Il barbecue di R.
Stamattina ero in giro con Boè, sulla passeggiata, pieno di turisti ed un clima decisamente estivo.
Vedo un giovane uomo che si avvicina e mi saluta calorosamente.
È R. ospite di una Comunità qua vicino.
R. viene dalla Rems.
Mi chiede come sto. Di solito sono io che quando vedo ex pazienti che ho avuto in cura, chiedo loro come stanno.
È sorridente, piacevole, contento della sua nuova casa.
Mi dice che deve rientrare per fare la grigliata.
Oggi è festa (è il 2 giugno), e siamo soliti celebrare le feste con qualche cosa di diverso.
La grigliata la farà lui, lui che non ha mai toccato un piatto durante i 5 anni che ha passato in Rems, nonostante la sua capacità professionale.
Ho trovato una persona, sono felice per lui.
Gli ho detto di salutarmi la sua mamma quando la vedrà.
R. si è commosso… abbiamo pensato insieme a questa mamma che ad ogni visita piangeva per la sorte del figlio, piangeva con lui per la disgrazia accaduta.
Una disgrazia che si poteva evitare.
I segnali di malessere R. li ha dati.
Eccome se li ha dati.
Ora R. ripara, ricostruisce una vita anche se ciò che è accaduto è indimenticabile.
Per tutti.
Ringrazio i colleghi per averlo accolto in Comunità, per essersi accollati il famoso “rischio” del trattamento di gente come lui.
Vale la pena di provarci.
Con tutte le cautele del caso
Vale la pena di fronte a giovani di 20 anni.
È chiaro che si deve porre attenzione alla personalità ,al tipo di delitto compiuto, al posto dove si manda il paziente.
Ogni comunità del nostro gruppo ha un modello simile ma uno stile diverso di portarlo avanti.
Ogni paziente ha esigenze diverse e bisogni diversi.
Occorre trovare l’incastro giusto.
Occorre impiegare tempo per avviare la relazione tra il paziente e la nuova comunità.
In modo che il cambiamento non sia drastico, non diventi un salto nel buio.
Se non si potesse provare io non sarei in grado di lavorare in Rems.
Non saprei lavorare senza dare speranza.
Ed uscire dalla Rems, a tempo debito, è l’unica speranza che la maggior parte chiede.
C’è anche chi spera di rimanervi per sempre.
Ma lo sappiamo. È il massimo a cui possono aspirare alcuni con storie terribili e reati altrettanto impronunciabili.
Zapparoli ci insegnò tante cose.
Ci insegnò anche che alcune persone hanno bisogno per sempre di una comunità che li accolga e dopo un po’ devono cambiare.
Stessa funzione terapeutica ma diverso luogo e nuove relazioni.
Può capitare che qualcuno debba rientrare in Rems.
Si corregge, si riprogramma, si riprova.
Meglio curati fuori che chiusi dentro.
Non era già stato detto da un certo, inflazionato e misconosciuto Basaglia?