Quanti di noi conoscono qualcuno sempre pronto ad affermare che capitino tutte a lui, o a lei; che la vita sia sempre così ingiusta; che gli altri siano cattivi, fortunati, disinteressati e non vogliano mai aiutare? Queste persone abilissime a lamentarsi, ad accusare il prossimo e a disconoscere continuamente le proprie responsabilità soffrono di vittimismo patologico. Tale condizione è anche conosciuta con il nome informale di sindrome di Calimero, dal noto protagonista del cartone animato contraddistinto da questo modo di fare. Chi si ritrova ad aver a che fare con il vittimista non passerà un bel quarto d’ora. Dovrà infatti sorbirsi ogni sua lamentela, fino alla più insensata, sperimentando un concreto senso di impotenza. Il vittimismo patologico colpisce infatti anche chi non lo provi, ma abbia a che fare con persone che lo vivono. Amici, parenti e confidenti saranno frustrati, arrabbiati e si sentiranno in colpa. Probabilmente, senza neppure comprenderne appieno il motivo.
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La condizione di vittimismo patologico
Il tipico modus operandi del vittimista richiede l’attenzione totale dell’altro. Chi soffre di vittimismo patologico costruisce una tela tale da imprigionare l’interlocutore e il confidente. La sua abilità è veramente paragonabile a quella di un abile ragno. I problemi, più o meno concreti, che la persona vive o ritiene di vivere vengono esposti in piazza, mostrati e raccontati fino al punto che gli altri, i quali vedono questa sofferenza, finiscono per perdere la loro libertà personale, continuamente negata dal vittimista. Le esigenze di questi ultimi spariscono o, nella migliore delle ipotesi, divengono secondarie. Basta un niente affinché chi ascolta venga accusato di disinteresse, incomprensione e tradimento della relazione affettiva. Anche se, in realtà, non avrà fatto altro che prendersi un momento per sé, magari al fine di porre rimedio a un suo problema o una sua difficoltà.
Il vittimismo patologico crea una seria difficoltà nell’espressione di ansie, dolori oppure preoccupazioni reali, dunque non figlie di una elaborata modellazione mentale. Il malessere di chi vive questa condizione è frustrante e, nelle peggiori circostanze, può farsi anche aggressivo. Purtroppo, chi ne soffre maggiormente è proprio chi desidererebbe aiutare, o potrebbe farlo, per via di una particolare predisposizione o una lunga conoscenza. Esistono alcune tipiche caratteristiche del vittimismo patologico, che abbiamo elencato di seguito, in base alle quali è possibile riconoscere chiunque stia attraversano una simile situazione.
Caratteristiche del vittimista
Vediamo quali sono gli indicatori che, generalmente, contraddistinguono un vittimista:
- crede che qualunque cosa gli accada sia responsabilità degli altri. Un vittimista non determina mai, con le sue azioni o i suoi comportamenti, una certa situazione, dal momento che essa è definita da circostanze a lui esterne;
- tende a vedere sempre tutto in negativo, senza mai considerare il possibile lato positivo. Qualora ciò gli venga fatto notare, non perde tempo ad additare chi lo fa, accusandolo di non capire la sua situazione;
- cerca il minimo dettaglio per poter attaccare il prossimo, incolpandolo e passando, al solito, da vittima;
- si lamenta continuamente, senza mai cercare soluzioni o alternative. Non deve stupire. A chi soffre di vittimismo patologico non interessa risolvere i problemi. Queste persone desiderano attenzioni e compassione, nulla di più;
- non sa fare autocritica. Il vittimista si ritiene immacolato. È convinto di non avere alcuna colpa. Le critiche non vengono mai accettate, neppure quelle costruttive, e non ci si sottopone mai a un esame di coscienza approfondito, dal quale potrebbe scaturire un cambiamento di atteggiamento. A suo dire, infatti, lui non sta sbagliando nulla e sono gli altri a trovarsi nel torto;
- ripete continuamente come non ci sia nessuno in grado di capirlo;
- invidia agli altri la loro felicità, e non perde occasione di sottolinearlo, mostrando eccessiva accidia;
- si crede molto furbo, perché si ritiene più abile di chiunque altro a leggere le cattive intenzioni nel prossimo. Come si può facilmente evincere da questa caratteristica, e da molte delle precedenti, non di rado il vittimismo patologico sfocia in una vera e propria paranoia.
Intervenire contro il vittimismo patologico
Il vittimismo patologico è tossico. Non soltanto per chiunque agisca da vittima, bensì anche per chi lo subisca. Non trascuriamo la situazione vissuta dalla vittima del vittimista. Questa deve rendersi conto di trovarsi in tale condizione, e ciò non è sempre così semplice. E’ importante prendere coscienza di ciò, evitando di cadere nella trappola della manipolazione e della colpa. La cosa più opportuna da fare è affermare di non avere tempo per ascoltare le lamentele del vittimista. È bene affrontare la questione con sincerità e trasparenza: diciamo pure al patologico che, qualora abbia bisogno di aiuto, saremo ben lieti di darglielo. Ciò non significa però che siamo disposti a sprecare tempo ed energie ascoltando le sue infinite lamentele. Tantomeno vogliamo sentirci accusati di non interessarcene abbastanza.
Per quanto riguarda il lato appuntito dell’arma, quello del vittimista, la cosa migliore da fare sarebbe che lui, o lei, si sforzasse in prima persona di uscire da questa situazione. Essa non è infatti costruttiva, né per chi la vive, né per chi gli stia accanto. Il miglior modo di sfuggire al vittimismo patologico, nonché l’unica strada possibile per evitare interventi farmacologici o terapeutici, è quello di lavorare sulle ferite reali, abandonando le immaginarie, che hanno come unico scopo quello di ritagliarsi comprensione e attenzione.
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