Abbiamo assistito ad un fenomeno impressionante, almeno per me.
Due idoli che sono deceduti pressoché nello stesso periodo e che hanno attirato folle di fedeli o tifosi, comunque di appassionati (la passione è un elemento costituente il sé molto potente ed in grado di modificare interi sistemi umani).
Vi rimando alle definizione letterale di idolo: “oggetto o immagine a cui si attribuiscono caratteri o poteri divini“; estensivo: “oggetto di un’ammirazione o di una dedizione gelosa o fanatica“.
Ci sarebbe molto da riflettere sul fanatismo o sulla gelosia in relazione alla manipolazione delle masse adeguatamente supportata dai media (chi accede agli spazi comunicativi non può fare a meno di imbattersi nei due protagonisti).
E’ un dato di fatto che tutto ciò ci coinvolge e ci costringe a riflettere, o quantomeno, a confrontarci inconsapevolmente con la nostra natura umana.
D’altronde, altrimenti, non scriverei queste brevi riflessioni.
Ipotizziamo che alla base di tutto ci sia un bisogno, che in questo caso potremmo definire di riconoscimento, di desiderio e di avere un punto di riferimento, attraverso il ricordo che attenui il destino effimero che contraddistingue gli esseri umani e viventi.
L’idolo è stretto parente del mito, nostra costante esigenza: si può dire che un idolo, di pietra o di bronzo o in carne e ossa sia il coagularsi del mito in un oggetto concreto, accessibile ai sensi. Credo che Pelé incarni l’eroe, figura presente nel nostro immaginario da Gilgamesh, da Ercole, da Achille in poi. Oggi l’eroe non è più un guerriero, da quando la violenza bellica, tuttora ben presente, è divenuta egodistonica e necessitante di una qualche giustificazione (magari in caso di guerra le cose possono cambiare). Le gesta eroiche di Pelè sono incruente. E il chiamarlo così, anzichè Edson Arantes do Nascimento come da anagrafe, ci fa riconoscere vero quanto scriveva settant’anni fa Roland Barthes parlando dei campioni ciclisti: “l’ingresso nell’ordine epico si attua mediante la diminuzione del nome…questi nomi sono leggeri, un po’ teneri e un po’ servili; testimoniano in una stessa sillaba di un valore sovrumano e di una intimità tutta umana”.
E Ratzinger?
Mi metti un po’ in difficoltà..
Ratzinger è forse un eroe, ma non nello stesso senso di Pelè, anche perchè la sua immagine è fatta anche di fragilità: forse Dante lo avrebbe accusato di “viltade”, come con Celestino V. Ma naturalmente la dimensione mitica è qui fondamentale più che mai.
Egli si è insediato nel crocevia fra due immense dimensioni dell’esperienza umana: la fede religiosa e il potere, con le loro fasi alterne di alleanza e di contrasto anche aspro.
Il Papa, pressochè Dio in terra, rende la Divinità visibile e quasi accessibile: esperienza entusiasmante, unica, come testimoniano le grandi folle accorrenti. Qui il mito trionfa.
Questo potere sulle coscienze è sempre e necessariamente divenuto potere anche politico: perfino gli imperatori temevano, giustificatamente, una scomunica. Tempi passati, ma non del tutto: Stalin poteva ben ironizzare “quante Divisioni ha il Papa?”; ma poi un Papa polacco ha inciso fortemente nella crisi finale del comunismo europeo.
La politica è entrata anche nella vicenda di Ratzinger: qualcuno, “più papista del papa”, non si è peritato di sminuire e deformare (offensivamente, ma con sfoggio di dottrina)il senso della sua pur inequivocabile dichiarazione di dimissioni: ciò, per delegittimare Papa Francesco.
Ti ringrazio, anche se mi hai tirato su un terreno per me un po’ impervio…
Dal segretario di Ratzinger: “gli hanno spezzato il cuore”. Eroe anche lui, perchè “martire della vera fede”
Grazie davvero Lino per la consueta lucidità di argomentazione.
Mi piacerebbe che il dibattito si estendesse ad altri colleghi interessati ai sistemi complessi
Scusate se per parlare di Pelé parto da Garrincha.” Nel Campionato del Mondo del 1958 nasce Il calcio moderno e il mondo conosce “o Rei”. Ha 17 anni e ha già segnato un gol nei quarti con il Galles e una tripletta contro la Francia in semifinale.
Quella partita io non l’ho vista, è il 29 giugno, compirò otto anni dopo 2 giorni e comunque lo sport allora si seguiva alla radio e sui giornali. In tanti me l’avrebbero poi raccontata; in particolare un villeggiante di Ovada piccolo e sgraziato che nelle partitelle sulla strada davanti alla pensione di mio nonno, minuscolo e sgraziato come lo “scricciolo saltellante” di Pau Grande, tutti avevano sopranominato “Garrincha”.
Il primo goal è della Svezia, ma poco dopo l’ala destra del Brasile scarta con una finta il terzino giallo blu e serve Vavà che segna. Il gol del vantaggio verde oro è l’esattissima fotocopia del primo: Garrincha scarta il povero malcapitato e incredulo difensore svedese e crossa al centro, Vavà insacca un’altra volta.
Il terzo goal del Brasile è quello della nascita della leggenda Pelè. Non lo avevamo visto ma sentito raccontare come i miti. La parola mantiene il mistero, le immagini no e il mito ha bisogno di immaginazione.
E’ il 55°, Zagallo da sinistra crossa al centro. Al margine dell’area Pelè stoppa di petto la palla, con un pallonetto, un “sombrero”, salta Gustavsson, il centrale svedese, colpisce la sfera al volo e segna. Il Goal più bello di tutti i tempi secondo molti. Il gesto di Edson Arantes do Nascimiento riempie ancor oggi di stupore e ammirazione. E’ l’applicazione al “futebol” della bellezza cartesiana e razionale. Pelè è per me l’apollineo nel calcio: ordine, misura, razionalità, controllo, equilibrio e simmetria. Ma l’amore e la passione sono nel mondo di Dioniso. Garrincha appunto, e Maradona.
Intervengo in ques’ambito piuttosto maschile con il sostegno dell’interesse per i sistemi complessi dell’invito di Gianni.Un po’ a ruota libera continuando sulla metafora sportiva (da incompetente) spesso ho sentito il fascino di Maradona forse col tramite dell’amore per Napoli , mi pare di aver compreso il riscatto , la rivincita degli ultimi che poteva rappresentare il suo personaggio anche attraverso le provocazioni dei suoi limiti e debolezze. Soprattutto , accompagnata dal talento , rendeva evidente la stupefacente forza trascinante di un espressività quasi infantile, isteriforme . È anche questa da avvicinare a quel linguaggio dei nomi abbreviati per l’ingresso nell’ordine epico? D’altronde i rimandi estremi e complessi della teatralità espressiva danno uno spaccato illuminante sull’ umano.
Ioseph Aloysius Ratzinger è nato a MARKTL AM INN nella diocesi di Passau che viene chiamata dai tedeschi “la piccola Venezia” in quanto sorge alla confluenza dei tre fiumi: INN,ILZ e DANUBIO. Io sono stato ospite in questo splendido luogo dove ho avuto molte esperienze indimenticabili durante i quattro anni di ricerche e studi nell’ambito della cardiologia nucleare.
Una delle più toccanti fu quella di aver partecipato ad una messa celebrata da Ioseph Ratzinger presso la cattedrale di MARTL AM INN. Si trattava di una messa esclusiva a numero chiuso con la partecipazione delle autorità più rappresentative della città di Passau. La messa fu officiata in latino, compresa l’omelia, io ero ancora fresco di studi liceali per cui ho inteso il significato profondo dell’omelia improntata sul concetto di carità cristiana, ma anche sulle competenze umane come strumento indispensabile per esercitare qualsiasi azione caritatevole costruttiva.
Mi ha colpito molto il concetto di pragmatismo religioso che ne derivava.
Era centrato sulla necessità di una disciplina rigorosa sia nella dottrina cattolica che nell’operatività giornaliera di relazione interpersonale.
Grazie del ricordo Fabrizio.
Mi ha colpito il numero chiuso.
Forse la conoscenza è riservata a pochi.
Mi viene in mente il centralismo democratico del leninismo.
È singolare come si faccia uso del termine democratico in situazioni di assoluta chiusura al dialogo e alla coscienza.
Pele’, l’idolo dei bambini di tutto il mondo, un nome che evoca la palla, ovunque si tiri un calcio.
Ratzinger evoca il silenzio, le dimissioni volute per non dare voce ai bambini che in chiesa hanno trovato un trauma, non la fede e la carità cristiana.
Per me, con tutto il rispetto per i morti e la forza del perdono che a loro è dovuto, questa partita non s’ha da fare!