le credenze metacognitive, note anche come metacredenze, rappresentano la conoscenza d’insieme dei propri processi mentali. La metacognizione è coinvolta nella valutazione, nel controllo e nel monitoraggio del sistema cognitivo e del suo funzionamento. Metaforicamente, potremmo considerare queste credenze come delle chiavi capaci di aprire tutte le porte del nostro pensiero. Ciascuno di noi, inevitabilmente, produce idee e teorie in merito al proprio processo cognitivo. La facoltà di pensare a quel che pensiamo è innata nell’essere umano e produce giudizi. Questi sono talvolta positivi e talvolta negativi, a volte impliciti e altre volte espliciti. Le metacredenze sono molto potenti e possono giocare un ruolo di primo piano nell’esordio e nel mantenimento di numerosi disturbi psicopatologici.
Cosa sono le credenze metacognitive
L’approccio metacognitivo, diversamente dalla cognizione semplice, non tiene conto del contenuto di quel che pensiamo, dell’oggetto della riflessione. Esso presta attenzione a come pensiamo a qualcosa, al modo in cui sviluppiamo i nostri pensieri e le emozioni a loro connesse. Si tratta di un frangente molto delicato. Non è raro sviluppare, quando si agisce in maniera metacognitiva, ansia e sofferenza. Se si mettono in atto modalità di risposta che mantengono, o addirittura amplificano, pensieri ed emozioni negativi, si può innescare tristezza e, in taluni casi, ruminazione depressiva.
Tramite la metacognizione diamo origine a credenze soggettive rispetto alla nostra mente, al suo funzionamento e agli stati interni di attività. Nell’interpretazione e regolazione della cognizione entrano in gioco svariati fattori. Oltre alle credenze metacognitive, cui è dedicato questo articolo, abbiamo le metaesperienze e metastrategie. Le metacredenze sono convinzioni individuali, non necessariamente corrette e non necessariamente errate, relative alla propria cognizione e alle strategie di coping solitamente messe in campo per gestire al meglio il proprio stato interiore.
Tipologie di credenze metacognitive
Secondo lo psicologo britannico Adrian Wells, probabilmente il principale teorico della metacognizione a livello mondiale, esistono due tipi di metacredenze. Egli distingue tre credenze metacognitive dichiarative, o esplicite, e procedurali, o implicite. Nel primo insieme includiamo ogni credenza che possa chiaramente essere espressa verbalmente. Per riportare alcuni esempi, pensiamo alle proposizioni seguenti: “Se mi preoccupo, potrà venirmi un attacco di cuore.” “Se mi focalizzo e rimugino sul pericolo, riuscirò a evitare l’errore o il danno.” Ambedue i pensieri si riferiscono a una riflessione, comprensibile ed espressa, delle convinzioni su come sia meglio, o peggio, agire a livello mentale.
La credenza implicita si riferisce invece alle regole e al programma che guidano elaborazione e modalità di pensiero. Essa rappresenta il modo di pensare di ciascuno di noi. Il modus operandi proprio, che guida il pensiero individuale di ognuno, può riguardare tutti quei fattori che controllano ciò a cui si presta attenzione, oppure i cassetti della memoria.
Metacredenze e psicopatologia
Siamo profondamente influenzati dalle nostre metacredenze. Esse non vanno sottovalutate in quanto sono in grado di imporsi e modificare le reazioni a pensieri, credenze, emozioni e funzionamento cognitivo. Hanno una rilevanza di primissimo piano nel plasmare il carattere individuale e nel modo in cui ci poniamo relativamente agli stimoli esterni. Ciò, naturalmente, significa che possono condurci verso patologie psicologiche anche rilevanti.
Secondo Wells e Gerald Matthews (1994) le difficoltà e i sintomi psicopatologici non avrebbero origine nell’atto del pensare a contenuti destabilizzanti, bensì nelle reazioni a tali pensieri. Come ci si comporta in risposta ad essi in termini di emozioni, pensieri, credenze e focalizzazione dell’attenzione? È in questo frangente che si colloca la relazione tra la psicopatologia e le credenze metacognitive. L’intero complesso di risposte disfunzionali alle esperienze interne si caratterizza per un orientamento dell’attenzione verso stimoli minacciosi e negativi, capace di dare origine a strategie di coping come ruminazione e rimuginio, che generano ansia o tristezza e possono condurre a depressione e altri disturbi.
Credenze metacognitive positive
Non commettiamo l’errore di credere che le metacredenze siano solo negative. Esistono infatti anche credenze metacognitive positive. Esse ci danno modo di analizzare con attenzione, a mente fredda, quello che la nostra mente sta elaborando. L’accezione di parole come rimuginio e ruminazione è negativa ma esse sono molto importanti per regolare le emozioni forti; comprendere ed elaborare accuratamente i problemi; insegnarci a gestire al meglio gli eventi negativi e acquisire consapevolezza di essi nonché comportarci in maniera proattiva e accondiscendente.
Chi si faccia disorientare da credenze metacognitive negative spesso manca di autocontrollo e sviluppa comportamenti aggressivi. Il giusto equilibrio può essere ritrovato applicando strategie di psicoterapia. Condividendo con il proprio terapeuta il processo ruminativo, è possibile trattare la consapevolezza in merito agli eventi che attivano il processo. La terapia metacognitiva si occupa principalmente di questi casi.