La bellezza ha stimolato speculazioni filosofiche fin dalle origini della civiltà. Il film “The substance”, interpretato da Demi Moore ed uscito nelle sale a dicembre, invita lo spettatore a riflettere sul significato e sul prezzo della bellezza. Una star televisiva, attempata per gli standard mediatici, si vede sostituita nella sua più popolare trasmissione da una ragazza nel fiore degli anni e della prestanza fisica. Si da il caso però che quest’ultima non sia altro che la copia della prima, generata letteralmente da essa attraverso iniezioni di una non ben definita “sostanza”.
La scena della nascita della giovane dalla donna matura è piuttosto cruda e mostra la sofferenza di sottoporsi ad una lacerazione interiore per far nascere una nuova versione di sé stessa.
La trama di “The substance”
“Chi non ha mai desiderato essere più bella? O più perfetta?” Più o meno così risuona la domanda che si ripropone nel film ad ogni intervento che consente alla donna più vecchia di generare la giovane (non si può parlare di vecchiaia per una Demi Moore dalla figura invidiabile ancorché frutto di interventi estetici di varia natura).
Il ritorno della giovinezza prevede un compromesso: accettare che la giovane donna possa vivere a settimane alterne. In breve tempo il prezzo di questa alternanza diventa troppo alto e la protagonista contravviene alla regola di non superare la quantità di sostanza indicata. Il prelievo continuo di liquido rigenerante effettuato su se stessa, determina un processo di degenerazione nella Demi matura. Nei giorni in cui è giovane essa continua la sua scalata al successo, mentre nei restanti si rivelano man mano gli effetti nefasti della sostanza non rigenerata, fino all’ estrema conseguenza di una proliferazione di organi e tessuti infinita ed indefinita. Il mostro così creato muore infine trionfando su se stesso nell’ultima scena, riposando soddisfatto sopra la sua stella nella Walk of Fame.
Riflessioni sul legame tra bellezza e salite
Il film stimola riflessioni sui legami tra bellezza, salute e virtù. Fin da Platone la bellezza essa è legata indissolubilmente al concetto di amore. Nel Simposio infatti si narra che Eros viene concepito durante i festeggiamenti per la nascita di Afrodite dall’unione di Poros (ingegno) e Penìa (povertà). Per natura dunque l’amore si orienta verso il bello. Ma anche il bene coincide con la bellezza. Secondo Plotino, erede di Platone, la bellezza è essa stessa uno strumento di elevazione spirituale, così come l’arte e la musica in particolare. Ancor di più è bello ciò che nasce dalla corrispondenza tra il corpo e la virtù interiore della persona che lo occupa. Nell’attuale società si può osservare come l’importanza dell’essere sia sostituita in maniera crescente dall’importanza di esserci, efficacemente simbolizzata nel film dalla protagonista-mostro che trova pace solo quando riposa per sempre sopra la sua stella di Hollywood.
La bellezza dunque è legata allo spirito ed anche alla salute. Trovo interessante che per una delle prime donne medico, tale Trotula, appartenente alla rinomata scuola salernitana del XII secolo, bellezza e salute erano due aspetti inscindibili. Tale legame era efficacemente testimoniato dal fatto che un trattato sulla cosmetica era compreso nel corpus dei suoi testi medici. La cosmetica era considerata dunque parte della stessa arte medica ed era indirizzata all’elevazione del corpo e dello spirito, contrapponendosi al trucco ed agli artifici volti a mistificare la perfetta opera della natura.
La dipendenza dal corpo
Attualmente la dipendenza dal corpo si manifesta nella ricerca del bello svincolato dall’anima. Desideriamo essere sempre più belli, e per più tempo possibile, ma il rischio di scissione è dietro l’angolo. “Ricordati di essere una” è il monito ricorrente del film. Esso esorta la protagonista ad attenersi alle regole: potrà tornare giovane solo a settimane alterne poiché la sostanza che la rende tale viene prodotta da sé stessa. Se la giovane viene mantenuta in vita per più di una settimana, la parte matura verrà depredata di maggiore sostanza e diventerà mostro. Analogamente il tentativo di restare giovani può metterci in pericolo generando una aberrazione di noi stessi. Ciò che consumiamo per rimanere giovani lo preleviamo da noi stessi rimanendone scissi. Nel delirio del corpo mostrificato si consuma la psicosi della bellezza a tutti i costi.
Ne consegue che solo riscoprendo l’armonia derivante da una connessione tra esterno ed interno, tra bellezza, salute e virtù, potremmo pensare di essere belli per sempre.
Bella riflessione su uno dei migliori film degli ultimi anni. Diretto, crudo, angosciante. Metafora esteriore di una sofferenza interna che consuma e conduce alla putrefazione delle carni, nell’oblio dello spirito.
Sono stata colpita dal fatto che molti spettatori sono usciti dalla sala. Una crudezza che non può lasciare indifferenti. Grazie mille
Il problema fondamentale è che la bellezza è diventata una forma di esposizione senz’anima , legata all’oggetto in sé e che non contiene più alcuna immaginazione, nel senso della capacità di investire di contenuti simbolici il corpo umano. L’iper concretezza a cui assistiamo anche in alcuni disturbi alimentari parla proprio di questa perdita della possibilità di un riconoscimento del corpo, anche se invecchia oppure non corrisponde ai canoni estetici odierni , che si incastra in una storia dotata di senso che è il nostro vissuto esistenziale. Non c’è nulla di male a desiderare di essere gradevole esteticamente e a lavorare per migliorare la propria estetica, ritocchi di chirurgia compresi, purché essi siano accompagnati da una narrazione individuale e non dal semplice desiderio di rianimare un passato che ormai esiste solo nella nostra memoria e che ignora le potenzialità del presente in cui il nostro corpo vive di continuo. Articolo molto interessante
Grazie mille Giuseppe per la riflessione puntuale e per aver sottolineato l’aspetto della storia di vita inscritta nel nostro corpo. Vero, anche un ritocco estetico che si inserisca nella nostra narrazione è dotato di senso e quindi di anima!